Milano. Da romantica a scapigliata
Attraverso una settantina di capolavori eseguiti dai maggiori protagonisti della cultura figurativa ottocentesca attivi a Milano, la rassegna che il Comune di Novara, Fondazione Castello e Mets Percorsi d’Arte propongono per l’autunno 2022 si prefigge di illustrare i mutamenti susseguitesi nella città meneghina tra i secondi anni dieci e gli anni ottanta dell’Ottocento.
Comunicato stampa
Attraverso una settantina di capolavori eseguiti dai maggiori protagonisti della cultura figurativa ottocentesca attivi a Milano, la rassegna che il Comune di Novara, Fondazione Castello e Mets Percorsi d’Arte propongono per l’autunno 2022 si prefigge di illustrare i mutamenti susseguitesi nella città meneghina tra i secondi anni dieci e gli anni ottanta dell’Ottocento.
Decenni turbolenti nei quali Milano ha visto la caduta del Regno d’Italia napoleonico, la costituzione del Regno Lombardo Veneto e la seconda dominazione austriaca, le prime rivolte popolari e le guerre d’indipendenza che nel 1859 avrebbero portato alla liberazione.
Le trasformazioni che già in epoca teresiana avevano iniziato a modificarne sensibilmente l’aspetto monumentale ed urbanistico erano proseguite senza soluzione di continuità durante gli anni della Repubblica Cisalpina, del Regno d’Italia, della Restaurazione e del Risorgimento e avevano fatto di Milano una città moderna, bellissima, crocevia di genti, di culture, di arte.
Una città elegante che avrebbe continuato a rinnovarsi anche nei decenni post-unitari, si pensi alla demolizione del Coperto dei Figini in Piazza Duomo (1864), alla costruzione della Galleria Vittorio Emanuele e all’ideazione della Piazza del Teatro, nel 1865 battezzata Piazza della Scala, all’abbattimento del Rebecchino (1875). Una città culturalmente assai vivace, frequentata da viaggiatori stranieri e abitata da un facoltoso ceto borghese, ma nel contempo anche un luogo in cui le differenze sociali cominciavano via via a farsi sempre più marcate e nella quale gran parte della popolazione viveva in povertà.
Il percorso espositivo sarà articolato in sezioni che seguiranno l’andamento delle sale del Castello Visconteo Sforzesco e ripercorrerà l’evoluzione della pittura lombarda dal Romanticismo alla Scapigliatura, fenomeno culturale nato a Milano negli anni sessanta che coinvolgeva poeti, letterati, musicisti, artisti uniti da una profonda insofferenza nei confronti delle convenzioni della società e della cultura borghese.
Prologo. La nuova sensibilità romantica
Il visitatore sarà accolto nel Castello Visconteo Sforzesco da uno straordinario capolavoro ispirato ad un romanzo di grande successo popolare: I Lambertazzi e i Geremei o Le fazioni di Bologna nel secolo XIII. Cronaca di un Trovatore di Defendente Sacchi (1796-1840), opera, come specifica l’autore nel dedicarla all’amata moglie Erminia, già condotta a termine nel 1825 ma pubblicata solo nel 1830.
Firmata da Francesco Hayez (1791-1882), l’Imelda de Lambertazzi in mostra è stata eseguita nel 1853 per il collezionista monzese Giovanni Masciaga. Storia di amore e morte ambientata nella Bologna delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, la tragica vicenda di Imelda e del suo Bonifacio era stata oggetto di opere poetiche anche prima della pubblicazione del romanzo di Sacchi ed Hayez aveva affrontato il fortunato soggetto già negli anni venti, prima per l’editore Gian Marco Artaria di Mannheim (1822), poi per Francesco Crivelli (1829).
Le Sezioni
Sezione I – “Pittura urbana” nella Milano romantica
La prima sezione della mostra sarà dedicata alla “pittura urbana”, termine coniato nel 1829 da Defendente Sacchi per qualificare il nuovo genere di veduta prospettica elaborato e portato al successo tra il secondo e terzo decennio dell’Ottocento dal pittore alessandrino Giovanni Migliara (1785-1837).
