Modigliani e l’Ecole de Paris
Con la mostra Modigliani e l’École de Paris, si ripropone la collaborazione fruttuosa tra la Fondation Pierre Gianadda e il Centre Pompidou di Parigi.
Comunicato stampa
Con la mostra Modigliani e l’École de Paris, si ripropone la collaborazione fruttuosa tra la Fondation Pierre Gianadda e il Centre Pompidou di Parigi. Il prestigioso museo nazionale francese raccoglie in questa rassegna, che la sua direttrice Catherine Grenier ha voluto costruire attorno all’Ecole de Paris e alla figura emblematica di Modigliani, numerosi capolavori provenienti dalle sue magnifiche collezioni. E se Modigliani è indubbiamente il centro focale della rassegna, molto ben rappresentata risulta l’avanguardia parigina di quegli anni.
L’ École de Paris
Negli ultimi decenni del XIX secolo, l’insegnamento delle scuole di Belle arti non trova più grandi riscontri. La campagna e i boschi attorno alla capitale francese sono celebrate da pittori appassionati della luce e della pittura en plein air: gli impressionisti. Questo movimento apre le porte alle rivoluzioni artistiche che seguiranno. A partire dall’inizio del XX secolo, Parigi diviene una vera calamita, un faro, e attira gli artisti da tutte le parti del mondo. I musei sono apprezzati, l’architettura della città è piacevole, vi si respira un’aria di libertà e la gioia di vivere. Tutti questi elementi contribuiscono alla fioritura dell’arte. Parigi diviene un foyer artistico con poli di attrazione particolari come Montmartre, ben presto soppiantato da Montparnasse. Infatti dal 1900 alla prima guerra mondiale questi quartieri vedono affluire artisti, in particolare stranieri, molti dei quali provenienti dall’Europa dell’est. Da sempre ad uso contadino, le stalle e i depositi si trasformano in atelier per i pittori. I bar prendono piede e questi esuli si ritrovano al Dôme e alla Rotonde per confrontarsi sulla loro passione per l’arte e anche sulla miseria in cui vivono. Con il conflitto mondiale del 1914, i legami si spezzano bruscamente. Gli artisti francesi, italiani e tedeschi sono mobilitati, alcuni non torneranno più. Ma, finita la guerra, una fauna sempre più cosmopolita di artisti e di fêtards (festaioli) si ritrova: Pascin, Soutine, Foujita, Van Dongen, Derain, Modigliani,… Montparnasse diventa un vero crogiuolo dell’arte. L’apporto di tutti questi pittori stranieri, spesso ebrei, è innegabile nell’evoluzione dell’arte che trasforma Montparnasse nella “Babele dell’arte”. È nel 1925 che André Warnod, giornalista di Figaro, usa per la prima volta l’espressione “École de Paris” per designare gli artisti di Montmartre e di Montparnasse. Questa “École de Paris” non fa riferimento ad alcuna scuola, ma riunisce i pittori e gli scultori che hanno contribuito a fare di Parigi un luogo di grande creatività artistica e una capitale internazionale dell’avanguardia.
Alcune opere cubiste
È a Montmarte che Picasso fa il suo primo attacco alla storia dell’arte: nel 1907 egli dipinge Les Demoiselles d’Avignon i cui corpi sembrano tagliati a colpi d’ascia, con sguardi inquietanti, piedi smisurati, mentre dall’insieme si desume una brutalità che fa pensare a una caricatura barbara. Una nuova sorgente d’ispirazione per Picasso: la scoperta dell’arte negra al museo del Trocadero. Quest’opera si rivela per lui come “la sua prima tela d’esorcismo”. La prospettiva è sghemba e si assiste alla distruzione della figura umana. Il seguito: la riduzione di tutte le forme a figure geometriche. Nel 1908 Louis Vauxcelles, ispirato da Les maisons de l’Estaque di Braque taccia questa pittura di “petits cubes” (piccoli cubi): è il punto di partenza del cubismo. Nella mostra della Fondation Gianadda numerose composizioni segnano la storia di questo movimento, fra cui un capolavoro del periodo del cubismo analitico: Le Guitariste, 1910, di Picasso, con una frammentazione radicale del soggetto e dei piani scomposti in sfaccettature multiple, il tutto rappresentato con una tavolozza ridotta a toni di terra. Quando poi Picasso, con la sua scomposizione dell’oggetto approda quasi alle rive dell’astrazione, Juan Gris con la sua Nature morte au livre del 1913, riconsidera il passo cubista, recuperando colori vivi e la ricostruzione dell’oggetto. Quanto a Fernand Léger, affascinato dalla rivoluzione industriale e dalla tecnica, dipinge nel 1918 Le mécanicien, in una declinazione cubista dallo stile compatto e semplificato.
Utrillo, Brancusi, Modigliani. E tutti gli altri
Ritorniamo a Montmartre, con la sua vita movimentata dove il Lapin Agile diviene luogo di incontro di poeti, musicisti, umoristi, studenti e pittori. Nel 1910 Utrillo immortala il celebre cabaret situato sulla riva nord della Butte con un olio Le Lapin Agile in una atmosfera tipica del suo stile di quegli anni: strada deserta, alberi ridotti a scheletri, barriera sbilenca raffigurati in una tonalità un po’ grigia, dove il tutto porta a un’opera piena di fascino.
Brancusi è arrivato a Parigi nel 1904 a piedi dalla sua Romania - passando per Martigny! Zaino sulle spalle e un bicchiere in tasca. Dopo studi secondo tradizione, si evolve a partire dal 1908 verso forme sempre più semplici e spogliate. Margit Pogany, giovane artista ungherese, gli ispira la sua prima Danaïde nel 1910, ripresa in bronzo nel 1913: testa china su un piccolo collo, ridotta all’essenziale, “tutta negli occhi”. Nel 1906, il “pastore dei Carpazi”, come era chiamato, incontra il pittore e scultore Modigliani, con cui instaura una solida amicizia. Insieme alla cité Falguière, essi ricorrono al taglio diretto, di cui è buona testimonianza in mostra la Tête de Femme, in pietra del 1912. Con riferimento alle maschere africane, lontano dal modello di Rodin, Modigliani accentua i tratti verticali con una linea del naso esageratamente allungata, una bocca inesistente, risolutamente chiusa, il tutto evoca una effigie ieratica persa nella contemplazione. Ma Modigliani è anche quell’artista molto personale, lontano dalle turbolenze dei movimenti d’avanguardia, che si dedica soprattutto a dipingere dei ritratti con la testa inclinata, l’espressione malinconica, con un atteggiamento gotico che rimanda a Botticelli. Con quindici opere, da cui si deduce una sensibilità conturbante, Modigliani è ben rappresentato sulle pareti della Fondation.
Nel 1917, installato in rue de la Grande-Chaumière a Montparnasse, Modigliani era vicino di Soutine, Lipchitz, Kisling, Survage, pittori pure esposti a Martigny. E i visitatori potranno inoltre confrontarsi con opere di Matisse, Derain, Chagall, Zadkine e di numerosi altri artisti dell’École de Paris.
Un grande momento della storia dell’arte, quindi, per la prossima estate alla Fondation Gianadda, che introdurrà il pubblico nei primi vent’anni del secolo scorso in una Parigi invasa da artisti di talento.
Antoinette de Wolff-Simonetta
La mostra è curata da Catherine Grenier, directrice-adjointe del Centre Pompidou, e il catalogo riproduce a colori tutte le opere esposte .