Miljenka Šepic / Tobia Ravà – Prati e boschi. L’energia del creato
Nuove opere di Tobia Ravà in dialogo con i dipinti di Miljenka Šepic.
Comunicato stampa
La mostra “Prati e boschi. L’energia del creato”, a cura di Maria Luisa Trevisan, dopo essere stata a Parenzo era approdata a Venezia alla Art Factory di Tobia Ravà, Dorsoduro 2324 (Fondamenta dell’Arzere), l’8 ottobre e in occasione delle festività viene riaperta con nuove opere di Tobia Ravà in dialogo con i dipinti di Miljenka Šepic. I due artisti sono particolarmente sensibili al tema della natura ed entrambi, a proprio modo, vi si immergono totalmente, attingendo a piene mani da ciò che hanno intorno. Pur partendo da cultura e formazione diverse, lui veneziano con studi universitari a Bologna e lei croata con studi accademici a Venezia, vogliono raggiungere lo stesso risultato: sensibilizzare l’uomo nei confronti della natura affinché sia preservata, sottolineando che la vita dell’uomo è strettamente dipendente da essa, in quanto ci dona energia vitale, fa bene al corpo e allo spirito.
Tobia Ravà realizza boschi regolari, per lo più piantumati dall’uomo e nel fare questo continua l’opera della creazione divina. Sono in genere pioppeti che caratterizzano il paesaggio della Pianura Padana, in cui crea lunghe prospettive con coni visivi che mettono in evidenza una linea d’orizzonte e una relazione tra un aldiquà e un aldilà. La particolarità sta nel fatto che sono realizzati con la ghematrià ossia con lettere ebraiche e numeri e fanno riferimento ad associazioni e collegamenti con il luogo, l’esperienza personale dell’artista, concetti e valori che l’albero, il bosco, la natura e il creato in generale rappresentano.
Miljenka ha il suo atelier all’aperto, è il prato della sua casa nei pressi di Abbazia. Ogni giorno dipinge “en plein air ” meticolosamente prati, foglie, fili d’erba, cogliendo i riflessi che la vegetazione produce a contatto con l’aria, la luce, il sole. Registra puntualmente le variazioni cromatiche, la brillantezza e la luminosità di ogni istante, creando un microcosmo in cui si esprime appieno la sua sensibilità basata sull'essenzialità del sentire: la meraviglia del colore, il bisogno di leggerezza, la necessità delle piccole cose, gli elementi vegetali che proiettano e includono l’imprevedibile casualità della natura. Guardando alcuni dei suoi dipinti, si ha l'impressione ad un certo punto – fissandoli per un po’ - di vedere apparire dal nulla forme diverse, che mai si fermano in una certezza definitiva, in una consistenza invulnerabile, ma vibrando combattono il nulla che le avvolge. Una caratteristica della sua arte è l’attenzione verso la resa pittorica della luce. Pur nel variare dei soggetti cerca infatti di dare autonomia alla luce, rappresentandola non come un riflesso delle cose, ma come una entità atmosferica. Per questo usa liberamente il colore e le immagini che ne derivano hanno un aspetto astratto, appena sfiorate dal bagliore di un ricordo. Anche in Tobia la luce è un elemento portante delle sue composizioni, tanto che ha voluto intitolare le ultime esposizioni di Torino e Venezia Ohr – Luce (in ebraico) come metafora della conoscenza. Le opere di questa esposizione, sono di recente concezione, ma legate ai temi classici dell'artista: le Venezie, le foreste, gli animali e i vortici sono costruiti da un percorso numerologico determinato dalla kabbalah ed dalla ghematrià. L’artista ha voluto dedicare una mostra alla luce, dato che il 2015 è stato proclamato dall’Unesco “Anno Internazionale della Luce e delle tecnologie basate sulla luce” (come deciso dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 2013). Da un po’ di tempo le sue opere si avvalgono di essa e delle tecnologie luminose più avanzate, in particolare i light box con luce al led. I suoi lavori sono eseguiti con i materiali più vari, spaziano dalla pittura a tecnica mista, sublimazione su raso, catalizzazioni su alluminio, lightbox led, alla scultura in terracotta dipinta e bronzo. In particolare i soggetti scultorei rappresentano animali tipici della fauna alpina e lagunare. L'intensità del colore, la luce, il linguaggio alfanumerico, le forme, i segni, le linee compongono equilibri spaziali e formali di forte suggestione e di grande impatto emotivo.
