Modena e i suoi fotografi 1970 – 1945
Una mostra per raccontare gli artisti che hanno fatto di Modena la città della fotografia, attraverso un percorso di settanta immagini provenienti da importanti collezioni storiche cittadine.
Comunicato stampa
Una mostra per raccontare gli artisti che hanno fatto di Modena la città della fotografia, attraverso un percorso di settanta immagini provenienti da importanti collezioni storiche cittadine.
Si inaugura venerdì 13 settembre 2013, negli spazi espositivi dell’ex Ospedale Sant’Agostino di Modena, Modena e i suoi fotografi 1870-1945, primo capitolo di un progetto espositivo in due tempi dedicato alla città e ai suoi fotografi.
Prodotta da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, a cura di Chiara Dall’Olio, in collaborazione con il Museo Civico d’Arte di Modena, la mostra si propone di raccontare come a Modena la fotografia, nei suoi oltre 170 anni di vita, sia sempre stata praticata ad altissimi livelli, facendo di questo territorio uno dei luoghi maggiormente sensibili all’arte dei sali d’argento.
Dagli atelier Orlandini, Sorgato, Bandieri, Andreola, ai grandi fotoamatori come Ferruccio Testi e Francesco Carbonieri, le immagini selezionate non intendono semplicemente raccontare la storia della fotografia modenese o delle trasformazioni urbanistiche del territorio, quanto piuttosto offrire l’occasione di apprezzarne la qualità e il valore artistico. Per Modena, inoltre, sono state poche le occasioni in cui si è guardato ai fotografi della prima metà del XX secolo come autori, più che come narratori. Si è voluto quindi rendere omaggio all’arte fotografica che dalla fine dell’Ottocento è la vivace produttrice di una cultura visuale di cui Fondazione Fotografia Modena è l’ultimo prodotto in ordine di tempo.
Alcune premesse sono fondamentali per leggere il lavoro dei sei autori che sono stati scelti come i più rappresentativi della fotografia modenese fra il 1870 e il 1945: Sorgato, Orlandini, Bandieri, Andreola, Testi, Carbonieri. Innanzitutto, il gruppo di autori in realtà è più ampio rispetto ai nomi presentati, perché all’interno degli atelier lavoravano diversi fotografi che non sempre è possibile identificare. Lo studio di più antica tradizione è quello dei Sorgato, in cui si avvicendano il padre Gaetano e il figlio Ferruccio, e dove operano come apprendisti altri fotografi. Lo studio Orlandini, nato quasi contemporaneamente ai Sorgato, vede avvicendarsi negli oltre 100 anni di attività, almeno quattro componenti della famiglia alla direzione, da Pellegrino, ai figli Enrico e Umberto, al figlio di questi Carlo, oltre a numerosissimi apprendisti. Emblematico il caso dello studio Bandieri, in cui padre e figlio, Benvenuto e William, lavorano insieme per quasi trent’anni, al punto che è pressoché impossibile distinguere le due visioni.
Il legame fra i fotografi professionisti è molto forte, al di là dei vincoli di parentela, perché ognuno di loro ha appreso il mestiere dall’altro: Gaetano Sorgato (che a sua volta ha imparato dal fratello Antonio) è il maestro non solo del figlio Ferruccio, ma anche di Pellegrino Orlandini, che formerà il figlio Umberto, che a sua volta trasmetterà l’arte della fotografia al figlio Carlo e a Benvenuto Bandieri. É fin troppo evidente come, oltre alla pratica, siano stati tramandati anche gli schemi compositivi e l’iconografia di stampo primo Novecento per tutta la metà del XX secolo. Molto diverso invece il caso di Andreola, o dei fotoamatori Testi e Carbonieri che, imparando l’uso della macchina fotografica da autodidatti, sviluppano una visione autonoma e una personale interpretazione dell’arte fotografica.
Sicuramente le due figure più influenti e artisticamente più rilevanti, sono state quelle di Umberto Orlandini e Salvatore Andreola. Differenti per formazione e impostazione del lavoro - fotografo e direttore d’atelier, editore, sperimentatore con un’eccellente visione estetica il primo, ritrattista e teorico del valore artistico e psicologico della fotografia il secondo – hanno in comune la passione per la fotografia come espressione artistica. Prova ne è il fatto che entrambi pongono le basi della propria ricerca personale nella fotografia pittorialista, il primo movimento che a livello internazionale alla fine del XIX secolo si concentra sulla realizzazione di immagini ai sali d’argento simili per composizione e utilizzo della luce alle pitture. Lo scopo era quello di dimostrare come la fotografia potesse essere un linguaggio artistico, al di là della meccanicità insita nella sua realizzazione. Umberto realizzò diverse stampe di sapore pittorialista intorno al 1905 che ricevettero riconoscimenti nazionali. Andreola arrivò solo negli anni Venti, ma la sua ricerca, non condizionata come quella di Orlandini dalle esigenze della gestione commerciale di uno studio con più di 10 collaboratori, approfondì le tematiche della luce e della ricerca artistica in maniera più completa e con risultati davvero eccelsi. Anche Ferruccio Sorgato fece diversi lavori pittorialisti, ma sembra che quel tipo di spinta verso una fotografia più moderna non abbia trovato spazio nel lavoro di atelier.
I fotoamatori come Testi e Carbonieri, entrambi appartenenti alla fascia benestante della società modenese, scelgono di fotografare ciò che più li attira e attraverso il loro sguardo ci restituiscono la vita quotidiana, le persone e i loro hobby, come le competizioni sportive. Non è un caso che la figura umana sia protagonista nelle immagini di ricerca personale di Umberto Orlandini, quasi a testimoniare che, liberi dal giogo del dovere, anche i professionisti si dedicano alla rappresentazione più autentica della vita, realizzando al contempo i loro migliori risultati artistici.
La mostra Modena e i suoi fotografi 1870-1945 sarà inaugurata in occasione del Festivalfilosofia, che si svolgerà dal 13 al 15 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo e sarà dedicato al tema “amare”. Come emerge dalle opere in mostra, l’espressione dei sentimenti ha connotazioni estremamente formali nella fotografia modenese di inizio secolo, dovute al pudore e alla riservatezza dell’epoca. L’affettività si traduce in gesti minimali, come la mano femminile che sfiora il braccio del consorte, o nella dolcezza dello sguardo che trapela dai ritratti di famiglia.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo di grande formato, edito da Skira, che conterrà tutte le immagini riprodotte a piena pagina e testi esplicativi sulla fotografia a Modena e sui singoli autori. Il libro costituirà il primo volume di un cofanetto, da completare successivamente con il catalogo della mostra “Modena e i suoi fotografi 1950 – 2000”, che si terrà a partire dal mese di marzo 2014.