Michele Mereu – Bordertown
Nella produzione artistica che Michele Mereu porta in mostra per Bordertown, si avverte una tensione culturale molto forte, quasi un allarme.
Comunicato stampa
Nella produzione artistica che Michele Mereu porta in mostra per Bordertown, si avverte una tensione culturale molto forte, quasi un allarme.
Da un lato le immagini della periferia fatiscente evocata nelle sue opere rimandano al fallimento di oramai tutte le politiche di progettazione territoriale e industriale degli ultimi cinquant’anni, e dall’altra puntano il dito sulla necessità, sempre più urgente, di un intervento mirato a dare possibilità di scampo alla nostra società.
I paesaggi post industriali e sub periferici che Michele stigmatizza, caratterizzano questo degrado e abbandono, esito di una parabola discendente che ha trattato il territorio e il paesaggio come una risorsa inestinguibile, un patrimonio da aggredire e depredare impunemente.
Scenari che sembrano avere simili caratteristiche in tutte le periferie urbane, condannate alla solitudine esistenziale, e accomunate da deprivazione sociale e culturale, in una sorta di negativa e indistinta globalizzazione.
Nell’Isola, l’incessante consumo di suolo portato avanti da politiche sbagliate e da una industrializzazione selvaggia e forzata durata molti decenni, è ancor più insopportabile per aver contribuito, in modo sistematico alla desertificazione sociale e ambientale del territorio, e per aver deturpato l’inestimabile bellezza della natura alterandone il volto ambientale, storico ed archeologico.
Del resto non è la prima volta che la periferia è al centro dell’attenzione nell’azione visiva di Michele Mereu, che già con Askosarte ne ha fatto il punto centrale della sua indagine e del suo impegno creativo in Provincia di Oristano, con lo scopo di partecipare a un lavoro collettivo, politico e culturale, per favorirne una riqualificazione e valorizzazione.
Periferia, del resto, guardata con crescente attenzione anche dal mondo della cultura che sempre più spesso elegge come propria patria luoghi appartati e non luoghi, distanti dai centri nevralgici, perché più adatti alla riflessione e alla condivisione di esperienze.
La stessa STOPOVER ART, la piccola galleria d’arte recentemente inaugurata nella Stazione Ferroviaria di Solarussa, si è posta come atto di coraggio e di sfida contro il disagio e l’emarginazione, a sostegno di un’operazione, nell’era del web, che possa ridefinire nuove centralità, o perlomeno, che sostenga il superamento della concezione dualistica tra centri e periferie.
Alice Rivagli