Attraverso le opere esposte in questa sezione ci si propone di illustrare l’evoluzione del paesaggio urbano in epoca romantica partendo proprio da alcuni dipinti di Migliara quali la Veduta di Piazza del Duomo in Milano, del 1828 e la Veduta dell’interno del I.R. Palazzo del Governo, del 1834. Seguiranno opere di Giuseppe Elena (1801-1867) e Luigi Premazzi (1814-1891), nonché di Luigi Bisi (1814-1886), già dai primissimi anni quaranta acclamato erede del compianto Migliara.
Saranno esposte numerose opere di Giuseppe Canella (1788-1847), prima vera alternativa di avanguardia alla pittura rigorosamente prospettica di Migliara, spettacolari tranches de vie meneghine, e di Angelo Inganni (1807-1880) rappresentato da importanti capolavori tra i quali La veduta di Piazza del Duomo con il coperto dei Figini, eseguito nel 1839 per l’imperatore d’Austria Ferdinando I, e La colonna di San Martiniano al Verziere con neve cadente, del 1845, una delle primissime nevicate di Inganni.
Opere appartenenti a collezioni pubbliche e private, che accompagneranno il visitatore in un suggestivo viaggio nel tempo tra le vie, le piazze, lungo i Navigli, proprio negli anni che videro l’inizio della loro trasformazione nei luoghi che noi tutti oggi conosciamo e frequentiamo come nel caso di Piazza del Duomo, della Corsia dei Servi – l’attuale Corso Vittorio Emanuele -, di Piazza San Babila, di Piazza della Scala e del Verziere.
Sezione II – I protagonisti
Dalla città, presentata nella prima sezione come ideale “palcoscenico” del nostro racconto, nella seconda sezione passeremo alla presentazione diretta degli “attori protagonisti” della storia milanese di quegli anni: persone e personaggi.
Saranno esposti “ritratti ambientati” e scene di genere eseguiti da Giuseppe Molteni (1800-1867), figura poliedrica, pittore, restauratore, ritrattista mondano di fama internazionale e nel contempo sincero pittore della vita del popolo. Sarà altresì presente Francesco Hayez, rinnovatore non solo del genere storico ma anche del ritratto, al quale Molteni aveva lanciato una sfida proprio nel campo della ritrattistica. Tra le opere in mostra dei due grandi artisti: il Ritratto di Alessandro Manzoni di Molteni, recentemente ritrovato, e il Ritratto della contessa Teresa Zumali Marsili con il figlio Giuseppe, straordinaria maternità laica, uno dei vertici della ritrattistica di Hayez esposto a Brera nel 1833.
Seguiranno lavori di Carlo Arienti (1801-1873) rappresentato dal Ritratto del conte Carlo Alfonso Schiaffinati in abito da cacciatore (1834) e di Giovanni Carnovali, più noto come il Piccio (1804-1874), autore impegnato fin dalla prima metà degli anni quaranta in una personalissima ricerca intorno alle potenzialità espressive del colore, figura fondamentale per un primo affrancamento della pittura lombarda da quello che era stato l’indiscusso primato del disegno di matrice classicista.
Sarà dato spazio anche ai fratelli Domenico (1815-1878) e Gerolamo Induno (1825-1890), uomini e pittori di indole assai diversa, ma entrambi mirabili narratori del proprio tempo, un tempo raccontato per lo più attraverso la storia degli umili, una storia che viaggiava parallelamente alla storia con la S maiuscola, in questa sala rappresentati rispettivamente da L’offerta, presentata a Brera nel 1846, e da Scioperatella, del 1851.
Sezione III – Milano, da austriaca a liberata.
La terza sezione sarà interamente dedicata alle Cinque giornate di Milano e agli episodi cruciali che nel marzo del 1848 hanno portato alla temporanea liberazione di Milano dalla dominazione austriaca. Tra gli autori scelti per meglio rappresentare quei momenti si ricordano Carlo Bossoli (1815-1884), vedutista di straordinaria sensibilità – di origine ticinese, ma vissuto e formatosi a Odessa dove la famiglia si era trasferita nel 1820, Bossoli si stabilì a Milano nel 1843 – che raggiunse fama internazionale proprio attraverso dipinti rievocativi delle guerre d’indipendenza, opere eseguite per lo più a tempera, medium prediletto dal pittore nell’arco di tutta la sua carriera; Carlo Canella (1800-1879), fratello di Giuseppe, e ancora Baldassare Verazzi (1819-1886), presente in mostra con quello che è considerato il suo capolavoro: Combattimenti a Palazzo Litta.
Sezione IV – La Storia narrata dalla parte del popolo.
