Nan Goldin – I’ll be your mirror
“I’ll be your mirror”, breve film prodotto dalla BBC nel 1995, è ancora oggi considerato uno dei documenti più articolati e precisi sulla storia personale e sul lavoro dell’artista statunitense Nan Goldin, che ne curò personalmente la regia, in collaborazione con l’amico di sempre David Armstrong e il documentarista inglese Edmund Coulthard.
Comunicato stampa
"I'll be your mirror", breve film prodotto dalla BBC nel 1995, è ancora oggi considerato uno dei documenti più articolati e precisi sulla storia personale e sul lavoro dell'artista statunitense Nan Goldin, che ne curò personalmente la regia, in collaborazione con l'amico di sempre David Armstrong e il documentarista inglese Edmund Coulthard.
La pellicola ricostruisce l'intera carriera dell'artista, dai suoi esordi nei primi anni '70 fino alla metà degli anni '90, periodo in cui si affaccerà potentemente sulla scena artistica internazionale, proponendosi come una delle figure più influenti in ambito fotografico e non solo. A quegli anni, infatti, risale la sua prima importante retrospettiva di mezza carriera, ospitata dal Withney Museum of American Art, mostra che la consacrerà definitivamente sulla scena contemporanea, garantendole una popolarità di pubblico e critica che ancora oggi non ha eguali tra gli artisti viventi.
Il film può essere considerato come una sorta di riuscito prolungamento del suo lavoro, fondato com'è sulla viva voce degli amici più intimi e dei protagonisti dei suoi scatti più celebri, conservando in ciò una rara freschezza di documento di vita e di dialogo sincero tra le parti.
Bruce Balboni, David Armstrong, Greer Langkton e molti altri raccontano in dettaglio e con un'umanità sorprendente la loro amicizia con l'artista, permettendoci uno sguardo disincantato e realistico dietro le quinte dell'opera d'arte, sguardo spesso giocato su toni volutamente sentimentali e malinconici.
"I'll be your mirror" è un'opera di Nan Goldin a tutti gli effetti, e della Goldin conserva l'ironia e il romanticismo, trasportandoci in un'epoca conflittuale e drammatica.
Nan stessa, come una sorta di Virgilio moderno, ci accompagna passo passo dai suoi esordi bostoniani alla esuberante New York degli anni '70 e '80, ci racconta in prima persona il dramma di un'intera generazione segnata dall'AIDS e dalla droga e ci accompagna tra le pieghe della controcultura giovanile di quegli anni, tra abusi, illusioni, grandi sogni e altrettanto grandi sconfitte.
L'opera autobiografica – il cui titolo è preso in prestito dal brano di Lou Reed - combinando riprese video e fotografie, racconti e interviste, come un diario immerge gli spettatori nei colori tenui che contraddistinguono il lavoro della Goldin, facendoli partecipi di un lungo e doloroso viaggio che ha sullo sfondo le musiche di The Velvet Underground, Patti Smith, Television e Eartha Kit.
È un breve film dal valore straordinario di documento intimo, utile più di tante parole nel restituirci la vita e il pensiero di un grande artista, ma anche il nitido ritratto di una generazione e la temperie e i fermenti di un'intera epoca, a noi così vicina, ma al tempo stesso così lontana nei modi e nelle energie intellettuali in gioco.
Lo struggente ritratto della vita e dell’opera di Nan Goldin è stato presentato al Festival Internazionale di Edimburgo e al Berlino Film Festival e ha vinto il Premio Speciale della Giuria al Prix Italia e il Premio come Miglior Documentario al Montreal Festival of Films and Art.
Il documentario verrà presentato nella sua versione originale in inglese con sottotitoli in italiano.
Nan Goldin è nata a Washington nel 1953, ed è cresciuta a Boston, dove ha frequentato la School of the Museum of Fine Arts. Vive a New York dal 1978, dove si afferma negli anni ’80 e ’90 come una dei maggiori esponenti di un’arte che ha rifiutato formalismi astratti e concettuali in favore di una identificazione totale con la vita, attraverso una completa immersione nelle culture delle minoranze sessuali e sociali. Gli eccessi di alcool, droga, amore e sesso, le relazioni etero e omosessuali, la costruzione delle identità sessuali nelle serie fotografiche dedicate alle sue amicizie nelle comunità delle drag queens di Boston e New York si alternano nella sua opera a immagini disarmanti che non risparmiano i momenti di maggiore vulnerabilità personale.
La violenta irruzione dell’AIDS nel corso degli anni ’80, che ha sconfitto molti degli anti-eroi protagonisti delle fotografie dell’artista, ha acuito il senso di perdita che caratterizza numerose sue immagini, ma anche la loro valenza sociale e politica: come attivista di Act Up, la Goldin ha organizzato la prima grande mostra sull’AIDS a New York nel 1989 e ha fatto parte del gruppo Visual Aids, che promosse la giornata mondiale sull’AIDS del primo dicembre. Negli ultimi anni, Nan Goldin ha rivolto il proprio occhio ad altre culture alternative o “irregolari”, come il mondo della prostituzione nelle Filippine o i giovani protagonisti della ventata di liberazione sessuale in Giappone, forse ricercando, in senso lato, i perduti compagni di strada.