Nikhil Chopra | Giovanni Ozzola / Kiki Smith | Juan Araujo
Tre nuove mostre personali.
Comunicato stampa
NIKHIL CHOPRA
Remembering Being There
Inaugurazione: sabato 11 settembre 2021, Via del Castello 11, 18 -21
Fino al 14 novembre 2021, da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19, su appuntamento
Per garantire la massima sicurezza è necessario prenotare la vostra visita alla mostra tramite l’apposito modulo su
galleriacontinua.com. È necessario esibire il green pass all’ingresso.
Galleria Continua ha il piacere di ospitare una nuova mostra personale di Nikhil Chopra nella sua galleria di San Gimignano. “Remembering Being There” è una raccolta di opere inedite che danno inizio a un viaggio immaginario grazie a un corpus di disegni, video ed esperienze di arte dal vivo creati tra le coste di Goa e le cime del Kashmir, in India.
L’opera di Chopra esplora i confini tra performance, teatro, arte dal vivo, scultura, fotografia e disegno. Per “Remembering Being There”, i disegni prendono forma mentre i personaggi di Chopra vagano attraverso i paesaggi, che si tratti di un esploratore che esamina i crinali costieri di Goa o di una figura femminile archetipica scolpita nel paesaggio roccioso e malinconico dei monti del Kashmir. Ciò che vediamo in mostra è il frutto di un’esperienza immersiva, con delicati disegni di paesaggi e due video che narrano il viaggio di questi personaggi, stabilendo un dialogo poetico in continuo andirivieni.
I paesaggi disegnati da Chopra potrebbero essere descritti come site-specific. Sono infatti profondamente legati al luogo che funge da radice attorno a cui l’artista sviluppa la performance stessa. Essi esaminano la costruzione dell’identità attraverso la coscienza storica, individuale e collettiva come pure le questioni più ampie che i riassestamenti geopolitici e gli sviluppi dell’economia globale hanno reso sempre più pressanti. Per Nikhil Chopra la storia non è solo uno scenario proiettivo ma è anche l’origine di possibili condizioni in cui sperimentare se stessi.
Il progetto concepito dall’artista per questa mostra parte da un presupposto: dipingere significa ricordare. “In Remembering Being There,” afferma Chopra, “esamino il ruolo della pittura paesaggistica nella mia pratica artistica. Creo performance dal vivo che includono la realizzazione di disegni di luoghi reali e immaginari. L’arte dal vivo è in crisi; i miei personaggi - il viaggiatore, il viandante, l’esploratore, il trekker e il nomade - sono in subbuglio, mentre il mondo ha subito un arresto ed è crollato per gli effetti di una pandemia. Il mio primo video scorre attraverso le riprese di un mare turbolento colpito dai monsoni, con il mio personaggio che cammina lungo la spiaggia e un disegno in divenire del mare su carta. Ridurre la distanza dall’ ‘essere lì’ è il desiderio, mentre il ricordo di quel momento è l’impeto. Il secondo video mostra il percorso di Michelle, un personaggio immaginario, una figura femminile che attraversa l’Himalaya del Kashmir, spingendo il suo corpo nella natura selvaggia con tutta la sua forza e vulnerabilità. In uno stato esilarante di arte dal vivo, il viaggio richiama una forte attenzione sul paesaggio, sviluppandosi in tre fasi: l’interrogazione, la rivelazione e, infine, l’azione, con il disegno del paesaggio da lei abitato.”
Il video “Remembering Being There” girato a Goa nel 2020 dalla New Art Exchange di Nottingham su commissione dall’artista, inizia con l’immagine di un dipinto incorniciato, appeso a un muro come ad imitare una finestra. “Nella tradizione della pittura paesaggistica, l’opera d’arte aspira a perforare il muro per farci intravedere ciò che sta dietro e oltre la sua superficie, mentre i segni sulla superficie alludono alla sua oggetti-vità. Posizionandoci di fronte all’opera e guardandola, restiamo intrappolati nel fuoco incrociato che si scatena tra ciò che ci ricorda e ciò che è. In questo modo, la memoria diventa uno strumento essenziale che consente ogni sospensione dell’incredulità che possa rivelarsi necessaria per immergersi nel mondo della pittura”, afferma l’artista.
Il secondo capitolo della mostra ruota attorno all’esperienza di performance di Chopra nel Kashmir, dove affondano le sue radici di famiglia. “Arroccato a 4.000 metri di altezza,” racconta l’artista, “il corpo è alla mercé della natura. In questa terra ad alta tensione, dove secoli di conflitti e di militarizzazione hanno lasciato il segno su un paradiso incontaminato, il corpo nel film è privato della sua mascolinità, lasciando emergere una forza impetuosa e femminile. L’Himalaya evoca la figura di Shiva, mentre il fiume che si snoda attraverso ogni anfratto della montagna evoca la figura di Parvati.”
