Mons Jorgensen – This is not a fairytale
Vernacolare e universale, arcaica e multimediale. È l’opera di Mons Jorgensen (Rotterdam, 1968), artista multidisciplinare olandese di base a Londra, che arriva per la prima volta in Italia in occasione di ART CITY Bologna e della 50° edizione di Arte Fiera.
Comunicato stampa
Vernacolare e universale, arcaica e multimediale. È l’opera di Mons Jorgensen (Rotterdam, 1968), artista multidisciplinare olandese di base a Londra, che arriva per la prima volta in Italia in occasione di ART CITY Bologna e della 50° edizione di Arte Fiera.
A ospitare la personale dal titolo “This is not a fairytale”, dal 31 gennaio al 24 febbraio, sarà lo Spazio b5 Studio Store Creativo, curato dall’architetto Lorena Zuniga Aguilera e dal fotografo Michele Levis. Opere pittoriche in grande formato, fotografie in bianco e nero, cortometraggi, sculture e performance conquisteranno lo spazio espositivo che costituirà la porta di accesso fisica e metaforica al ‘meta-mondo’ con cui Jorgensen scava il quotidiano, in profondità ma sempre con grazia e leggerezza.
L’artista dalla formazione internazionale – Graduate Art Prize alla Central Saint Martins di Londra nel 2019, già selezionata da Saatchi Art London per The Other Art Fair – ha tuttavia scelto di esprimersi in un linguaggio ‘minore’, quasi dialettale, felicemente marginale, come spiega Marcello Tedesco nel testo critico della mostra, unendo una spiccata fluidità linguistica a forme refrattarie a rigide definizioni.
Il mito, la fiaba di tradizione nord-europea e la maschera – filo conduttore di questa prima esposizione italiana realizzata anche grazie alla collaborazione di Laboratorio delle Idee – sono il terreno che Jorgensen scandaglia nel suo lavoro: una memoria collettiva filtrata dalla sensibilità personale dell’artista e tradotta in immagini spesso bidimensionali, frontali e dalla composizione ipnoticamente rivolta al centro. Icone contemporanee generate da una concezione sacrale e insieme popolare del mondo, soglie di una dimensione “altra” in cui le identità fluttuano in perpetua metamorfosi. Da qui derivano l’interazione sensuale tra mondo vegetale, animale e umano, l’indagine sull’alter-ego e il mascheramento. In una dimensione che si avvale del significato originario del mito come veicolo di contenuti altrimenti inesprimibili.
Il percorso espositivo presenta sette acrilici e pastello su tela di grande formato, sette fotografie in bianco e nero, tre cortometraggi che saranno proiettati all’interno di particolari dispositivi costruiti per attivare una visione consapevole dell’opera e una scultura di argilla polimerica e corda. Mezzi espressivi diversi esplorano il potere trasformativo della maschera che nella poetica di Jorgensen non è mai finzione, ma supporto catalizzatore, rivelatore, amplificatore di identità e di percezioni.
«Questa serie di opere nasce in un bosco antico dove mi sono trovata a indossare una maschera cieca – racconta l’autrice –. Una volta perso il contatto visivo con l’esterno, la mia immaginazione ha preso il volo: “chi si avvicina? È un uomo o un cervo venuto a investigare? Sono dei pappagalli quelli appena atterrati sull'albero sopra di me, o è la foresta intorno che si sta trasformando in una giungla? Ero lì per un progetto di registrazione, ma ho capito che ciò che stava accadendo nella mia mente, accesa da quella maschera che mi copriva il volto, era molto più interessante di tutto il resto. Ed è questo che vorrei restituire a chi verrà a trovarmi a Bologna».
Il pubblico potrà vivere la stessa esperienza nell’ambito della performance realizzata in collaborazione con la Scuola di Teatro Colli, con la regia di Emanuele Montagna, la partecipazione degli attori Asia Galeotti e Riccardo Quarta e la collaborazione di Gian Marco Foschini, in programma con doppio appuntamento il 31 gennaio e il 3 febbraio, in occasione dell’opening della mostra e di ART CITY White Night. I presenti saranno divisi in attori e spettatori, separati da una parete con dei fori da cui guardare attraverso. Gli attori saranno invitati a indossare una maschera cieca e un mantello e saranno sollecitati a percepire l’ambiente sperimentando il potere trasformativo dell’immaginazione senza l’uso della vista. Ma con la sensazione di essere osservati, perché gli spettatori potranno farlo grazie ai fori praticati nella parete ad altezze volutamente scomode, per attivare la consapevolezza dell’atto del vedere.
Due delle opere in esposizione – Schembart Miro, fotografia, 2018 e Merfish, acrilico e pastello su tela, 2023 – faranno parte di un’asta silenziosa il cui ricavato sarà devoluto all’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza Onlus: fondato a Bologna nel 1881 è attivo in tutta Italia sui temi dell’integrazione, della formazione, della riabilitazione e dell’autonomia delle persone non vedenti e ipovedenti.
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