Michael Sweerts – Realtà e misteri nella Roma del Seicento
L’Accademia Nazionale di San Luca presenta la mostra Michael Sweerts. Realtà e misteri nella Roma del Seicento, a cura di Andrea G. De Marchi e Claudio Seccaroni, dedicata a uno dei pittori fiamminghi più enigmatici, complessi e intimamente internazionale.
Comunicato stampa
l’Accademia Nazionale di San Luca presenta la mostra Michael Sweerts. Realtà e misteri nella Roma del Seicento, a cura di Andrea G. De Marchi e Claudio Seccaroni, dedicata a uno dei pittori fiamminghi più enigmatici, complessi e intimamente internazionale.
Ancora poco noto al grande pubblico fu ignorato dagli storici della sua epoca. Michael Sweerts (Bruxelles 1624 ca. - Goa (?) 1664 ca.) è stato riscoperto da critici nordeuropei attorno al 1900 e, a metà secolo, da italiani del calibro di Giuliano Briganti e Roberto Longhi. Le ricerche per questa mostra gettano nuova luce sulla sua vicenda biografica, sociale e artistica, con importanti scoperte d’archivio e di restauro, che hanno permesso collegamenti fra opere e tracce documentali, nonché riesami tecnici.
Di origini aristocratiche – come rivelano queste ricerche – Sweerts non seguì le maggiori correnti artistiche del suo tempo, grazie anche a un'indipendenza economica e intellettuale che lo ha reso libero dai capricci della committenza.
Soggiornò a Roma dal 1643 al 1653, dove sicuramente venne a contatto con l'indisciplinata comunità dei pittori olandesi e fiamminghi, vivendo in via Margutta dal 1646 al 1651.
Aprì uno studio dove raccolse calchi in gesso di frammenti scultorei antichi e moderni, ricorrenti nelle sue tele quali tracce classiciste di Roma, nonché come strumenti di una rivendicata pratica d’artista, contrapposta ai consueti approcci astratti e teoretici.
Influenzato dai Bamboccianti e dallo studio diretto dei dipinti del giovane Caravaggio, in particolare quelli Pamphilj, Sweerts conquistò in breve una chiara autonomia poetica, dedicandosi a pungenti rappresentazioni di atelier in cui è frequente la presenza di giovani allievi dediti alla copia dei modelli antichi. La Roma da lui narrata riunisce tutte le classi sociali, soprattutto quelle popolari, con giovani prostitute e vecchi bevitori situati in scorci urbani tra miseria e nobiltà. Sempre al periodo romano si può ricondurre l’interesse di Sweerts per le rappresentazioni del cielo, tema che svilupperà anche dopo il ritorno in patria.
Divenuto profondamente religioso, Sweerts si imbarcherà nel 1661 da Marsiglia alla volta dell’Oriente, per seguire una missione lazzarista francese, trovando la morte probabilmente a Goa.
La mostra è un’occasione straordinaria per scoprire e approfondire la sua assoluta singolarità e per chiarire qualcuno dei misteri aleggianti sul suo conto.
Sarà possibile anche rivalutare un aspetto del suo lavoro per lo più ignorato, come la vocazione all’insegnamento e all’avvio professionale dei giovani artisti, da lui inteso come vera e propria scuola di formazione, in cui non sembra aver imposto il proprio linguaggio. Così anche il peso del suo soggiorno romano, che la lettura critica ha in prevalenza mortificato, facendone un eroe nordico.
Diciotto le opere in mostra: tredici dipinti di mano di Sweerts, di cui quattro di proprietà dell’Accademia, restaurate per l’occasione e, a corredo, saranno esposti anche dipinti di stretti collaboratori e antichi gessi a testimoniare l’interesse dell’artista per la scultura.
Oltre alle opere dell’Accademia saranno visibili quelle in prestito da collezioni pubbliche e private, fra cui l’Académie de France Villa Medici, la Galleria Spada, le Gallerie Nazionali di Arte Antica, i Musei Capitolini, la Pinacoteca Capitolina (Roma); le Gallerie degli Uffizi e il Museo di Casa Martelli (Firenze); il Museo Nazionale d’Arte Medievale (Arezzo); il Worcester Art Museum, Worcester (MA).
Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano/inglese), edito dall’Accademia Nazionale di San Luca con una presentazione del Presidente Marco Tirelli, l’introduzione del Segretario Generale Claudio Strinati, i saggi dei curatori Andrea G. De Marchi e Claudio Seccaroni, e i testi di Fabrizio Carinci, Rachel George e Stefania Girometti.