Mirabili fantasie
La collezione di opere in mostra di autori ampiamente storicizzati, come Pollock, Mirò e Fontana, rappresenta uno dei punti più alti di una dialettica che ha visto la città spesso al centro della fenomenologia dell’arte contemporanea dai tempi delle cosiddette Avanguardie Storiche.
Comunicato stampa
Inaugura giovedì 19 luglio, alle ore 19.00, da Nea (via Costantinopoli 53 – piazza Bellini 59) “Mirabili fantasie”: opere di Jackson Pollock, Joan Mirò e Lucio Fontana. La mostra, curata da Pasquale Lettieri, sarà aperta fino al 30 settembre (N.B.: Nea chiude dal 13 al 26 agosto 2012) ed è patrocinata dal Comune di Napoli. In occasione dell'opening, Peppe Capasso introdurrà l'azione di teatro minimo " Didone abbandonata", che si terrà a settembre negli spazi Nea.
Napoli appare come una condizione emblematica della modernità, un miscuglio inestricabile di ascese e di cadute, attraversata da molteplici influenze. Da un lato, è luogo della gloria e dall’altro, è luogo del martirio, in una trama che non ha mai confini netti, bensì contaminazioni.
La collezione di opere in mostra di autori ampiamente storicizzati, come Pollock, Mirò e Fontana, rappresenta uno dei punti più alti di una dialettica che ha visto la città spesso al centro della fenomenologia dell’arte contemporanea dai tempi delle cosiddette Avanguardie Storiche. I tre artisti presentano un tratto comune inequivocabile: l’avanzamento. Mirò irrompe con semplicità e forza segnica nella scomposizione della figura. Pollock si allontana, per primo, dai tonalismi da cavalletto nel trionfo della pittura d’azione. Fontana taglia la tela come prova di un irriverente atto mentale.
Il secondo dopoguerra ha portato alle estreme conseguenze gli sperimentalismi dell’arte contemporanea. Nel trionfo dell’arte concettuale, fatta di minimalismo, di gesti, segni, quasi invisibili, tutto è imploso in un ante e in post, che ha fatto scattare quella che nel novecento è stata una forte pendolarità, tra processi freddi e processi caldi, dal Futurismo all’astrattismo, alla Pop art, dal Concettualismo pauperistico, ad un ritorno alla pittura, alla scultura, al cinema e al teatro degli anni Ottanta. Un’esperienza che non è pura illusione, ma che si misura con le nuove connotazioni di ricchezza e povertà, di mobilità sociale e di stagnazione. Una stagione di grande cultura, produttività ed economia che ha fatto di Napoli, non solo la città dolorosa di Anna Maria Ortese o l’evanescente del folclore dei vicoli, ma un crocevia mondiale a specchio con New York, Parigi e le grandi metropoli del mondo.
Mettere in mostra a Napoli “Mirabili fantasie” significa verificare la forza straordinaria di un fronte dell’intelligenza e del lavoro, coniugato con l’arte e la tecnologia, in sintonia con una categoria moderna per eccellenza che è l’arte, che sono gli artisti, forti e inguaribili assertori di un'unione sacra tra teoria e prassi, continui fondatori e rifondatori della loro genealogia di nomadi ed erranti, vocati a dare luce ai grandi spazi e ai segreti luoghi della vita. Con essi si devono misurare sociologi e urbanisti, architetti e paesaggisti, per fare in modo che il nostro destino non sia quello dei tristi custodi di un passato grande di cui s’è persa la chiave, ma di protagonisti pronti a segnare il proprio passaggio, con forme durature di monumenti del nostro tempo.