Minimalia
Rigore, controllo, modularità, sottrazione, riduzione alla purezza della struttura, analisi, monocromia,
ritmo. C’è un filo rosso che collega le ricerche di molti artisti tra la fine degli anni ’50 e i ’70, alla ricerca di
un nuovo inizio rispetto al passato rappresentato dall’informale.
Comunicato stampa
Rigore, controllo, modularità, sottrazione, riduzione alla purezza della struttura, analisi, monocromia,
ritmo. C’è un filo rosso che collega le ricerche di molti artisti tra la fine degli anni ’50 e i ’70, alla ricerca di
un nuovo inizio rispetto al passato rappresentato dall’informale. In opposizione al concetto di arte come
attività liberatoria, non controllata, soggettiva, e di fusione tra arte e vita, questa generazione concepisce
l’arte come un’attività autonoma, controllata attraverso l’analisi del linguaggio, verificabile, ripetibile,
modulare. Un’arte che tende all’essenzialità, cosciente della peculiarità del linguaggio artistico, della
distanza tra arte e vita. Un’arte che addirittura preesiste rispetto all’opera, la quale perde l’aura di unicità e
di prodotto di un gesto trascendente, sciamanico, per diventare un oggetto ripetibile, vicino al design. Zero,
Nul, Azimuth, i nomi dei gruppi e delle riviste cui alcuni di questi artisti appartengono, sottolineano la
tensione verso la purezza, la semplificazione, l’esattezza. Una zona di silenzio e di possibilità pure, un
nuovo inizio, una visione positiva del futuro e delle possibilità illimitate dell’arte. In questo orizzonte, che
non è limitato a un periodo storico o a determinati gruppi, ma si estende concettualmente alla produzione
di tanti artisti, si collocano Dadamaino e Scheggi, Simeti, Agnetti, Aubertin, Calzolari, ma anche Melotti con
le sue sculture in cui lo spazio è scandito ritmicamente e gli elementi sembrano partiture di ideogrammi;
Griffa, la cui pittura analitica torna agli elementi primari del linguaggio, segni e colori; Isgrò, con la
Cancellatura che è una forma di “igiene del linguaggio”; Pistoletto, i cui quadri specchianti attirano lo
spettatore all’interno dell’opera, riducendone l’aura di sacralità e di immutabilità, Uncini, le cui opere
sono basate su una ricerca geometrico-spaziale che pone in primo piano il principio costruttivo e
architettonico.