Mehr Licht – More Light
A Palazzo Bevilacqua Ariosti, in occasione di Arte Fiera Bologna 2014, gli artisti Fabrizio Corneli e Pietro Pirelli danno vita ad una “sinfonia” di luce declinata attraverso linguaggi diversi ma di pari suggestione.
Comunicato stampa
Da giovedì 23 gennaio 2014, in anteprima assoluta, Palazzo Bevilacqua Ariosti, in occasione di Arte Fiera 2014, ospita il progetto site specific “Mehr Licht” di Fabrizio Corneli e Pietro Pirelli a cura di Eli Sassoli de’ Bianchi ed Olivia Spatola.
“Mehr Licht!”, più luce!, sono state le ultime parole di Johann Wolfgang von Goethe. La luce nella storia dell’uomo simboleggia la vita ed il sacro, è stata un elemento fondante nella storia dell’arte, un mezzo imprescindibile per la visione e per la trasmissione dei colori nello spazio. Trasfigurazione simbolica del divino in buona parte della pittura medievale, rinascimentale e barocca, a partire dagli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, con la diffusione dell’arte Optical e della Cinetica, la luce ed il suono diventano parte integrante delle nuove espressioni artistiche cosiddette multimediali.
A Palazzo Bevilacqua Ariosti, in occasione di Arte Fiera Bologna 2014, gli artisti Fabrizio Corneli e Pietro Pirelli danno vita ad una “sinfonia” di luce declinata attraverso linguaggi diversi ma di pari suggestione. Installazioni multimediali alla ricerca di un linguaggio espressivo innovativo, in bilico tra arte e scienza, tra passato e futuro. C’è infatti qualcosa di antichissimo e al tempo stesso di futuribile in questi artisti che, con sapiente disinvoltura, controllano le più innovati- ve tecnologie, ma al tempo stesso sanno attingere al mito delle origini e alla cosmogonia, con uno sguardo alle filosofie orientali.
In esterno, le ombre, sapientemente dominate da Fabrizio Corneli, quali affreschi di luce, visualizzano figure umane che, come “presenze virtuali”, si materializzano sulle antiche pareti, provocando nello spettatore una sorta di straniamento percettivo. L’estetica di Corneli ha radici antiche e pare raccogliere mirabilmente le geniali intuizioni leonardesche sul rapporto tra arte e scienza e sugli studi “intorno all’ottica”. L’occhio, inteso come tramite tra immagine ed anima, pare invero il principio determinante della sua opera, laddove le delicate “visioni d’ombra” si materializzano un poco alla volta, ridando vita a pareti ed edifici altrimenti immobili. Una poesia visi- va, costruita in modo rigoroso e sapiente, secondo
2 le regole della matematica, della trigonometria, dell’analisi cartesiana e seguendo intuizioni derivanti dalla consapevolezza del principio dell’anamorfosi, oltre all’intendimento profondo di discipline quali la scienza dei segni e dei parametri alla base della percezione visiva. “La magia silenziosa delle opere di Fabrizio Corneli è costruita dall’ombra, con la sua immaterialtà grande protagonista della sua arte: è l’ombra che individua l’immagine, trasformando la memoria in presenza fisica, la fisicità in inconsistenza materica, l’immagine in visione”1. Dunque immagini rarefatte, sospese, delicate nella loro essenza effimera; visioni della mente, che ognuno di noi è libero di elaborare a seconda della propria matrice culturale ed esperienza ma che, per appartenenza ad un linguaggio estetico figurativo antico, per lo più percepiamo alla stessa maniera. La presenza di volti o di figure umane “prende il corpo” dell’architettura che le ospita per dare vita ad un mo- mento evocativo altamente suggestivo così da attivare in noi i sensi della percezione. Nel caso di Palazzo Bevilacqua, la scelta del soggetto si concentra sulla figura umana. L’opera “Hermes”, che si materializza sulla parete dello scalone di accesso al piano nobile, parte da una diretta osservazione della scultura greca classica, per arrivare ad una sintesi formale dell’immagine; in “Bolla” l’artista si sofferma ad osservare l’immagine di un nuotatore per trovare una risoluzione che richiama mentalmente una classica posizione indiana. Ne deriva un’opera-cammeo che fa della rotondità la propria sintesi formale. “Melancolia” trae ispirazione dalla “Melancolia” del Dürer della quale “prende a prestito” l’incisione per costruire la forma del solido da cui si genera. Anzichè un angelo svogliato o triste Corneli però visualizza il contorno di un astronauta!
