Naturale inclinazione
Incontri dedicati al pensare e al fare giardino nel mondo contemporaneo.
Comunicato stampa
La Fondazione Benetton Studi Ricerche, nel mese di settembre, pone anche quest’anno al centro dell’attenzione il tema del giardino, organizzando un ciclo di appuntamenti pubblici che, attraverso storie, luoghi, temi e linguaggi diversi, vogliono assecondare e alimentare quella “naturale inclinazione” che appare sempre più diffusa nella società attuale, un possibile antidoto alle tensioni e ai conflitti del nostro tempo, manifestazione concreta di nuove speranze e progettualità utili per coinvolgere tutti quelli che si sentono abitanti e parte attiva del “giardino planetario”, bene comune da custodire e trasmettere alle generazioni future.
La rassegna, a cura di Simonetta Zanon (paesaggista, Fondazione Benetton Studi Ricerche) e organizzata negli spazi Bomben di Treviso nelle giornate di venerdì 5, 12 e 19 settembre, si presenta come un invito a discutere, attorno a testimoni ed esperti che offrono sguardi inaspettati e pensieri provocatori, su temi come il nostro ambivalente rapporto con “lo straniero” nel campo delle scelte botaniche, la ritrovata dignità che, tra le mura di vecchie e nuove carceri può nascere dalla cura di un giardino e, infine, la scoperta di un mondo nel quale lo sguardo sulla natura – attraverso Lezioni di giardinaggio planetario – si rivela come chiave di accesso.
In programma una serie di appuntamenti aperti al pubblico, cui si affiancherà un seminario a invito dedicato agli addetti ai lavori. L’espressione “naturale inclinazione”, che riunisce sotto un comune denominatore i diversi incontri, è presa in prestito dal titolo della raccolta di scritti per la rivista online «Golem l’Indispensabile» di Ippolito Pizzetti (1926-2007), pubblicata nel 2006. A Pizzetti – figura luminosa di studioso e progettista del paesaggio e del giardino, uomo di cultura, imprescindibile e costante punto di riferimento del lavoro della Fondazione su questi temi – viene dedicata la rassegna.
Si inizierà venerdì 5 settembre alle ore 17.30 con l’incontro pubblico Campi, giardini e comunità carcerarie. Dalle colonie penali agricole dell’Arcipelago toscano al vivaio di Cascina Bollate con Mariapia Cunico (architetto e paesaggista, Università Iuav, Venezia), Susanna Magistretti (giardiniera, presidente della Cooperativa sociale Cascina Bollate, Milano) e Paola Muscari (paesaggista, studio BMB, Verona).
La relazione tra carceri e giardino e tra carceri e paesaggio si presta a molteplici letture che evocano immagini del passato fatte di isolamento e costrizione, prospettando al tempo stesso concrete possibilità di rieducazione e riabilitazione sociale attraverso pratiche legate alla cura dei luoghi e alla coltivazione della terra.
Nell’Arcipelago toscano piccole isole occupate per lungo tempo da insediamenti carcerari vivono oggi, in bilico tra progresso e memoria, una fase di svolta da economia agricola a economia turistica, da luogo di reclusione a luogo aperto a tutti. Laddove – si pensi a Capraia, a Pianosa, a Gorgona – la presenza del carcere ha segnato profondamente la storia del territorio e della comunità, i luoghi in qualche modo sono stati preservati dagli effetti dell’invasione turistica che altrove, a partire dal secondo dopoguerra, ha stravolto paesaggi e modi di vita, e hanno potuto mantenere una fisionomia che dichiara apertamente una tradizionale e radicata appartenenza alla terra. Ma oggi, in un contesto completamente diverso nel quale molte delle colonie penali agricole sono state dismesse, sono richieste nuove attenzioni e adeguati pensieri progettuali.
Intanto, nella casa di reclusione milanese di Bollate si sperimentano il potere straordinario del giardino e del rapporto con la natura nelle situazioni difficili e il contributo concreto che una nuova professionalità in questo campo, legata alla terra e alla cura, può dare per il graduale reinserimento sociale e la riconciliazione con il mondo fuori dal carcere e, prima ancora, con se stessi.
Gli incontri proseguiranno venerdì 12 settembre alle ore 18.
Elena Filini (giornalista e critico musicale) presenterà il libro Lezioni di giardinaggio planetario (Ponte alle Grazie, Milano 2014) e ne discuterà con l’autrice, Lorenza Zambon (attrice giardiniera, Casa degli Alfieri – Teatro e Natura, Castagnole Monferrato, Asti).
In giro per il mondo, negli orti urbani e lungo le pendici delle montagne, ai bordi delle strade e in mezzo ai deserti, ovunque brulicano instancabili i giardinieri. Mossi dall’istinto e dal piacere, seminano, trapiantano, mettono a dimora, accudiscono e ripuliscono: un esercito composito, idealista e determinato. Una di loro, Lorenza Zambon, ne ha riassunto ideali e possibili modalità d’azione in tre particolarissime e visionarie lezioni di giardinaggio, raccolte nel piccolo ma denso volumetto presentato.
Alle ore 21 si terrà lo spettacolo teatrale di e con Lorenza Zambon, Semi di futuro. Terza lezione per giardinieri planetari.
