Milano ’90

Informazioni Evento

Luogo
FRANCESCO PANTALEONE ARTECONTEMPORANEA
Via Vittorio Emanuele 303 (Palazzo Di Napoli - Quattro Canti) 90133, Palermo, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Tuesday - Saturday 3 pm / 7 pm

Vernissage
24/10/2021

ore 12

Curatori
Giorgio Verzotti
Generi
arte contemporanea, collettiva

Una storia milanese.

Comunicato stampa

MILANO '90

Mario Airò, Stefano Arienti, Maurizio Cattelan, Mario Dellavedova, Massimo Kaufmann,

Armin Linke, Amedeo Martegani, Vedovamazzei, Luca Vitone

a cura di Giorgio Verzotti

opening domenica 24 Ottobre 2021

ore 12- 20

Francesco Pantaleone Palermo

via Vittorio Emanuele 303, 90133 PA

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Una storia milanese

Non saremmo lontani dal vero se dicessimo che tutto è cominciato da una fabbrica dismessa, a Milano. Nel quartiere Isola adesso c’è il Bosco Verticale di Stefano Boeri e molti edifici nuovi sorti durante l’Expo, ma fino al 1984 c’era, insieme alla discoteca Nuova Idea oggi anch’essa scomparsa, la Brown Boveri, o per meglio dire c’era l’edificio, perché la fabbrica di locomotive e tram era già stata delocalizzata. Lo spazio viene occupato da un gruppo di artisti che giusto a metà del decennio, nel maggio del 1985, si presentano al pubblico dell’arte con una mostra collettiva che è rimasta famosa perché ha segnato un nuovo inizio.

Da qui, un rivolgimento che ha interessato l’intera scena artistica nazionale, e non solo: tutto a partire da un gruppo di artisti che si autogestiscono, giovani, ancora fuori dal Sistema, e tutti operanti a Milano. In un simile nuovo fermento emerge una nuova generazione che comprende Stefano Arienti, Amedeo Martegani (presenti in quella mostra), Mario Dellavedova, Massimo Kaufmann e naturalmente molti altri.

Aggiungiamo che ci sono già in città altri spazi autogestiti e operanti con i giovani: il Care Of, a Cusano Milanino, nell’hinterland, e Viafarini, nella via omonima, operativi l’uno dal 1987 e l’altro dal 1991, non solo organizzano mostre, ma i due centri uniscono le forze e nel 1995 creano un Archivio di documentazione sui giovani artisti italiani divenuto col tempo una fonte di informazione irrinunciabile. E nasce dalla volontà degli artisti anche lo spazio di via Lazzaro Palazzi, che raccoglie un gruppo di ex allievi di Luciano Fabro docente a Brera; fra loro Mario Airò e Liliana Moro troveranno un ampio riconoscimento.

Di un po’ tutti loro si occupa ben presto Corrado Levi, figura poliedrica di intellettuale, docente di architettura, saggista, teorico del movimento gay, collezionista per tradizione famigliare, critico e animatore culturale nonchè artista lui stesso. Levi apre uno studio in corso San Gottardo dove espongono gli artisti che abbiamo citato e altri ancora, da Milano come Maria Vittoria Chierici, da Bologna come Bruno Zanichelli, da Torino come Pier Luigi Pusole. Levi riuscirà anche a smuovere le istituzioni: in una città dove ancora manca un museo d’arte contemporanea degno di questo nome, c’è però il PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea, la nostra Kunsthalle insomma, che nel dicembre 1986 affida al curatore/artista la mostra Il Cangiante: qui Levi chiama alcuni di quei giovani e li mette a confronto con la storia e l’internazionalità, da Otto Dix a Carla Accardi, da De Pisis a Jeff Koons.

E’ grazie a questa generazione creativa che Milano torna ad essere una città d’arte, un luogo propulsivo e non solo ricettivo di nuove idee: non era più successo dai tempi di Fontana, scomparso nel 1968, negli anni Settanta questo primato lo aveva assunto se mai Torino, con l’Arte Povera. Dalla metà degli Ottanta invece questa sorta di nuovo rinascimento milanese attira diversi artisti da fuori città che vengono a vivere e lavorare qui: Vanessa Beecroft e Luca Vitone da Genova, Chiara Dynys da Mantova, Gabriele Di Matteo e Vedovamazzei da Napoli, Maurizio Cattelan da Padova, e poi naturalmente ci sono i milanesi di nascita, come Marco Mazzucconi e Armin Linke…

Dove ci sono gli artisti, lì il Sistema funziona, e negli anni Novanta a Milano arrivano anche i galleristi: giovani a che loro e anche loro determinati, non esitano a lavorare con i nuovi artisti anche se giustamente cercano da subito un riscontro internazionale che per molti in effetti arriverà. La città diventa un punto di incontro, l’occasione, per esempio per i critici, di conoscere di persona molti artisti italiani e internazionali che vengono ad esporre in questi spazi. Non succedeva da anni cosi frequentemente, se si eccettuano ovviamente gli ospiti delle gallerie più storiche e affermate.

Insomma, gli anni Novanta fanno dimenticare la Milano di Tangentopoli e la trasformano in una capitale, almeno in senso culturale, e non solo relativamente alle arti visive.