In entrambi gli artisti vi è una sorta di alchimia che si produce tra immagine e colore. I soggetti di Miljenka sono la terra, il fuoco, l’acqua e l’aria, di cui dice “Creo lo spettro cromatico affinché l'energia dei colori corrisponda all'energia degli elementi terra, fuoco, acqua ed aria. L'elemento terra ha l'energia della stabilità, il fuoco dell'azione, l’acqua della tranquillità, l’aria del movimento. Il modo di dipingere, il formato del supporto pittorico ed il motivo aumentano l'energia di un particolare elemento”.
Miljenka si è occupata anche di un progetto sulle querce in Croazia che arrivano fino al mare. In particolare ha voluto rendere consapevole la gente del luogo dell’importanza degli alberi che via via stavano scomparendo sotto l’incalzare della cementificazione del litorale croato ed in particolare del lungomare di Opatija.
Dal 2010 dipinge prati, ogni anno cambia colori, un colore per il fondo della tela, due di ombra e due di luce. Dal 2015 dipinge sul prato all'ombra di un albero le ombre e luci di piantine a grandezza naturale, queste sono di sei tipi, ognuna con una sua forma e tipo di verde (ad esempio una margheritina ha sempre quattro foglioline e di un verde particolare (ceruleo e india giallo). Questo ciclo di dipinti è una continuazione della sua ricerca relativa all'energia dei colori in relazione all'energia della natura. Il formato della tela è un quadrato. Usa una combinazione di gialli, rossi e blu per la superficie di sfondo e le ombre. I segmenti cromatici in alcuni casi diventano filamenti che creano forti vibrazioni riecheggiando la pennellata dei post-impressionisti (Seurat e Signac) e divisionisti (Pelizza da Volpedo, Segantini, Previati). Decide la combinazione di colori in anticipo e sceglie le piante che spuntano per prime sul prato in primavera o quelle che ricrescono per prime dopo la falciatura, perché sono le più resistenti, hanno le radici forti e rappresentano l’ottimismo. Le piantine fermano la vibrazione dei colori ed hanno un effetto calmante sull’immagine.
Tobia artisticamente è figlio della grande tradizione veneziana che unisce Oriente ed Occidente e da questa ha ereditato la magia del comporre la sua pittura direttamente con il colore ritraendo vedute di canali, campielli e architetture, così da sollevare l’attenzione anche sul fragile equilibrio della città e della sua laguna. In ciò si innesta la cultura ebraica e quella mitteleuropea, legate alla sua origine e questo spiega l’inserimento delle lettere ebraiche, l’uso della ghematrià e della kabbalah, che ha portato l’artista a lavorare su formule matematiche e sequenze numeriche come quella di Fibonacci, e quindi sulla sezione aurea, ma anche sul pi greco, arrivando a fare anche delle scoperte, tanto da avere un teorema a suo nome. La sua ricerca artistica si sviluppa anche nell'ambito del surreale, invitando l’osservatore ad esplorare il proprio inconscio in un fantastico viaggio nel mondo dei sogni. Tobia gioca con immagini a volte catturate da uno scatto fotografico, altre più mentali e astratte, dando vita in alcune opere a ricordi ed atmosfere senza una vera collocazione temporale.
Ambedue gli artisti rientrano in quello che si può definire concettualismo estetico in quanto partendo dal reale sviluppano un percorso di conoscenza e consapevolezza che apre a innumerevoli altri sviluppi sul rapporto uomo - ambiente. In entrambi vi è totale empatia con ogni forma vivente, sia vegetale che animale, piena consapevolezza di essere parte del creato e desiderio di rendere tutti più rispettosi, partecipi e pronti a difendere ciò che ogni giorno ci irradia di energia positiva.