Mistica
Tre artiste che analizzano il loro mondo con linguaggi diversi, per certi versi poco assonanti ma in un dialogo che stimola il confronto tra le diverse modalità espressive.
Comunicato stampa
Tre artiste che analizzano il loro mondo con linguaggi diversi, per certi versi poco assonanti ma in un dialogo che stimola il confronto tra le diverse modalità espressive.
È “MISTICA”, terza mostra del programma della Vittorio Rappa Project Room, il salone espositivo temporaneo del gallerista milanese Vittorio Rappa, che ha scelto Palermo come città ideale per coniugare momenti espositivi e ricerca artistica con particolare attenzione agli artisti emergenti e “middle career”. La VR Project Room dall’apertura nello scorso mese di maggio è diventata in pochi mesi un punto di riferimento nella mappatura degli spazi dedicati all’arte contemporanea in città, non soltanto come semplice spazio espositivo ma anche come una bottega d’arte e luogo di incontro di nuovi linguaggi contemporanei. Nei locali riportati alla vita dello storico Palazzo Raffadali nel centro storico di Palermo, dieci artisti italiani e internazionali si sono alternati e si alterneranno fino al prossimo novembre per esporre, in dialogo, le loro opere.
Dopo le prime bi-personali “Burrasca e Carbonio senza tempo” e “TWO/2” che hanno visto esporre insieme le coppie di artisti Andrea Stepkova/Gianandrea Poletta, ed Hernan Pitto Bellocchio/Luca De Leva, la VR Project room propone una mostra tri-personale.
In “MISTICA” le tre giovani artiste Grazia Inserillo, Matilde Solbiati e Roberta Mazzola si confrontano in un delicato e misterioso scambio quasi narrativo, intrecciano storie, fili, bronzi, sapone e molto altro.
Grazia Inserillo (Palermo, 1988), utilizza il medium tessile per indagare sulle sue radici, ricercando l'aspetto antropologico del suo essere e del suo abitare.
“Le opere di Grazia Inserillo mi hanno rapita e portata per pochi secondi a incontrare l’irraggiungibile. Ho potuto apprendere la delicata ma imponente lotta che l’artista fa con i misteri dell’inaccessibile, lotte che si materializzano in fili, trame e tessuti dai quali emergono i dolori e le sofferenze racchiuse nel cerchio dell’esistenza. Queste opere sono un inno alla bellezza del dolore, del sacrificio ma ancor di più alla forza dell’attesa. La consapevolezza, quindi, di un’attesa senza fine che supera l’idea della morte perchéé l’energia dello spirito non ha tempo e il tempo nelle opere di Grazia non esiste. Credo, inoltre, che ognuno di noi abbia vissuto o viva degli incontri con l’irraggiungibile, in tempi e modalitàà differenti. Il potere dell’artista è proprio quello di riuscire a tradurre con la mente e con le mani quello che per noi è solo una chimera e se ancora non siamo riusciti a dare un volto all’inarrivabile, le opere di Grazia ci indicano il percorso, con quel sottile filo che all’apparenza può sembrarci fragile ma che tiene legati mondi lontani senza spezzarsi mai”.
Scrive di lei il critico d’arte e curatore, Carla Ricevuto.
Roberta Mazzola (Palermo, 1990) presenta una selezione di lavori della serie “Registrazioni Liquide Permanenti”. Cinque sculture in bronzo realizzate attraverso la costituzione di un rapporto simbiotico con le correnti d’acqua. Le registrazioni del movimento di bacini d’acqua avviene mediante l’utilizzo della cera liquida: tentativo di materializzare la memoria di un movimento organico.
Le opere di Roberta Mazzola non sono definibili semplicemente “lavori”. L’artista è una raccoglitrice di memorie ataviche, che agisce in maniera assolutamente discreta e delicata sugli oggetti raccolti sulle montagne intorno a Castelbuono, suo luogo di fuga e di rifugio oltre che studio.
“Mossa da una forte empatia con gli elementi naturali e da un legame viscerale con la terra natia Mazzola, attraverso piccoli input e utilizzando materiali semplici, innesca processi lentissimi nei quali “coltiva” l’azione delle forze naturali in una sorta di collaborazione con l’ambiente. Forme delicate e sospese nel tempo sono ispirate alle pietre, alle piante o derivate dai movimenti dell'acqua e del vento. Come a voler evocare la memoria di un luogo l'artista estrapola elementi geologici dal territorio d'origine. Gli oggetti recano le tracce invisibili del suo non-fare: l’attesa, la meditazione, la quiete. L’artista, imprimendo un’aura mistica allo spazio espositivo, allestisce un luogo sacro in cui evocare energie lontane nel tempo e nello spazio, fuggendo e annullando ogni esigenza di catalogazione archeologica. Tutta la sua opera si fa metamorfosi di un sentimento ineludibile, ha il ritmo lento di un cuore pacato che non dimentica mai di ricordare. L’elemento naturale, vivo ed effimero, e il carattere imperituro della pietra trasferiscono il pubblico in una dimensione atemporale dove non si avverte più il bisogno di dare nomi o definizioni”. Roberta Randisi.
Matilde Solbiati (Milano, 1986) presenta un lavoro che prevede il coinvolgimento e l’interazione con il pubblico. “Saponette, 2015 – 2018”: sistema di memoria contenente 15 unità, rappresenta un tentativo di modifica della memoria associata a esperienze negative. Il visitatore è invitato a prendere una tra le unità-saponette esposte ed a utilizzarla per lavarsi le mani, per poi di reinserirla nel modulo.
Replicando, nella struttura e nella simbologia le edicole votive, le singole saponette rappresentano ciascuna un'unità di memoria collegata a una specifica esperienza vissuta.
Giocando da agente modificatore, ogni partecipante sarà in grado di trasformare la struttura memoriale dell’esperienza. […] "Lo scavatore il quale non sa mai che cosa gli darà la terra, puo' trovarsi a un tratto di fronte a una meraviglia.” tratto da Civiltà al sole, C.W. Ceram.
In mostra saranno presenti altre opere di artisti internazionali tra i quali Katinka Bock, Carlos Garaicoa, Stefano Cumia, Luisa Rabbia, Elisa Gallenca.