Mi votu e mi rivotu
La mostra si sviluppa all’interno del vicolo, tra le mura di un vecchio rudere deteriorato e lo studio di Rosario Cantone, artista saccense. Dieci artiste offriranno la loro riflessione, con sensibilità e passione, sui fremiti e sull’irrequietezza che accompagnano il votarsi e rivotarsi.
Comunicato stampa
MI VOTU E MI RIVOTU
a cura di Tiziana Pantaleo
Vanessa Alessi Simona Amaro Simona Di Michele Martina Di Trapani Serena Fanara
Linda Glorioso Rosangela Leotta Katia Licari Andrea Stepkova Angela Viola
Mi votu e mi rivotu prende vita da una selezione totalmente al femminile, non per scelta, ma per necessità...
Nella suggestiva cornice del centro storico di Sciacca, alle spalle del Duomo normanno risalente al XII secolo, proprio sotto l'abside si apre il Vicolo Orfanotrofio. La mostra si sviluppa all'interno del vicolo, tra le mura di un vecchio rudere deteriorato e lo studio di Rosario Cantone, artista saccense. Dieci artiste offriranno la loro riflessione, con sensibilità e passione, sui fremiti e sull'irrequietezza che accompagnano il votarsi e rivotarsi.
Vutarisi e votarsi
(testo in catalogo di Tiziana Pantaleo)
Chiudere gli occhi, e un attimo dopo riaprirli. E’ il momento in cui scatta un meccanismo che mette in moto azioni involontarie. Il movimento, quasi impercettibile, sveglia quei muscoli che vanamente tentavano di trovare riposo. Preludio di smanie, pensieri, ossessioni, riflessioni e ricordi accompagneranno in maniera inconciliabile il nostro sonno.
Istintivamente e con sincerità sarà il corpo a rispondere - la mente è stanca, cerca una tregua - ed è lui a prendere il controllo.
Diversamente, se l’uomo soffre d’insonnia, pensa e non dorme, la donna si vota e si rivota .
Una silenziosa agitazione racchiusa naturalmente nelle donne, che le unisce in una condizione comune, pregna di sensibilità e passione.
Vutarisi - che nel dialetto significa girarsi, muoversi - è la parola che esprime quello stato di irrequietezza, l’agitarsi nel letto in preda alla mancanza di sonno.
Quel letto che diventa schermo dei nostri gesti e il lenzuolo su cui poggiamo, ne traccia la trama.
In antitesi all’immagine del lenzuolo stirato e piegato, riposto in attesa, come in una sospensione momentanea, nella notte il nostro si aggroviglia, e vi si annidano i flussi di pensieri che annunciano svolgimenti.
Diventa la testimonianza del nostro essere lì dentro quel vortice introspettivo, diventa lo specchio in cui si riflettono i nostri sogni e i nostri incubi. Magicamente diventa pagina su cui scrivere ma al tempo stesso, avvolgendoci, ci copre e ci protegge nel fremito e nella confusione diventa fonte di sicurezza.
Nella tradizione siciliana, mi votu e mi rivotu è uno struggente canto d’amore, un grido scritto su quel lenzuolo, che con incondizionata passione dà voce a quei grovigli.
E’ con questo senso che il votarsi dialettale si congiunge al votarsi letterale della lingua italiana.
Una moltitudine di accezioni che forse meglio spiegano quel fremito protagonista di queste righe.
Votarsi è dedicarsi.
Votarsi è consacrarsi.
Votarsi è offrire se stessi.
Una dedica, una consacrazione, un offerta, che spiritualmente si concretizza nelle opere di dieci artiste che sul quel lenzuolo scrivono con il linguaggio dell’arte.
Inaugurazione 13 agosto 2011, ore 19:30
Dal 13 al 23 agosto
Vicolo Orfanotrofio
Sciacca (AG)
Durante l’inaugurazione PIVIRAMA unplugged
Vanessa Alessi (Palermo, 1979)
Come fossero pagine di un diario, racconta la cronaca di un amore affrontando la relazione tra prigionia e liberazione di fronte alla passione. Il disegno come sfogo, intimo e autobiografico, che le permette di fare una riflessione sul legame che unisce un uomo e una donna, un legame che può diventare combattuto, che arriva a soffocare, ma che nonostante tutto riesce a sollevarti da terra.
Simona Amaro (Ribera, 1982)
Tratteggi enigmatici, attraverso cui si ricostruisce un immagine. Con una tecnica prelevata dal restauro, Simona Amaro mette in atto una codificazione dei ricordi. Lo fa restaurando la sua memoria, in un azione di costruzione e decostruzione; segue l’attività mnemonica, dove ora il ricordo si rivela, e un attimo dopo si nasconde.
Simona Di Michele (Palermo, 1988)
L’opera suggerisce in termini essenziali, l’immagine di uno “spazio storico” ben definito culturalmente.
L’accumulo lineare che costruisce la barriera - barricata, rimanda sinteticamente allo scenario tipo della guerriglia urbana: un’immagine eroica, ma anche dolorosa, tragica, radicata nella memoria e nell’immaginario collettivo. La costruzione elementare in strati paralleli di innocenti bustine da thè usate, alternate e sovrapposte, evoca la fortificazione improvvisata da rivolta popolare fatta di pietre, terra, sacchi.