La quarta sezione sarà dedicata ai lavori dei fratelli milanesi Domenico e Gerolamo Induno, tra i maggiori protagonisti della scena figurativa di quei decenni, autori amatissimi sia dalla critica che dal pubblico dell’epoca, quest’ultimo letteralmente incantato dalla raffinatezza con la quale ogni minimo dettaglio della realtà era restituito magistralmente sulle loro tele.
Una attenta selezione delle loro maggiori opere aprirà al visitatore moderno gli umili interni domestici della gente comune della Milano di quegli anni e, in modo semplice ma accurato, racconterà la loro storia, il loro vivere quotidiano, i drammi e le difficoltà di quei tempi estremamente difficili, le loro piccole gioie. Tra questi sia sufficiente citare il celeberrimo Pane e lacrime, di Domenico Induno, esposto nella redazione del 1854 che è stata di proprietà di Francesco Hayez.
Sezione V – Verso il rinnovamento del linguaggio: dal disegno al colore.
La quinta sezione esporrà alcuni lavori di autori fondamentali nel rinnovamento del linguaggio pittorico: Eleuterio Pagliano (1826-1903), Giuseppe Bertini (1825-1898), il già citato Piccio, presente con il Ritratto di Gina Caccia, del 1862, Federico Faruffini (1833-1869), insieme a Pagliano tra i primi artisti lombardi ad aggiornare la propria pittura sulle ricerche più avanzate della pittura napoletana incentrate sul colore e sulla luce, tendenze avvicinate da Faruffini alla metà degli anni cinquanta nel corso di un lungo soggiorno romano durante il quale il pittore conosce e frequenta Domenico Morelli (1823-1901), Bernardo Celentano (1835-1863) e Saverio Altamura (1822-1897), e ancora il milanese Filippo Carcano (1840-1914), talentuoso e ribelle allievo di Hayez, impegnato fin dai primissimi anni sessanta nell’elaborazione di un nuovo linguaggio che potesse risultare idoneo a comunicare in senso moderno il “vero”.
Sezione VI – “Il sistema di Filippo Carcano. La pittura scombicchierata e impiastricciata”
Se le sperimentazioni linguistiche condotte nel corso degli anni sessanta da Filippo Carcano erano totalmente incomprese e decisamente osteggiate dalla critica che definiva la sua pittura “una pittura filacciosa, senza contorni di sorta, quasi senza piani e senza prospettiva” – in aperta rottura con la tradizione accademica del disegno, Carcano costruiva le immagini attraverso l’uso del solo colore -, erano invece abbracciate con entusiasmo da altri giovani artisti; tra questi autori la sesta sezione ospiterà lavori di Giuseppe Barbaglia (1841-1910), Vespasiano Bignami (1841-1929) e Mosè Bianchi (1840-1904).
Sezione VII – Verso la Scapigliatura
Il percorso espositivo proseguirà con alcune significative opere dipinte da Tranquillo Cremona (1837-1878) e Daniele Ranzoni (1843-1889) nel corso dei secondi anni sessanta, quindi prima dell’elaborazione di quel linguaggio scapigliato che caratterizzerà le opere della loro maturità artistica; tra queste il Ritratto di Nicola Massa Gazzino di Cremona e il Ritratto di donna Maria Padulli in Greppi di Ranzoni.
Sezione VIII – L’affermazione e il trionfo del linguaggio scapigliato
L’ultima sezione accoglierà alcuni dei maggiori capolavori scapigliati eseguiti dalla metà degli anni settanta ai primi anni ottanta.
Tra questi sia sufficiente citare Melodia e In ascolto, straordinarie tele eseguite en pendant da Cremona su commissione dell’industriale Andrea Ponti tra il 1874 e il 1878, Visita al collegio, ancora di Cremona, riferibile al biennio 1877-1878, nonché alcuni dei più intensi ritratti eseguiti da Ranzoni, quali il Ritratto della signora Luigia Pisani Dossi, esposto a Brera nel 1880, e Ritratto di Antonietta Tzikos di Saint Leger, presentato la prima volta al pubblico nella primavera del 1886, in occasione della mostra organizzata per l’inaugurazione della nuova sede della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente. Nella sezione anche due belle sculture in bronzo e gesso di Giuseppe Grandi: La Pleureuse (1875-1878) e Beethoven giovinetto (1874).