Ne me quitte pas
Mostra collettiva che riunisce opere di artisti di diverse generazioni e provenienze centrate sui temi intensi e complessi dell’amore in senso assoluto e del corpo come potente e fragile veicolo della sua espressione.
Comunicato stampa
La galleria upp di Venezia è lieta di presentare Ne me quitte pas, mostra collettiva che riunisce opere di artisti di diverse generazioni e provenienze centrate sui temi intensi e complessi dell'amore in senso assoluto e del corpo come potente e fragile veicolo della sua espressione.
A raccontare questa storia non canonica e fuori dagli schemi saranno le opere di Andrea Contin, Natalia LL, Nicola Ruben Montini, Ilaria Piccardi e Sedzia Glówny, che nell'insieme dell'allestimento parleranno dell'amore e del corpo nelle declinazioni più diverse, andando a toccare temi assoluti e verità profonde. Ognuno dei lavori in mostra, infatti, affronta un aspetto delle relazioni umane e dei sentimenti da un punto di vista particolare e originale.
Le opere, che ruotano attorno alla fotografia, al video e alla performance, compongono qui un mosaico unitario che rompe la visione ordinaria del sentimento, solitamente imbrigliata da stereotipi di genere, erotismi scontati e luoghi comuni romantici.
Il vero protagonista della mostra è però il corpo, luogo simbolico teso tra la sua dimensione intima e pubblica, eletto a strumento primario di comunicazione. Il corpo come veicolo imperfetto dell’identità; come strumento armonico e distorto di relazione; come specchio su cui far riflettere l’altro da sé, assorbendolo; come schermo attraverso il quale proiettare se stessi sull’altro, per venirne assorbiti; come oggetto di umiliazione erotica che è in realtà strumento di potere; come immagine dell’affetto profondo, senza pudori; come luogo della tragica incompletezza della sua perfezione.
È Andrea Contin a prestare il titolo alla mostra con Ne me quitte pas, performance del 2006 qui documentata in video. Ne me quitte pas, non mi lasciare, struggente brano di Jaques Brel inciso nel 1959, cantata e reinterpretata negli anni in decine di versioni diverse, nella performance di Contin diventa il filo conduttore di un discorso circolare, cantato dall’uomo, travestito, alla donna di cui veste i panni, in un circuito chiuso che li racchiude come un androgino.
Natalia LL, artista icona del femminismo polacco degli anni Settanta, presenta un'opera fotografica dalla serie Consumer art del 1972, in cui il tema a lei caro del corpo come soggetto-oggetto è affidato a un giovane volto femminile che, con semplici gesti delle dita, produce chiari ammiccamenti e segnali erotici. Con interventi apparentemente minimi l'artista scardina la percezione dagli stereotipi sessuali e produce un rovesciamento che svela il potere e l’infinita nobiltà della donna, rivelata ora come soggetto sessualmente attivo.
Nicola Ruben Montini presenta immagini e reliquie dalla sua performance Tip-tap del 2013, che lo vede impegnato a camminare indossando calzature femminili a cui sono stati tagliati in precedenza i tacchi a spillo. In bilico tra il comico e il drammatico, Montini cerca di riposizionare i tacchi sotto le suole per potersi reggere in equilibrio e raggiungere il traguardo. Completamente nudo, barcolla in cerca di un metaforico equilibrio, tentando di nascondersi i genitali tra le gambe, citando così una performance di Vito Acconci del 1970.
Parla con immediatezza e senza filtri il lavoro della giovane fotografa Ilaria Piaccardi, con i suoi scatti dedicati al profondo e indissolubile amore verso la nonna nel momento dell'oblio e della separazione, tra cui la struggente polaroid L'ultima notte prima di dirti ciao del 2014. Piccardi crea un gioco di specchi che racconta la fusione di due anime, partendo dall'anima bellissima di quel corpo anziano che, attraverso la fotografia, si trasforma, diventando metaforicamente il corpo giovane dell'artista stessa.
Infine, il duo di artiste polacche Sedzia Glówny presenta Chapter LXI Women's Day, video-installazione a due canali del 2007 che riproduce una performance estrema ed elegante, in cui le artiste sono impegnate in un gioco di allusione erotica che poco spazio lascia all'interpretazione. Le due ragazze, vestite solo di un abitino a pois, sputano sul pavimento la wodka che poi accuratamente leccheranno, provocando così reazioni che mettono a nudo, con la forza della denuncia, il meccanismo della dominazione maschile fatta di cliché e sottomissione.
Ne me quitte pas è una mostra nata semplicemente come libera variazione su un tema, senza pretese di indagine storico-critica. Tutte assieme, come fossero un'immagine unitaria e potente, le opere in mostra offrono una prospettiva aperta e un'idea delle relazioni umane il più possibile rivolte alla complessità e all'unicità, ogni volta diverse dalle altre e uguali solo a se stesse, in piena libertà. Temi collaterali legati al singolo, come l’identità di genere e trans-genere o la rivendicazione sociale, fanno da sfondo senza diventare temi dominanti, lasciando che il filo conduttore del percorso sia centrato sulla relazione, sull’abbraccio, sulla solitudine, sull’empatia, sul gioco, sul potere e sulla sensualità.