L’atteso terzo incontro del “corso” di auto coltivazione botanico/teatrale che segue alla Prima lezione di giardinaggio per giardinieri anonimi rivoluzionari e alla Seconda lezione per giardinieri planetari.
Qui si narra di semi che sono come piccole astronavi e che viaggiano nel tempo, di erbacce che ricuciono gli strappi nella rete della vita, di metropoli del futuro, dell’esplosione degli orti di città, delle verdure che colonizzano i balconi, del dilagare del guerrilla gardening, della semina di nuovi paesaggi. E si diffondono gli insegnamenti di maestri giardinieri insospettabili, piccoli giardinieri planetari privi di potere ma pieni di potenza. E ancora, si forniscono istruzioni per costruire un orto metropolitano da passeggio, per farsi complici di liberi semi.
La giornata di venerdì 19 settembre si aprirà alle ore 15.30 con il seminario a invito con José Tito Rojo (botanico, Università di Granada) Plantas extranjeras: invasoras o immigrantes? Piante straniere: invasioni o immigrazioni?
Interverranno Michela De Poli (architetto e paesaggista, studio Made, Treviso), Fabrizio Fronza (agronomo, Provincia Autonoma di Trento), Andrea Mati (musicista e paesaggista, Gruppo Mati, Pistoia), Tessa Matteini (architetto e paesaggista, studio Limes, Firenze), Giuseppe Rallo (architetto direttore presso la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici delle province di Ve, Bl, Pd, Tv), Michele Zanetti (naturalista, Associazione Naturalistica Sandonatese, Musile di Piave, Venezia). Coordina Luigi Latini (architetto e paesaggista, Università Iuav di Venezia-Fondazione Benetton Studi Ricerche).
Il dibattito e la contrapposizione tra vegetazione autoctona e alloctona, tra piante native e straniere, venuto alla ribalta soprattutto a partire dagli anni settanta in relazione all’evoluzione del pensiero ecologico, comprende molte questioni che portano ben più indietro nel tempo, dal culto delle specie esotiche che fin dall’antichità hanno arricchito la flora di giardini e parchi e creato un nuovo vocabolario paesaggistico, alla mania rinascimentale per il collezionismo e le rarità botaniche, agli scambi floristici, in particolare quelli fra vecchio e nuovo mondo, che hanno ridisegnato i paesaggi vegetali e la nostra alimentazione, per arrivare alla messa al bando delle specie “non native” attraverso vere e proprie liste di proscrizione e, sul fronte opposto, all’attuale elogio delle vagabonde e delle erbacce che, con le loro migrazioni alla conquista del mondo, delineano la possibilità di un nuovo rapporto con la natura.
È una discussione che non riguarda solo scuole e tendenze diverse nelle scienze agrarie, nell’architettura dei giardini e nella progettazione del paesaggio e che assume connotazioni evidentemente ideologiche che nel corso della storia sono addirittura sfociate in vera e propria xenofobia, botanica e non solo. In nome di legittime preoccupazioni sugli effetti negativi della globalizzazione e della banalizzazione del paesaggio, capita che si assegnino qualità più alte alle specie identificate come native e si persegua una ipotetica naturalezza e autenticità dell’ambiente che in realtà ben poco ha a che fare con quanto insegnano l’ecologia e la biologia evoluzionistica e che non porterebbe alcun contributo alla difesa della biodiversità, fondata anche sui processi di ibridazione e migrazione delle specie.
Alle ore 21 è in programma la proiezione del film Il giorno dei Trifidi (The Day of the Triffids)
di Steve Sekely (Inghilterra, 1962, 86’), con commento di José Tito Rojo.
La Terra viene colpita da una pioggia di meteoriti che sprigionano radiazioni accecanti e provocano l’ingigantimento di una specie di piante carnivore. Il giorno dopo tutti quelli che hanno assistito al fenomeno si ritrovano ciechi mentre in tutto il mondo si diffondono i trifidi, le enormi piante capaci di staccarsi dal terreno e di attaccare e divorare gli uomini. Il salvatore della patria sarà William Masen, ufficiale della marina mercantile inglese sopravvissuto alla notte dei meteoriti avendo gli occhi bendati dopo aver subito un’operazione e quindi ancora in grado di vedere i mostri verdi che hanno invaso la Terra e di evitare la fine del mondo.
Il film è tratto dal noto romanzo di fantascienza del 1951 The Day of the Triffids di John Wyndham, inizialmente pubblicato in Italia come L’orrenda invasione (Urania Mondadori, 1952) e quindi tornato al titolo originale Il giorno dei trifidi (Oscar Mondadori, 1975). Anche il film venne inizialmente distribuito in Italia con un titolo diverso – L’invasione dei mostri verdi (1963) – per poi tornare, nel 1976, all’originale del romanzo di Wyndham.
Di questa storia, molto amata dal pubblico di diverse generazioni (ed emblematica di molte nostre paure alle quali si può ricollegare anche un certo atteggiamento verso le piante straniere), recentemente è stata annunciata la messa in cantiere di una nuova versione cinematografica, per la regia di Mike Newell (Quattro matrimoni e un funerale, Harry Potter e il calice di fuoco), i cui tempi produttivi e il casting non sono stati ancora resi noti.