Ma questi artisti cosa fanno, cosa propongono, per diventare cosi presto i protagonisti di una nuova stagione creativa che non è certo solo milanese ma che qui torva un importante ambito di confronto? A dire il vero fanno cose molto diverse l’uno dall’altro, alcuni non hanno neanche frequentato le accademie e arrivano all’arte dai percorsi più impensabili. Però hanno un tratto comune che li differenzia dalle generazioni appena precedenti, i protagonisti della Transavanguardia. Per questi ultimi, dipingere o scolpire significa esprimere il proprio mondo interiore, i fantasmi dell’inconscio, le proprie mitologie personali. I nostri artisti più che esprimere intendono comunicare, l’opera è un progetto, il risultato di un percorso ideativo che si concretizza in una proposizione consapevole e aperta all’interpretazione. Di comune poi hanno una inclinazione verso i linguaggi più sperimentali, ereditati dalle neoavanguardie degli anni Sessanta e Settanta, nei confronti delle quali però non sentono alcuna sudditanza. Anzi, i loro precedenti, i maestri, li rispettano ma con distacco, forse perchè sono consapevoli di appartenere a un’epoca diversa, più disincantata.

Se ne vedono gli esempi nelle opere degli artisti presenti in questa mostra, che risalgono a quei primi anni e in un certo senso ricostituiscono parzialmente quello che era il panorama creativo dell’epoca. (leggi di più)

un sentito ringraziamento ai marchesi Berlingieri, Planeta, Michael Lo Bianco, Angelica Cantù Rajnoldi

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A Milan story

It wouldn't be a stretch to say that it all started with an abandoned factory in Milan. The Isola district is now home to Stefano Boeri's Vertical Forest, as well as many other new buildings that appeared during the Expo. But until 1984, there was, together with the Nuova Idea disco club which has now also disappeared, the Brown Boeri company or, more precisely, its building, as the locomotive and tram factory had already been relocated. The space was occupied by a group of artists who, in May 1985, presented themselves to the art public with a group exhibition that remained famous for marking a new beginning, for starting a disruption that affected the entire national art scene and beyond.

It all began with a group of young, self-managing artists all working in Milan, outside of the System. It is within this new cultural turmoil that

a new generation emerged, which included Stefano Armenta, Amedeo Martegani (both present in that first exhibition), Mario Dellavedova, Massimo Kaufmann, and many others.

We should point out that there were already other self-managed spaces in the city that worked with young people: the Care Of, in Cusano Milanino in the hinterland, and Viafarini, located in the homonym street, the first operating since 1987, and the latter since 1991. Not only did they organize exhibitions, but the two centers joined forces in 1995 to create a Documentation archive on young Italian artists, which became over time a crucial reservoir of information. The space in via Lazzaro Palazzi also emerged from the artists' will, gathering a group of former students of Luciano Fabro, professor at the Brera academy; among them were Mario Airò and Liliana Moro, who will go on to receive wide recognition.

It was Corrado Levi who took them under his wing. A multifaceted intellectual, a professor of architecture, an essayist, a theorist of the gay movement, an art critic with a long family tradition of art collecting, a cultural agent, as well as an artist himself, Levi opened a studio in Corso San Gottardo. Here, the artists previously mentioned were exhibited, along with many others from all over the country: Maria Vittoria Chierici from Milan, Bruno Zanichelli from Bologna, and Pier Luigi Pusole from Turin. Levi's work was going to create a shift within the institutions: in a city with no contemporary art museum worthy of its name, there was, however, the PAC, the Pavilion of Contemporary Art, some sort of Italian Kunsthalle, which in December 1986 entrusted the curator/artist with the exhibition "Il Cangiante." For the occasion, Levi called upon some of those young artists, placing them face to face with history and internationality, from Otto Dix to Carla Accardi, from De Pisis to Jeff Koons.

Thanks to this creative generation, Milan returned to be a city of art, a propulsive and not only receptive place for new ideas. It had not been successfully done since Fontana, who died in 1968, leaving this primacy, in the 70s, to Turin and its Arte Povera movement. Starting in the mid-eighties, this sort of new Milanese renaissance had attracted several artists from outside the city who came to live and work there: Vanessa Beecroft and Luca Vitone from Genoa, Chiara Dynys from Mantua, Gabriele Di Matteo and Vedovamazzei from Naples, Maurizio Cattelan from Padua, not to mention the Milanese by birth, like Marco Mazzucconi and Armin Linke.

Where the artists are, the System works, and during the 90s, gallery owners also began to arrive in Milan. Young and determined people themselves, they did not hesitate to work with new artists, even though they rightly sought an international response from the very beginning, which would eventually arrive for many. The city became a meeting point, an opportunity for critics to meet Italian and international artists who came to exhibit in these spaces. This had not happened in years, except, of course, for the guests of the most historic and established galleries.

In short, the 90s made people forget about Milan's Tangentopoli and transformed the city into a capital, at least in a cultural sense, but not only in relation to the visual arts.

What did these artists do, what did they put forward to become the protagonists of a new creative season certainly not limited to Milan, but that had found a meaningful space and area of engagement in that particular city? Truth be told, they were a very eclectic group: some had not even attended academies and were coming to the art world from all sorts of different paths. However, they all had a trait in common that set them apart from the previous generation, the protagonists of the Transavantgarde. For the latter, painting or sculpting were means of expressing their inner world, unconscious ghosts, and personal mythologies. More than expressing, our artists wanted to communicate.

For them, the artwork was a project resulting from an ideational path that took the form of a conscious proposition open to interpretation.

They also shared a common inclination towards more experimental languages, inherited from the neo-avant-gardes of the 60s and 70s, towards which, however, they felt no subjection. Indeed, their predecessors, the Masters, respected them but with a degree of detachment, perhaps because of their awareness of belonging to a different, more disenchanted era. (read more)

special thanks to Berlingieri marquises, Planeta, Michael Lo Bianco, Angelica Cantù Rajnoldi