Nardino Taddei – Opere 1994-2004
A undici anni dalla scomparsa dell’artista una mostra ospitata dal Museo del Paesaggio di Verbania nella sede di Casa Ceretti presenta una serie di opere dell’ultimo decennio di produzione, per la maggior parte inedite.
Comunicato stampa
A undici anni dalla scomparsa dell’artista una mostra ospitata dal Museo del Paesaggio di Verbania nella sede di Casa Ceretti presenta una serie di opere dell’ultimo decennio di produzione, per la maggior parte inedite. Più che un tributo commemorativo, questa mostra vuole consentire la giusta riscoperta di un’artista di sicuro talento.
Nato a Pallanza nel 1938, Taddei dimostra un precoce interesse per l’arte, di cui approfondisce progressivamente la conoscenza, e che lo porta, in vari modi, alla pratica del disegno e della pittura. A 14 anni decide di seguire il fratello maggiore Antonio con il suo "Circo Taddei"; questa esperienza, oltre a insegnarli l'arte circense gli da la possibilità di percorrere tutta l’Italia conducendolo a Pesaro dove entra in contatto con la cerchia degli artisti e dei vignettisti locali con i quali stringe un intenso rapporto che sarà fondamentale per la sua formazione d’artista.
Tornato a Verbania nel 1954, decide di studiare pittura con l’artista locale Giovanni Melloni. Tra le poche mostre documentate risulta una personale nel 1995 presso la Studio Rodari – Spirale Arte Piemonte di Verbania, dal titolo “Alla Ricerca dell’Assoluto”.
Nardino Taddei ha sempre lavorato nelle sue terre natali, quelle del Lago Maggiore, riscuotendo notevole consenso presso i collezionisti italiani e soprattutto quelli svizzeri e tedeschi che in questi luoghi soggiornavano. Muore il 26 febbraio 2004 per un’infezione conseguente a trapianto cardiaco.
Come sottolineato da Fabrizio Parachini, curatore della mostra: Le opere di Nardino Taddei esposte in questa mostra sono state realizzate, come testimonia la moglie Teresa, dal 1994 al 2004. Sono tutte rigorosamente senza titolo, senza data, non firmate di medie e grandi dimensioni. E questi dati sono già un’importate indizio per pensare, preliminarmente, al lavoro dell’artista come una creazione continua di immagini, concrete sia ben inteso nella loro corporeità, prodotte per andare a aggiungersi alle mille altre immagini del mondo e della storia dell’arte con cui dialogare, intrecciarsi, scontrarsi anche. (…) Per opere costruite in un tale modo, ovvero per accostamenti o sostituzioni di frammenti di immagini, scritte e campi di colore, non ha senso parlare di finitezza o incompiutezza. In prospettiva ogni opera può essere considerata finita ma potrebbe anche accogliere altri frammenti e altri colori in un continuo presente evocato o invocato come un flusso senza tempo.(…) Nardino Taddei ci parla sempre di esseri umani, visti sia nella loro identità corporee, il soggetto “figura”, sia attraverso le emozioni, le sensazioni e i vissuti di cui questi sono portatori. Le impressioni di fronte a un paesaggio si assommano alla percezione dei fatti e dei mali del mondo trasformati in icone visuali, alle domande sulla vita che si trasformano in fumetti, all’interrogarsi sulla propria arte e tutto questo non può che passare attraverso “l’esperienza del corpo”, proprio e altrui.