Una volta innalzato, il muro apre, al di là della linea, uno spazio diverso e lo schermo bianco ne diventa spontaneamente estensione, termine di un teatro senza fine di azioni infinite.
Martina Di Trapani (Palermo,1984)
Il lavoro di Martina Di Trapani tocca un affascinante quesito della psichiatria. Il disturbo dissociativo d’identità (DDI) è un disturbo caratterizzato da due o più identità o personalità, che alternativamente prendono il sopravvento nel comportamento del soggetto; E’ la mente che si dissocia per gestire situazioni altre.. particolarmente traumatiche, emotive, o semplicemente per necessità.
Allo stesso modo la ricerca viene influenzata e assorbita da più fonti,morbosamente, continuamente insonne, l’artista si dissocia e si manifesta altra, attraverso la pittura. I’m rabbit è un ritorno all’ infanzia, assimilando immagini, colori, e sensazione riesce a rivivere quei ricordi, quella personalità ludica e gioiosa che sicuro mai ci abbandonerà.
Serena Fanara (Palermo, 1987)
Human Maps è una mappatura della fisionomia umana. Utilizzando il macro Serena Fanara allarga il punto di vista, entra nel dettaglio, facendo perdere la visione d’insieme.
Sono ritratti di “zone” del viso, prima fotografate con un obiettivo macro che le permettono di avere più dettagli possibili, per arrivare ad una pittura ravvicinata, minuziosa nei peli, nei pori, nei capillari, nella carne. Quello che ne esce è una lavoro che si discosta totalmente dalla raffigurazione figurativa e descrittiva,
esasperandosi quasi fino a rasentare l’astrattismo. Come in un vera mappa, il punto di vista più o meno ravvicinato ci fornisce immagini, visioni e storie diverse, ed è la pelle che diventa geografia del corpo.
Linda Glorioso (Palermo,1982)
The time of lullabies è la riproposizione di un carillon da culla, atto ad accompagnare il sonno dei bambini, diventa qui ambiguo, straniante. E’ composto da elementi trasparenti, evanescenti, non rassicuranti come vorremmo per accompagnare i nostri sogni; In una ninna nanna inquietante, bambole e farfalle scandiscono un tempo che ci attira verso uno stato in bilico tra ricordo e sogno, tra realtà e incubo.
Rosangela Leotta (Ribera, 1981)
Still è un fotogramma, un fermo immagine. E’quell’istante in cui il tempo si ferma, per un periodo indefinito o solo per un momento. Fissare un punto nello spazio-tempo serve per aumentare la percezione che nulla può sfuggire al nostro occhio, basta che questo sia paziente tanto da confluire in sé tutta l’osservazione possibile. Ma è un sogno, e al risveglio quel frame si ricostruisce di minime parti attraverso il ricordo e la memorizzazione di un’istante che si manifesta nella sua assenza.
Katia Licari (Sciacca, 1984)
Quelli che esegue Katia sono ritratti particolari. L’accessorio diventa rappresentativo tanto quanto i tratti somatici. Lavora sull’identità, che raggiunge attraverso l’analisi e la descrizione di questo fondamentale accessorio.. Superando l’apparenza, realizza dei ritrattiintimi, capaci di cogliere atteggiamenti e sfumature di una personalità in maniera sorprendente. Questo è un autoritratto, che diventa icona di un moto irrefrenabile, è una “scarpa” consumata dall’irrequietezza, ma che attraverso la sua funzione ha permesso di esprimerla e scaricarla, si vota e si rivota, ma si alza dal letto, e cammina...
Andrea Stepkova (Palermo, 1989)
Andrea ha un anima sognante, e anche ad ogni aperti il suo mondo resta onirico e fantastico. Un ombrellone diventa un albero, un albero diventa blu.. Una sensibilità che sfiora la surrealtà, che vive in un altra dimensione, senza forzature esalta la bidimensionalità, dove tutto è possibile, e dove i sogni si materializzano.
Angela Viola (Palermo, 1981)
Un aggrovigliamento di pensieri, matasse straripanti di passione. La poetica di Angela Viola si traccia attraverso un filo rosso. Una perfetta aderenza di magma scarlatto alle pareti dei nostri vasi sanguigni, tra i sottili fili scorre l’essenza, che si estende, si espande silenziosa e si rende visibile in un segno che diviene macchia, fino a ricoprire tutto per poi svanire. E’ una presenza che muove fremiti e passione, masse indistinte che si mescolano tra loro e si confondono. Un invasore muto che si ferma e colma il silenzio in un instabile urlo, che lentamente come un’eco risuona nei meandri nel nostro intimo.
Un ringraziamento al Comune di Sciacca e l’Assessore allo spettacolo Michele
Ferrara, le artiste partecipanti, e in particolare Katia Licari, che ha ideato e fortemente
creduto in questo progetto.
A Rosario Cantone per l’immensa disponibilità, e per aver supportato e sopportato
11 donne.
Gli sponsor e i gruppi musicali che ci hanno accompagnato.
..e Rosa Balistreri per averci ispirato....