Mi ricordo sì io mi ricordo…
Ritratti corali in bianco e nero, militari dopo la liberazione, universitari in posa per un raduno scientifico in un cortile dell’ateneo, medici e infermieri di un reparto dell’ospedale, classi di scuole materne ed elementari, parrocchiani sul sagrato di una chiesa, compagnie di amici al ristorante.
Comunicato stampa
Ritratti corali in bianco e nero, militari dopo la liberazione, universitari in posa per un raduno scientifico in un cortile dell’ateneo, medici e infermieri di un reparto dell’ospedale, classi di scuole materne ed elementari, parrocchiani sul sagrato di una chiesa, compagnie di amici al ristorante. I volti catturati dall’obiettivo fotografico di Guglielmo Chiolini sono protagonisti della mostra, organizzata dal Settore Cultura del Comune di Pavia e curata da Roberta Manara, “Mi ricordo, sì, io mi ricordo…” Gruppi fotografici dall’Archivio Chiolini, che inaugura giovedì 8 giugno 2017 (ore 18) nello Spazio per le arti contemporanee del Broletto di Pavia, e si propone come un viaggio nella memoria attraverso le straordinarie foto – sono una sessantina le immagini esposte – del nostro passato.
La mostra, che nel titolo strizza l’occhio al celebre docufilm su Marcello Mastroianni, in cui l’attore ormai anziano parla di memoria, di vecchiaia, di amore e interrogativi esistenziali, è aperta fino al 2 luglio 2017 e nasce come risultato finale di un progetto realizzato dai Musei Civci in collaborazione con La Provincia Pavese.
Per quattro mesi, a cominciare da febbraio, con cadenza settimanale La Provincia Pavese ha pubblicato una pagina con alcune fotografie provenienti dall’Archivio Chiolini – acquistato dal Comune di Pavia nel 2009, grazie al Contributo di Fondazione Cariplo e Unione Industriali, consistente in oltre 880mila fototipi e conservato presso il Castello Visconteo –. Non immagini qualsiasi, ma foto di gruppi recuperate dalle circa 1600 lastre in vetro racchiuse in scatole sulle quali Chiolini e i suoi collaboratori avevano abbozzato a pennarello un semplice appunto “Gruppo/i”. Sono fotografie non ancora catalogate, perché orfane di identità: mancano la descrizione del luogo in cui sono state scattate, i nomi delle persone ritratte, la circostanza, l’epoca, una miniera di informazioni da disseppellire. Proponendole settimanalmente sul quotidiano locale, e anche on line, La Provincia Pavese ha chiesto così ai lettori di collaborare, in un affascinante viaggio di scavo archeologico nella memoria collettiva, per provare a ridare colore a un’immagine sbiadita dal tempo, aggiungere i tasselli mancanti e dare un nome a un volto in mezzo a tanti, identificare un luogo, l’insegna di un negozio, la sala gremita di un ristorante, il cortile di un oratorio, l’aula di una scuola, ricostruire un evento collettivo o una data ormai sbiadita. A tutti coloro che hanno collaborato nel riconoscimento va il ringraziamento della comunità pavese.
Grazie a questo progetto, molte di quelle immagini esposte ora in mostra hanno finalmente un’identità, e i piccoli dettagli sono stati utili per ricostruire una situazione, una data, un nome, un luogo, tasselli di questo mosaico corale della storia pavese del Novecento. Dentro ogni scatto c’è una storia, perché Chiolini non era solo un maestro della fotografia, era anche un grande osservatore della vita e della società. Con il suo lavoro ha costruito negli anni il poderoso affresco di un’epoca fatto di volti, luoghi, ambienti e avvenimenti. Si tratta – spiega Susanna Zatti, direttrice dei Musei Civici – di una fonte importantissima di documentazione relativa a molti aspetti della storia italiana del XX secolo, e per Pavia, poi, è il deposito delle memorie collettive di un’intera comunità che in quegli scatti ritrova i monumenti, le vedute, i personaggi pubblici e, soprattutto, tanta gente comune che ha posato davanti alla sua macchina fotografica per lasciare traccia di sé.