Dopo sei anni un nuovo progetto di Medhat Shafik.
Comunicato stampa
MARCOROSSI artecontemporanea è lieta di presentare a Milano,Torino e a Verona, la nuova mostra di Medhat Shafik dal titolo Sahara. L’artista, di origine egiziana, torna ad esporre in galleria dopo sei anni; le nuove opere sono centrate sull'immagine del deserto inteso come allegoria del mondo globalizzato e della fragilità dell'uomo moderno, sempre più distante dalle sue radici e dalla memoria. Come i ricercatori e gli archeologi, che continuano a scavare le sabbie del Sahara per portare alla luce nuovi resti della civiltà egizia e di altre civiltà perdute del deserto africano, anche l'uomo globalizzato dovrà metaforicamente dissodare la polvere che ricopre le fondamenta della sua civiltà e affrontare le sfide del contemporaneo.
La mostra include oltre cinquanta opere tra tele, carte intelate e tre grandi pannelli scultorei su carta cotone realizzata a mano, che enfatizzano la complessa stratificazione delle civiltà e il colore come elemento fondamentale della vita.
La pratica artistica di Shafik continua ad oscillare tra espressione intensa e riflessione spirituale. Nelle nuove opere l'artista controbilancia aspetti di forte matrice materico-espressiva, con influenze orientali, a una dimensione più meditativa, dove lo spazio dell’opera si dilata e tende alla rarefazione.
Medhat Shafik è cittadino del mondo, un nomade culturale che ha soddifatto nel viaggio - reale e metaforico - il prorpio desiderio di conoscenza e di scoperta dell’altro e dell’altrove, senza negare i valori e la forza delle proprie radici, della propria terra d'origine, l'Egitto. La mostra “Sahara”, rende omaggio al più vasto deserto della terra, uno spazio fisicamente e visivamente travolgente, capace di sopraffare l'uomo e di spingerlo oltre, verso il sacro e il metafisico.
«Il titolo “Sahara” – afferma Medhat Shafik – intende rappresentare tutti i deserti del mondo e il deserto diventa una metafora, un contenitore di storie e significati, come spesso accade nei miei lavori. Nel deserto, infatti, tutto è azzerato e l’uomo si ritrova con la propria fragilità, si affaccia da solo all’abisso del mondo, come nel famoso quadro di Caspar David Friedrich, divenuto il manifesto del romanticismo». |
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Medhat Shafik è nato nel 1956 a El Badari, sulle rive del Nilo. Ha studiato all'Accademia di Brera a Milano, diplomandosi sia in pittura che in scenografia. Indicato dal Metropolitan Museum di New York, nel saggio “Egyptian Modern Art” di Salwa Mikdadi, come uno dei più interessanti artisti del mondo arabo delle ultime generazioni, Medhat Shafik coniuga le suggestioni, i colori e i tratti originari della cultura orientale con i linguaggi artistici delle avanguardie occidentali. La sua consacrazione arriva nel 1995, quando alla Biennale di Venezia il Padiglione Egitto, di cui è protagonista assieme a due connazionali, viene premiato con il “Leone d’Oro alle Nazioni”. Nel 2003 Vince “The Nile Grand Prix” alla IX Cairo International Biennale.
Tra le mostre personali recenti: nel 2007, Le città invisibili, alla Gam di Verona dove, sempre nel 2007, ritorna in occasione della mostra internazionale Il Settimo Splendore che inaugura Palazzo della Ragione. Nel 2011, la personale alla Fondazione Stelline di Milano. Nel 2012 presenta una retrospettiva alla Pilotta di Parma curata dallo CSAC e vince il primo premio alla Biennale de Il Cairo. Nel 2015 partecipa alla rassegna internazionale Nel Mezzo del mezzo a Palazzo Sant’Elia, a Palermo e la sua opera è acquisita dalla collezione permanente del Museo di Palazzo Riso. Nel 2016 partecipa alla rassegna d’arte contemporanea allestita in otto forti austroungarici del Trentino, Arte Forte. La Babele di linguaggi e di simboli legati ai conflitti con un’installazione al Forte Larino e a Forte Corno e alla mostra Gli artisti del silenzio, a Palermo. Nel 2017 espone il progetto Palmira. Conflitti e tempo sospeso, al Politecinco Bovisa di Milano e all’interno della seconda edizione del progetto Prima pAReTe, a Palazzo della Ragione a Verona. Nel 2019 la personale Itaca al Macro Asilo, Roma.
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