Monica Pirone – In the name of the father
In the Name of the Father, mostra di Monica Pirone, che prende spunto dalla storia personale del rapporto contraddittorio col proprio padre per allargare lo sguardo a temi della sfera collettiva.
Comunicato stampa
In the name of the father
di Monica Pirone
a cura di Giò Montez
Testo di Claudia Pecoraro
dal 15 giugno al 12 luglio 2023
vernissage 15 giugno ore 18,30
Atelier Montez
via di Pietralata 147/a, Roma
audio installazione di Angelo Secondini
video documentario di Gattonudo production
Dal 15 giugno fino al 30 settembre a Roma prende il via un progetto innovativo dal titolo Sprawl a cura di Giò Montez.
“Atelier Montez presenta una trilogia di mostre, articolate secondo un meccanismo fluidamente concatenato che diventa narrazione unica, come fossero tre capitoli dello stesso romanzo.
Ad abitare lo spazio, due artisti, Monica Pirone e Sergio Angeli, noti per la loro produzione individuale ma che da anni lavorano anche in duo sotto il nome di 4HANDS.
Fil rouge dei tre atti è l’audio-installazione del musicista Angelo Secondini, che ha concepito un lavoro site-specific seguendo da vicino il lavoro di Monica Pirone e Sergio Angeli fin dalla sua ideazione.
Incipit di questo progetto integrale è In the Name of the Father, mostra di Monica Pirone, che prende spunto dalla storia personale del rapporto contraddittorio col proprio padre per allargare lo sguardo a temi della sfera collettiva. La riflessione dell’artista è nata a seguito della morte paterna, da cui ha preso avvio una introspezione nella profondità del dolore o della sua assenza, tra le pieghe di una relazione dolcissima ma costellata di contrasti, che ha implicato anche considerazioni sul potere maschile e sull’abitare.
Il tema della casa, vissuto dalla famiglia Pirone prima come fonte di grandi gioie e benessere e successivamente di turbamenti e sofferenza, è il soggetto di questa mostra, proprio nella sua ambigua accezione di conforto, di possibile gabbia, quando non teatro di violenza.
Solitudine alienazione amore malinconia sono i sentimenti protagonisti di piccole installazioni che riproducono stanze, ambienti domestici dove il bianco domina ad annullare ed esaltare gli arredi. Di tanto in tanto, del tulle color carne fa la sua comparsa quale astrazione dell’elemento umano che si amalgama o diventa a sua volta fiore, lampadario, fiume in piena. Sulla parete di fondo di ogni stanza compaiono, come lampi che accendono significati, alcuni stralci di frasi poetiche estratte dai diari del padre dell’artista, che per tutta la vita ha ossessivamente scritto di suo pugno o ricopiato passi da libri di storia, di filosofia, saggi.
Il rapporto con l’elemento maschile ricorre anche nei modellini di diverse tipologie di edilizia abitativa, dalla villetta aggraziata alla palazzina borghese che conserva tutto sommato una sua umanità, fino al popolare fabbricato-alveare e addirittura alle macerie. La natura, se è presente, è ridotta all’osso, vittima di quel che le succede intorno. Dalla realizzazione positiva alla catastrofe, la messa in scena rappresenta sottotraccia la responsabilità di uomini in posizioni di potere che hanno deciso le sorti di vite altre, nella sfera privata, pubblica, globale.
In questo percorso sentimentale, dove il personale è più che mai politico, Monica Pirone ha voluto rendere un vero e proprio omaggio al padre, elaborazione poetico-onirica di un ricordo preciso legato ai suoi ultimi momenti di vita. Una sorta di nitida apparizione, dal letto d’ospedale, di piazza Navona, luogo natio, è rievocata nell’unica installazione a scala naturale di tutta la mostra: «Ho voluto recuperare immagini anni Cinquanta del suo luogo d’infanzia, per video-proiettarle, rielaborate e scomposte, davanti a un letto bellissimo, antico e prezioso”...
(Claudia Pecoraro)