Monica Pirone – Le ali di carta
Mostra personale.
Comunicato stampa
Quando nelle Metamorfosi di Ovidio viene strutturato e messo in pagina il mito di Dedalo e Icaro che, fuggiti dal labirinto, possono finalmente volare, il portato simbolico della narrazione si gioca su due estremi: il mondo come labirinto, materia, costruzione segnica della parola e del nome e dall’altro l’origine, il sole, la luce del Divino, l’essere. La disposizione simmetrica di Dedalo e Icaro rispetto al volo è evidente: via mediana tra cielo e terra, Dedalo, desiderio folle di tornare all’origine, per il giovane Icaro.
Le ali di cera del volo di Dedalo e Icaro non possono che evocarci il titolo della nuova personale di Monica Pirone, intitolata non a caso Le ali di carta che si inaugura il 7 aprile nella galleria Incinque Open Art Monti a Roma.
In mostra il risultato di una lunga ricerca dell’artista romana, cominciata nel 2019 attraverso il collage e tecniche miste che mirano a ricostruire costellazioni di memoria, utilizzando fotografie di persone sconosciute, libri abbandonati o svenduti, bottoni, pezzi di carta, biglietti di treno, cartoline, lettere, etc.. Come in una spirale onirica, la pratica artistica di Pirone si nutre di ogni materiale possibile, stoffe, ricordi, carte, colori.
Se l’elemento costellato del collage assume la rilevanza frammentaria di un labirinto segnico senza né struttura né architettura, mancante quindi di “dedalo”, l’artista si propone, attraverso il vortice ascensionale della propria immaginazione di riportare i frammenti alla loro dimensione di memoria originaria, ma non personale, quanto collettiva e addirittura archetipica.
I vecchi frammenti vengono dunque ri-vivificati e portati in vita come fantasmi mitografici, tuttavia è anche vero che l’artista-Dedalo deve rifuggire dalla tentazione di presumere l’esistenza “reale” di siffatta origine. La carta, dispositivo materico delle immagini, diventa proprio a partire dal titolo supporto della rievocazione mnestica.
In modo ancora più evidente questo processo di fuoriuscita dell’immagine nell’immagine è evidenziato dai pop up, vero e proprio fulcro concettuale del lavoro di Pirone. Nati come via di mezzo tra libro e scenografia cartacea, i libri animati non sono solo altri elementi mnemonici che richiamano l’infanzia e la formazione dell’artista, ma anche una via di mezzo fra letteratura e teatro. Il libro, come supporto, si apre e si mostra attraverso le parole. Il teatro ottiene lo stesso effetto attraverso il sipario e la scenografia. Sia la copertina del libro sia il sipario assumono le vesti di ali che si dispiegano, ma l’effetto sarebbe incompleto senza lo stato di presenza-assenza umana. Le figurette che si animano all’apertura dei pop up di Monica Pirone assumono dunque sembianze di attori e immagini fotografico-pittoriche. Attori inanimati ma non per questo meno veraci e carnali. Se la schiagrafia greca era un fondale da cui far emergere la realtà allegorica del mito, questo elemento nei pop up si lega al grande macchinismo del teatro barocco, come quello di Gian Lorenzo Bernini, il cui genio scenico sia nel teatro che nella scultura si basa sul far uscire, vivificare, la memoria collettiva del mito in presenza umana e carnale, anche nei suoi lavori più rarefatti come l’Estasi di Santa Teresa in Santa Maria della Vittoria.
Il teatro dunque, momento formativo del percorso artistico di Monica Pirone va considerato come emersione, non tanto del rimosso, quanto della vita memoriale dell’esistenza umana.
Francesco Rosetti