Aggrovigliato tra l’arte dal vivo e la pittura paesaggistica, “Remembering Being There” giunge a un cambiamento nella pratica di Chopra. Evocando il personaggio polarizzato del viaggiatore nomade e permettendo al suo corpo di immergersi nel paesaggio, Chopra crea il ricordo collettivo di un viaggio epico in un’epoca in cui ognuno è confinato nel proprio ambiente ristretto.
Nikhil Chopra è nato a Calcutta nel 1974 e vive a Goa. Si è formato presso la Facoltà di Belle Arti dell’Università Maharaja Sayaji Rao di Baroda, in India. Ha proseguito i suoi studi in America dove, nel 2003, ha tenuto la sua prima mostra personale intitolata SIR RAJA II. È tornato nuovamente ad esporre negli Stati Uniti in mostre collettive nel 2005 e, nel 2006, al Brooklyn Museum di New York. Le seguenti mostre personali si annoverano tra le più rilevanti: “Drawing a Line through Landscape” per Documenta 14 (2017); “LANDS, WATERS, AND SKIES”, Metropolitan Museum of Art, New York (2019); “Yog Raj Chitrakar: Memory Drawing IX”, tenutasi al New Museum di New York nel 2009; la mostra collettiva “Production Site: The Artist’s Studio Inside-out”, al Museum of Contemporary Art di Chicago (2010); “Generation in Transition: New Art from India” alla Zacheta National Gallery of Art di Varsavia (2011). Inoltre, nel 2011, ha realizzato il film “Man Eats Rock” in collaborazione con Munir Kabaniper H Box, presentato all’Artsonje di Seoul, al Today Art Museum di Pechino e al Guangdong Museum of Art di Guangzhou. Nel 2013, nell’ambito del Manchester International Festival, la sua performance “Coal on Cotton” ha riscosso il plauso della critica. Nel 2014 e 2015 ha partecipato alla Biennale di Kochi Muziris, alla Biennale dell’Avana e alla 12a edizione della Biennale di Sharjah e, nel 2017, alla Biennale di Yinchuan.
GIOVANNI OZZOLA INVITA KIKI SMITH
Inaugurazione sabato 11 settembre 2021, via del Castello 11, dalle 18 alle 20.30
Fino al 14 novembre 2021, da lunedì a domenica, 10.00-13.00 / 14.00-19.00, su appuntamento.
Per garantire la massima sicurezza è necessario prenotare la vostra visita alla mostra tramite l’apposito modulo su galleriacontinua.com. È necessario esibire il green pass all’ingresso.
La mostra pensata da Giovanni Ozzola per gli spazi della torre e inaugurata a maggio scorso, si apre ad un dialogo con Kiki Smith, trasformandosi in un racconto a due voci che svela una sintonia sottilmente intensa tra i lavori dei due artisti: la propensione ad una profonda escursione intimista che sonda una platea di emozioni vissute direttamente; l’attenzione e l’analisi del rapporto dell’uomo con la natura e con l’universo; l’aspetto universale del fare artistico che è il continuo rapporto ancestrale con la caducità e con la vulnerabilità della condizione umana rispetto alla complessità della vita.
“Giovanni Ozzola invita Kiki Smith” con i suoi lavori più recenti; quelli dove il registro dell’artista si fa più intimo e poetico; dove la Smith riflette sulla vastità dell’universo, sull’anima femminile e quella animale portatrici di un’armonia originaria oggi in parte perduta, spingendosi a scandagliare gli aspetti spirituali dell’essere umano, a comprendere le esperienze del mondo e del cosmo.
Nella sala d’ingresso Ozzola pone l’accento sul soffitto a volta trasformandolo in ‘sfera celeste’. “Contando estrellas” - omaggio a Giotto - è la riproduzione fedele di un cielo stellato, catturato durante il periodo di lockdown nel 2020. “Dal tetto di casa, dichiara l’artista, lo sguardo andava verso il cielo, contando le stelle, viaggiando verso un infinito più grande di qualsiasi pensiero. Quelle stelle che danno la nostra posizione precisa sulla terra, erano e sono, la via di fuga verso un luogo sconosciuto. Sono anche una misura del tempo, i giorni e le fasi, la direzione da seguire; un orizzonte senza limiti”. L’ingresso funge da punto di unione e di passaggio con la sala adiacente dove Ozzola interviene con un’installazione che ridefinisce lo spazio creando un nuovo orizzonte utilizzando, come altre volte in passato, la tecnica di stampa su cemento. “Le aperture che squarciano i muri sono cicatrici urbane, luoghi dalla simbologia così forte da farsi archetipo, per offrirci un’apertura verso altri mondi. (…) I segni e i graffiti sono le cicatrici che ricordano il nostro passaggio. Quelle strutture sono il nostro cranio e le prospettive il nostro sguardo”. Spiega l’artista. All’interno della sala Ozzola accoglie due sculture di Kiki Smith: profili di luna realizzati in bronzo che parlano non solo della bellezza delle forme naturali, ma anche delle forze che governano il nostro universo. “La luna è qualcosa a cui ti puoi rivolgere. Il Sole è più feroce; non puoi guardarlo negli occhi, mentre alla luna puoi rivolgere le tue preghiere, i tuoi desideri e la tua tristezza, puoi riversarci tutto”. (…) Ho sempre pensato che vorrei essere come la luna, vorrei essere la sua testimonianza sulla terra. (…) Che è una cosa strana da pensare per una persona nel mondo contemporaneo, ma io mi sento così, in un certo senso”. Così Kiki Smith descrive il proprio rapporto con la luna in una recente intervista.