1 Silvia Evangelisti: “ L’immagine e il suo doppio” testo critico tratto dal catalogo: “Corneli. Due ombre radenti” edito da Vannucci Arte Contemporanea Pistoia in occasione della mostra su Corneli (maggio-giugno 2013).“Punta”, infine, benché richiami visivamente l’immagine dell’uomo vitruviano è, in realtà, un uomo tirato per l’ombelico in cui la punta della scultura coincide con il centro dell’immagine, appunto il suo ombelico. Da sempre affascinato dalla luce (e conseguentemente dall’ombra) e dalla capacità della luce di creare forme, Corneli riesce nell’ardua impresa di realizzare complesse sagome atte a disegnare ombre per evocare immagini leggere ed evanescenti i cui tratti “raccontano” l’esperienza dell’antica arte figurativa orientale e la cui presenza, secondo schemi propri all’anamorfosi, si manifesta nel tempo. Una sorta di “rivelazione” che a poco a poco prende forma nella mente dell’osservatore.
Per tale via, egli si riconferma quale scienziato dell’arte, capace di trasformare l’atto del guardare (e del riconoscere) una forma, da processo cosciente a esperienza sensoriale, e così pure ci fa testimoni di una nuova tappa nel cammino infinito della ricerca. “Io domando”, ebbe a scrivere Leonardo. Ai posteri le risposte.
All’interno, “nel salone detto del Concilio di Trento in memoria di una storica seduta”, l’artista e musicista Pietro Pirelli ci accompagna attraverso le infinite suggestioni e potenzialità dell’IDROFONO, lasciando che sia il sonoro a modulare la luce e dando vita ad una vera e propria “sinfonia visiva” interattiva. Al centro del salone, ci accoglie la presenza simbolica, totemica e scultorea di un grande albero, le cui fronde, in bambù, arrivano al soffitto per sostenere ognuna il peso di tre IDROFONI che, a guisa di futuristici tamburi di luce, paiono lampade sensibili alla parola, al canto, alla vibrazione di uno strumento, e la cui pelle assume la consistenza di un velo d’acqua limpida attraversata da un fascio di luce purissima. Impulsi sonori, prodotti dall’artista o dal pubblico, danno vita ad immagini di luce che, attraverso i dischi d’acqua vibrante, sono proiettate nello spazio tutt’intorno, in un dive-nire di cerchi e di forme molteplici di grande suggestione. Improvvisi squarci di luce, verde come il laser, fanno emergere dall’oscurità figure e paesaggi di affreschi, ad opera del Bettini e del Rossi, riportandoli a nuova vita. Palazzo Bevilacqua, ancora una volta, si fa completamento visivo di opere che, nel loro generarsi in quello stesso ambito, ne divengono parte integrante.
Come un moderno “sciamano”, Pirelli pare orchestrare una vera e propria “danza degli elementi”, allorchè permette “all’albero della vita” di elargire i suoi frutti a coloro che si rendono partecipi di un rituale arcaico e contemporaneo al tempo stesso capace di risvegliare in noi la memoria delle origini, e facendoci partecipi nell’oggi, di un attimo di magia. I riferimenti sono molteplici: arte tribale, citazioni mitologiche, filosofie orientali, uniti ad una grande maestria nell’utilizzo di media quali la luce e la musica, insieme ad un intendimento dei sottili rapporti che regolano l’equilibrio tra produzione artistica ed intervento scientifico.
“La luce che entra nell’acqua è bianca e neutra ma può anche essere un gelido raggio di luce laser che ne scolpisce finemente il divenire. Talvolta è una luce già figura: una videoproiezione di un’immagine: un dipinto, un paesaggio”2. L’IDROFONO, con il suo stato di “purezza”, la luce, l’acqua cristallina e le canne di bambù, rimanda ad uno stato mentale Zen di pace e di benessere, di meditazione trascendentale; il disco sospende l’acqua in aria permettendoci di osservarne le increspature e di interagire con essa, la luce l’attraversa e va a scolpire delle immagini che richiamano geometrie caleidoscopiche. In altri casi l’intervento è fonte di colori, di forme, di divertimento ludico su cui emettere un suono, un canto tribale, un ballo sabbatico, primitivo, primordiale. E’ questo il caso dell’installazione posta all’interno del camino ove la visualizzazione di una “fiamma” blu come il laser che l’ha “risvegliata” è frutto di sollecitazioni di frequenze sonore sovrapposte che, muovendo la superficie d’acqua dell’ IDROFONO, regalano al nostro sguardo infinite suggestioni, per farci partecipi di una esperienza straordinaria, estetica e sensoriale al tempo stesso, da condividere sui vari piani della visione, della percezione e dell’ascolto.
Raccogliendo conquiste antiche e suggestioni contemporanee, Corneli e Pirelli, per vie diverse ma di pari intensità, ci regalano un’esperienza unica ed irripetibile, in quanto legata ad un mo- mento e ad un luogo preciso, e ci chiamano quali spettatori di un esperimento da ricordare, anzitutto per la via della memoria, ma anche e soprattutto per quella dell’anima.