Minus.log – Sulla soglia del silenzio
Mostra personale.
Comunicato stampa
Sulla soglia del silenzio
di Antonello Tolve
«L’infiltrarsi della nostalgia nella geometria ha condotto all’idea di infinito»
E. M. Cioran
Del lungo e fluttuante itinerario creativo proposto dai Minus.log sin dal 2012, anno in cui il duo nato dall’incontro di Giustino Di Gregorio e Manuela Cappucci produce Code – O («una scultura in gesso scolpita dal tempo» che «accoglie delle proiezioni minimali») , vale la pena ricordare quale e quanta importanza abbiano sempre il valore minimale, la materia interstiziale, l’appunto veloce, l’esattezza della rapidità, l’incidente e l’unicità, l’errore immaginativo, l’attesa di qualcosa che nasce dallo studio e dall’intuizione, la ripetizione differente che è anche scavo costante tra le contrade chiare del tempo, dello spazio, della luce, del suono.
Dopo alcuni lavori in cui gli artisti hanno spinto al limite i nuclei e i grumi di una brillante ricerca sulla solida soglia del vuoto – tra questi vale la pena ricordare almeno In a silent way (2014), Cure (2015), Ctrl+c (2015), together/alone (2015), Con i piedi per terra (2017), Senza ombra di dubbio (2018) o la più recente animazione Vera (2020-2022) – e dopo una serie di sorprendenti progetti come AQ (2019) o i Non luoghi (2020) dove il duo sperimenta l’evanescenza del paesaggio e dove si assume l’acquerello a mezzo espressivo capace di alleggerire e dilatare i limiti d’un territorio mentale («ci siamo innamorati subito delle possibilità offerte dall’acquerello e ne abbiamo adattato la tecnica alle esigenze del nostro mondo, fatto di rapporti con lo spazio vuoto, texture monocromatiche o quasi, tagli digitali che dialogano con gesti e forme semplici, naturali») , Minus.log pongono al centro dell’attenzione un progetto che trasforma la conoscenza del mondo in dissoluzione della compattezza, in sospensione metafisica e a tratti romantica, in poetica leggerezza, in morbida pensosità.
Come luoghi che contengono al loro interno tutti i luoghi del mondo (sono luoghi della mente, sono luoghi di riflessione e di dislocazione, sono luoghi immaginari e immaginati), i controspazi che troviamo nei loro acquerelli e che ci accompagnano per farci toccare con mano le infinite possibilità dell’imprevedibile, sono, mi pare, terreno in cui si concentra tutto il potere della śūnyatā (del vuoto, della vacuità appunto) accostata ai principi generali di armonia (Wa, 和), di rispetto (Kei, 敬), purezza (Sei, 清) di tranquillità (Jaku, 寂), di yūgen (幽玄, il fascino sottile legato all’enigma e all’eleganza), il wabi (侘, la povertà inseguita, la bellezza del disadorno o anche il sabi (寂, la patina che avvolge di fascino gli oggetti) . «Pochi gesti, poche tracce soltanto per accennare dei luoghi scarnificati che potrebbero essere ovunque e in nessun posto allo stesso tempo», si legge in un testo che il duo ha scritto per raccontare la serie dei Nonluoghi: «è l’invito in una terra di nessuno, in cui i lavori siano semplicemente degli input per esplorare il proprio infinito archivio di immagini, forme ed emozioni, attraverso una danza percettiva che vede l’alternarsi infinito di figura e sfondo, costruzione e casualità, flusso e cristallizzazione» .
Partendo proprio dall’acquerello il nuovo progetto di Minus.log presentato oggi al Tomav si infila in un canale linguistico che spinge la progettualità oltre i bordi d’un silenzio latteo e ovattato, reso geometrico o anche spigoloso, addomesticato in griglie che intensificano l’eco chiara di unità minime di senso – quelle che Filiberto Menna ha individuato come figure – dove la ricerca del segno sottile si interseca con volumi e superfici che trasformano lo spazio in un contenitore muto (accogliente), in uno schermo sconfinato, in un contesto plastico ad alta temperatura estetica. Minus.log muove dal desiderio di rappresentare l’irrapresentabile, di solidificare il silenzio della mente trasportandolo da uno stato di vuoto apparente a uno di materica pienezza, teso a trattenere al suo interno tutta la forza evocativa d’un tempo che si deposita, come materia, sulla carta. Ogni singola opera di questo loro nuovo racconto pensato per i tre piani della Torre eptagonale di Moresco è una potente rete di rapporti invisibili e impalpabili il cui andamento narrativo porta a atmosfere che richiamano – fanno eco a – un paesaggio sospeso, muto, calmo, silente. Abbiamo, in questo percorso che si presenta come un polittico esploso, due delicati Nonluoghi (2022), un Soft inkjet (2022), cinque meravigliose Silent windows (2023), quattro indimenticabili Altered sun (2023) e due aggettanti Alma (2023) in cui la rarefazione dell’immagine ci invita a evocare le langage de l’espace, a toccare i bordi di un campo che corrode ogni limite, a entrare in un mondo senza riferimenti geografici e dove il tempo tace – per intensità questi loro lavori mi fanno pensare al crudo azzurro di quel Coretto (Cappella segreta) affrescato da Giotto (siamo tra il 1304 e il 1306) alla Cappella degli Scrovegni Padova. «Il silenzio, il bianco, permettono di percepire ogni minimo suono, ogni piccola sfumatura», suggerisce Minus.log in una conversazione tenuta con Leda Lunghi. «Il silenzio però è soprattutto uno spazio mentale che puoi ritrovare anche nel traffico di Milano o mentre stai lavorando. È una possibilità sempre presente. Non vogliamo creare un mondo ideale nel quale passare un po’ di tempo libero, quello che ci rende davvero felici è quando qualcuno porta con sé questo silenzio e lo fa proprio» per sentire la propria mente che vaga in un discorso senza nome.