Milano in arte 1945-2015
I protagonisti dell’arte, dell’architettura, della fotografia, del design e della moda che hanno fatto grande Milano dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a Expo 2015 rappresentati e raccontati con una serie di mostre e incontri a Spazio Tadini a cura di Francesco Tadini e Anna Daelli.
Comunicato stampa
I protagonisti dell’arte, dell’architettura, della fotografia, del design e della moda che hanno fatto grande Milano dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a Expo 2015 rappresentati e raccontati con una serie di mostre e incontri a Spazio Tadini a cura di Francesco Tadini e Anna Daelli. L’Expo 2015 a Milano rappresenta un’occasione unica per una retrospettiva sul mondo artistico e culturale della città. Milano, oggi, deve la sua immagine internazionale in particolare a settant’anni di idee, di interconnessioni tra fatti e protagonisti che, dal Dopoguerra hanno accresciuto il suo ruolo culturale ed economico nel cuore dell’Europa e nel mondo. Una storia fatta da tanti professionisti, qualcuno non sempre riconosciuto dal grande pubblico e dal mercato, nonchè da movimenti di pensiero, organizzati e teorizzati, che hanno cambiato il nostro modo di vivere. La Rassegna Milano in Arte dal 1945 al 2015 si propone dunque lo scopo di ripercorrere alcune tappe, di riscoprire alcuni personaggi fino a porre i riflettori sul nuovo.
“La prima tappa della Rassegna (inaugurata a Spazio Tadini il 15 gennaio 2014) ha preso in considerazione il periodo 1945 / 1956. Al culmine della crisi economica globale che stiamo attraversando, la scelta è stata di ripartire proprio dall’epoca della ricostruzione e della rinascita di quel complesso e vasto tessuto culturale che ridiede slancio e centralità alla metropoli lombarda – sottolinea Francesco Tadini - Il destino di una grande metropoli deriva dalla storia delle idee e della bellezza non meno che dalle mutevoli fortune economiche”.
Dal 15 maggio al 4 luglio 2014, presso la Casa Museo Spazio Tadini di Milano si ricapitoleranno gli anni Sessanta partendo da un gruppo di artisti - Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Ercole Pignatelli, Emilio Tadini – che hanno vissuto, attraverso vie anche differenti, il centro della scena milanese in particolare di quegli anni e che sono stati veri innovatori dell'arte in una carriera più che quarantennale. Di tale carriera si da esempio con una selezione di opere che, comprendendo i decenni successivi arrivando fino ai nostri giorni.
La mostra si amplierà, dal 4 giugno fino al 4 luglio 2014, con i lavori di più di trenta artisti con opere del periodo compreso tra il 1957 al 1967 per rileggere la storia attraverso il linguaggio dell’arte.
Il focus sugli anni ’60 comprende:
Valerio Adami (Bologna, 17 marzo 1935)
Valerio Adami, tra i grandi protagonisti dell’arte europea contemporanea è ideatore di uno stile originale che definisce la struttura degli oggetti contrapponendo colori puri privi di chiaroscuro, delineati da un contorno nero e netto. Paolo Fabbri - “Nel nitore delle linee e nella saturazione del colore il lessico di Valerio Adami è enigmatico. Non è un segreto che si nasconde nelle profondità dell’io, nello spessore del mondo o nelle pieghe della cultura. È un enigma che risiede nella superficie della rappresentazione, nelle unità e nelle regole della composizione che il pittore indica e schiva. Il mistero non è nel profondo, ma nelle pieghe dell’evidenza planare del testo che Adami ci dà a vedere”.
Lucio Del Pezzo (Napoli, 13 dicembre 1933)
Gillo Dorfles - “Lucio Del Pezzo si è foggiato, ormai, un suo preciso universo formato di oggetti personali elevati a potenza di alfabetario privilegiato: mensole, cubi, losanghe, piani inclinati, bersagli, birilli, manichini, che non hanno più il loro iniziale valore di riferimento semantico a una realtà, sia pur metamorfosata, ma che sono, invece, un gergo privato, quasi un’etichetta, a testimonianza della continuità nel tempo della sua invenzione figurativa. Dell’antico rapporto con la pittura metafisica italiana è rimasto ben poco: forse soltanto un aggettivo, utile come richiamo e anche come argine di fronte all’incalzare di altri eventi dai quali Lucio Del Pezzo vuole difendersi e tutelarsi. Tutte le recenti vicende dell’arte visiva: dal pop all’op, dall’arte povera a quella concettuale, hanno lasciato scarse tracce sul suo lavoro appunto perché lo stesso ha potuto svolgersi al riparo d’uno robusta matrice partenopea e d’una presunta ascendenza storica.”
Ercole Pignatelli (Lecce, 18 aprile 1935)
Salvatore Veca - “L'opera di Ercole Pignatelli ci consegna, nell'intrico dei suoi percorsi e dei suoi intrecci polimorfi, al sogno ricorrente di una felicità' possibile. La sua selva di forme,di segni e di metamorfosi è come una foresta onirica e visionaria, in cui la piega barocca del tratto di fondo sembra a volte spezzarsi ed evaporare. Per dirci al tempo stesso, la prossimità e la distanza di un mondo aurorale e sorgivo destinato alla perdita e alla dissipazione. Vi è un contrassegno che mi colpisce nell'ambito osservazione, nella meditazione e nell'indagine sull'opera di Pignatelli: è il contrassegno di una essenziale libertà dell'arista, che coincide con la fedeltà a se stesso, e con la sua voglia di verità. In questo senso preciso, l'opera di Ercole Pignatelli è il promemoria di una passione vorace, funambolica e acrobatica, per le forme e le metamorfosi, nel tempo della memoria, che è il tempo dell'attesa.”
Emilio Tadini (Milano, 1927 – Milano, 25 settembre 2002)
Arturo Carlo Quintavalle - “Emilio Tadini ha dipinto con gioia e ironia e questa gioia e ironia, e insieme questa profonda consapevolezza dell’artista come ideologo e creatore di organiche visioni del mondo, ne fanno la figura più rilevante dell’arte della sua generazione in Italia e una delle maggiori in Europa, una figura che è stata finora da molti citata e imitata. (…) Forse il contributo più importante che Emilio Tadini lascia all’arte di oggi è l’idea che si possa ancora, in pittura, costruire un racconto. Non un racconto proposto con immagini della tradizione realista, e neppure un racconto pensato attraverso le memorie, le stratificazioni dell’informale, e neppure un racconto pensato attraverso la dilatazione delle dimensioni, l’analisi materica e il trasferimento di questa sull’opera come nel caso della pop americana. No, Tadini ha proposto un altro tipo di esperienza e una differente sintesi e proprio per questo, per la sua capacità incredibile di mettere insieme una complessa, storica esperienza delle immagini, ma anche delle parole, per la capacità di operare attraverso la musica, che conosce e sperimenta, e insieme per la volontà di porre l’artista come uomo della storia e quindi presente nel dibattito dell’oggi, per tutto questo Tadini ha lasciato e lascia, ben oltre tanti altri pittori del presente e del recente passato, un’impronta importante nell’arte.”