Next Vintage
Oltre 55 tra i più prestigiosi operatori del settore che presenteranno il meglio della loro collezione in un susseguirsi di epoche dal ‘700 fino agli anni ’90.
Comunicato stampa
Shopping esclusivo e di grande glamour all’edizione autunnale di “Next Vintage”, che si svolgerà al Castello di Belgioioso dal 12 al 15 ottobre e vedrà partecipare oltre 55 tra i più prestigiosi operatori del settore che presenteranno il meglio della loro collezione in un susseguirsi di epoche dal ‘700 fino agli anni ’90.
Protagonista indiscusso, ancora una volta, il vintage, che è diventato nell’ultimo decennio un importante strumento fashion, una miniera di possibilità per affermare la propria personalità, dissociandosi dalle “proposte del momento” e che dimostra essere la chiave per guardare un futuro migliore valorizzando le eccellenze del passato, riproponendo i mood che hanno rappresentato le diverse epoche. Impossibile restare insensibili al vintage, solo la parola stuzzica l’immaginazione perché mischia diversi concetti interessanti (moda e stile personale, pezzi rari e originali, mescolanza di riferimenti, generi ed epoche) e permette di accontentare anche chi ha budget di spesa ridotto. Il vintage non è una metamorfosi fuori dal tempo ma una tendenza che incornicia il presente nel passato.
Back to the ‘60s!
Il revival del prossimo autunno/inverno vede come protagonista gli anni '60 e, come si sa, i cambiamenti epocali si riflettono sul gusto: era finiti i tempi delle maggiorate e dei vitini da vespa, le donne ora reclamavano la loro libertà e la loro voglia di vivere adattando il modo di vestire alle nuove esigenze. Negli anni '60 andò di moda soprattutto la linea trapezio, che fu presentata nel 1958 dal giovane Yves Saint Laurent, ancora responsabile artistico della casa Dior: vestiti a forma di sacco che ignoravano il punto vita o cappotti stretti in alto e svasati verso il basso, spesso lunghi fino al ginocchio. I nuovi vestiti e cappotti dovevano innanzitutto sembrare giovanili e poco convenzionali, divertenti e irrispettosi. L'età reale di chi li indossava non aveva alcuna importanza. Gli anni'60 sono ricordati, però, come gli anni della minigonna.
La sua apparizione grazie a Mary Quant (1965), che rispondeva al crescente bisogno delle adolescenti e delle giovani di esprimersi liberamente, fece scalpore: le gambe non erano mai state così in vista! La sua mini diventò immediatamente un must. La moda delle minigonne e della vita scoperta presto si diffuse sfociando in una moda delle trasparenze: Yves Saint Laurent, nell'inverno del 1968, presentò un abito da sera lungo fino a terra, di mussola nera trasparente e Courrèges, creò vestiti in organza, nei cui punti più intimi erano applicati dei fiori o delle forme geometriche.
La versione più portabile di questo trend era sicuramente la linea di camicie trasparenti con rifiniture in volant sulle maniche o sulla scollatura; in commercio ne esistevano diverse varianti.
Come i pantaloni a zampa d'elefante, l'abbigliamento etnico o in PVC, anche la moda trasparente fa parte del versatile repertorio degli anni '60, dal quale i designer hanno continuato ad attingere fino agli anni '90.
Negli anni '60 anche nel campo dell'arte prevaleva la tendenza a rompere con il vecchio e a ricercare il nuovo, le diverse forme d'arte di questo periodo sono caratterizzate da un evidente desiderio di superamento e dalla netta divisione tra la cosiddetta cultura "alta" e quella bassa. Gli stilisti trovarono nuovi motivi saccheggiando la pop art e l'op art. Sia sulla tela sia sui tessuti, l'abile uso di forme come cerchi, quadrati e spirali dava l'illusione del movimento.
Evento collaterale
American Dream
In anteprima al Castello di Belgioioso alcune opere della mostra “American Dream”, che si terrà dal 29 ottobre al 16 marzo alla Galleria Agnellini di Brescia.
L'esposizione, attraverso opere significative di artisti espressionisti o pop che animarono la scena americana degli anni '60, illustra lo spirito di entusiasmo e di libertà che s'impose nel paese in quegli anni in cui l'arte, l'industria e l'economia parteciparono a uno slancio creativo che sconvolse le abitudini di vita. La meccanizzazione produceva già da lungo tempo oggetti di desiderio che l'arte, grazie alla Pop art, trasformò in icone moderne, rappresentazioni spesso moltiplicate di simboli di una civiltà potente e dominatrice. Gli Stati Uniti, in uno stesso slancio, seppero altrettanto bene esportare il loro modello di società e imporre un'arte che ne era il principale sostegno. L'esposizione mostra, in un parallelo tra le mitiche moto Harley Davidson e Indian, e le opere di artisti come Warhol, Rauschenberg, Sam Francis, Robert Indiana, il rapporto sottile che esiste tra l'industria e l'arte in quegli anni di totale euforia.