Monika Grycko – Indagine a corpo libero
L’opera di Monika Grycko è sempre centrata sul corpo, materia prima del simbolico, fonte di immagine e di progetto.
Comunicato stampa
In occasione di Art City White Night 2017 Crete pièce unique presenta la personale di Monika Grycko.
Allestita nella Manicalunga dello spazio bolognese a cura di Elisabetta Bovina e Studio Elica, la mostra di quest’ artista di origine polacca ma residente in Italia, presenta tre diverse installazioni con pittura, scultura, fotografia.
L’opera di Monika Grycko è sempre centrata sul corpo, materia prima del simbolico, fonte di immagine e di progetto.
La sua è un’operazione installativa a forte impatto visivo.
Ambiguità e concretezza del reale, per ottenere come effetto il disorientamento.
Una lettura inquietante e scientifica, analitica, anamnesi del corpus e del corpo. Quest’ultimo scolpito, modellato, dipinto, rappresentato sempre, in allestimenti o apparecchiature a scopo conoscitivo, costante indagine del contemporaneo.
Ogni progetto di Grycko ha come oggetto l’umano odierno: il più sfrenato individualismo cuoce in un “brodo” dove alto e basso, bello e deforme, vivo e morto, sano e insano, piacevole e raccapricciante si mischiano indifferentemente per una soluzione finale che sembra non avere esiti positivi.
In realtà l’operazione di Monika Grycko è catartica e passa attraverso gli occhi vitrei dei piccoli cani di “Dogmaster”, i fondali piatti dove galleggiano oscuri e minacciosi sottomarini, gli U-Boot, le escrescenze larvali biancastre di “Metamorph”.
Tre diversi saggi sulla materia, tre diverse visioni o vedute in cui l’argilla fatta a scultura apparentemente congela lo spazio circostante ma apre nuove letture e piani di comprensione.
Il dato reale di Grycko, la figura-scultura, è sempre dominate, forte, potente nella sue espressione, difficile da ignorare per attrazione o repulsione.
Una contrapposizione continua di un bello che fa schifo, inquieta, turba, affascina, provoca, disturba.
La sua opera affonda le radici in una tradizione grottesca antica, riletta attraverso il neogotico e il trash, dove le contrazioni della materia sono le contrazioni del reale, in continua simbiosi, in costante dialogo, metamorfosi del dato reale e metamorfosi di significato e dove l’arte vola intorno alla verità.
Una fiaba postmoderna perché tutte le fiabe, come scriveva Kafka, provengono dalla profondità del sangue e dell’angoscia.
La narrazione di Monika Grycko però è fatta di linee morbide, colori soffici, neri a contrasto. Nessuna soluzione finale ma tante ipotesi che preludono anche al più classico “…e vissero felici e contenti”.
Elisabetta Bovina