Nel solco del linearismo
Il Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio ospita una collettiva dal titolo “Nel solco del linearismo”.
Comunicato stampa
Il Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio ospita una collettiva dal titolo “Nel solco del linearismo”. Protagonisti della rassegna gli artisti: Maria Luisa Casertano, Gerolamo Casertano, Domenico Fatigati, Edoardo Ferrigno, Mario Lanzione, Rita Longobardi, Lauro Lessio, Vincenzo Mascia, Gianni Rossi e Romualdo Schiano.
Nel solco del Linearismo
non e’ esagerato dire che la linea e’ la madre di tutte le arti e che ha una prediletta figliolanza nelle arti figurative: quelle iconiche e aniconiche. Ma e’ pure matrice di svariati alfabeti: da quello morse a quello chiromantico, nel sillabare parole di un messaggio e pronostici di un destino che i solchi e le pieghe di una mano possono disvelare. E forse la linea, il suo potere d’immagine sta ancora nel destino delle arti, e’ ancora fatale per il suo futuro.
In arte, nelle arti visive, il potere della traccia lineare, del suo gesto e della sua agilita’ funzionale e’ senza limiti. Non c’e’ linguaggio espressivo, non c’e’ artista che possano farne a meno, anche chi con le sue forme d’immagine s’affida maggiormente al colore - che da’ campo e luce cromatica, materia e spessori alla linea- o chi si serve di materiali, di realta’ fisiche sino alle disponibilita’ della fotografia e delle produzioni digitali.
C’e’ sempre, insomma, una rete lineare che tiene l’insieme, che ne sancisce la composizione o l’installazione. Si puo’ dire sia impossibile sottrarsi alle sue funzioni, al suo ruolo, ora visibile ora invisibile, di costruzione o di decostruzione.
Tra linea e colore, a stare tra i moderni, ben lo sapeva della sua necessita’ il fauve Matisse che alla dominante espressione figurante del colore dava sempre una filigrana di disegno lineare, ma la sua convizione era che in pittura la precisione non e’ la verita’. Diversamente, per l’astrattismo di Mondrian, dove il colore e il non colore stanno sempre contenuti tra nette e precise linee ortogonali, l’aspirazione poetica e’ di avvicinarsi sempre piu’ alla verita’.
Sono, in fondo, due estremi del linearismo in arte, tra arabeschi e assi cartesiani, che hanno avuto e continuano ad avere in comune la dinamica del tratto, il ritmo della scansione tra linea e colore, la struttura che disloca la forma, che la scompone e modula nel disegno e nei segni dello spazio cromatico. Cosi tra le opere degli artisti qui in esposizione: maria luisa casertano, gerolamo casertano, domenico fatigati, edoardo ferrigno, mario lanzione, rita longobardi, lauro lessio, vincenzo mascia, gianni rossi e romualdo schiano.
Un drappello di artisti che nella pluralita’ dei loro assetti compositivi, tutti di segno astratto, tutti complici e attori del segno geometrico e parageometrico, ma tutti pure partecipi e protagonisti di un segno lineare ora netto, ora che sfuma e che si amalgama al colore, ai suoi pigmenti, ai suoi aggetti di materie.
Certo, la linea, il linearismo si addice alla geometria ma non gli appartengono. Ha natali altrove, per quanto, a rigore, sappiamo che il punto e’ la sua origine. Ma, in fondo, anche il punto ha origini estranee. La sua genesi sta nei filamenti microbiologici della natura, nel suo microcosmo vitale. In questo senso anche la linea serpentina, piu’ vicina alla natura che alle forme di geometria, nasce dal punto di un movimento naturale: un luogo infinitesimale di liberta’ valido nell’arte come nella vita.
Gli artisti lo sanno, la geometria risente dei tempi come dei propri pensieri, delle sentite e variabili emozioni. Al suo criterio di metodo e progetto si unisce la liberta’ di visione, la liberta’ d’immaginazione, in effetti, come voleva Duchamp, la geometria, la sua intestina trama lineare, il suo solco espressivo, e’ lo zimbello delle stagioni.
Ottobre,2015 Luigi Paolo Finizio