La luna è un elemento che ricorre spesso nei lavori di Kiki Smith. La troviamo rappresentata anche in “Visitors (stars, multiple crescent moons)” l’arazzo installato nel nucleo più antico dello spazio torre. Gli arazzi della Smith, preziosamente realizzati su telai Jacquard, sono capitoli di un racconto mitologico a sfondo surreale sospesi tra l’affresco pompeiano, la pittura simbolista e i bestiari medievali. In quest’opera l’universo celeste - fatto di stelle, luna e pianeti - incontra quello animale consegnandoci l’idea di un’armonia spirituale che l’umanità, auspicabilmente, potrà ritrovare. Nella stessa sala Ozzola colloca una campana. Reduce forse da un naufragio, l’artista la recupera, la lucida, vi incide una frase regalandogli un nuovo stato ma non una nuova funzione; metafora dell’affermazione di sé, anche qui, come sulle navi, segnala la posizione: “Sono qui, nella notte, nel buio, o semplicemente ad occhi chiusi, mi sento, occupo questo luogo, sono parte di ciò che mi circonda ma sono un centro un punto nevralgico”, dichiara Giovanni Ozzola.
Se l’elemento marino nelle foto di Giovanni Ozzola è uno sguardo che abbraccia l’orizzonte, lo spazio e la luce in “Dormir”, di Kiki Smith, si cristallizza in un’onda sulla quale si adagia una figura femminile. Protagonista indiscussa dell’opera della Smith, la donna rappresenta l’armonia originaria oggi in parte perduta.
Nato a Firenze nel 1982, Giovanni Ozzola attualmente vive e lavora alle Isole Canarie, Spagna. Ha esposto il suo lavoro a livello internazionale presso numerose istituzioni pubbliche e private, tra queste: MAC – Museo De Arte Contemporaneo De Sao Paulo, Sao Paulo, Brasile, Gangnam-Gu, Seoul, Corea, Habitat Art Space, Shanghai, Cina, Ocean Flower Island Museum, Hainan, Cina nel 2021; Museo Villa Croce, Genova, Italia, OCAT, Shanghai, Cina, Chao Art Center, Beijing, Cina, Fosun Foundation Shanghai, Cina nel 2020; Foro Romano e Palatino, Parco Archeologico del Colosseo, Roma, Italia, Centro Foundacion UNICAJA de Almeria, Almeria, Spagna nel 2019; Palacio de los Marqueses de Moctezuma, Museo Unicaja Joaquin Peinado, Ronda (Málaga), Spagna, Fundación Unicaja, CUC Centro Unicaja de Cultura de Antequera, Spagna, Rotary Waregem, Claessens Canvas, Waregem, Belgio, Foundation Louis Vuitton, Parigi, Francia, Palazzo Mazzarino, Palermo, Italia (evento collaterale MANIFESTA 12), MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo di Roma, Italia nel 2018; Untitled Association Lynchen, Berlino, Germania, Macro, Roma nel 2017; District 6 Museum, Cape Town, Sud Africa, Sms, Pisa, Italia, Abu Dhabi Art, Abu Dhabi, Emirati Arabi nel 2016. Le sue opere sono conservate in numerose collezioni private e pubbliche, tra cui il MART di Rovereto, in Italia; Chelsea Art Museum a New York, Stati Uniti; Sharjah Maraya Art Center a Dubai; Mori Museum a Tokyo in Giappone; Schunck-Glaspaleis a Herleen, Paesi Bassi; Künstlerhaus Palais Thurn Und Taxis, a Bregenz in Austria; Man Museo d'Arte, Nuoro, Italia; Waseda University, Tokyo, Giappone; Centre d'Art Bastille, Grenoble, Francia; GC, AC, Monfalcone, Italia; Viafarini Docva, Milano, Italia; Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro, Italia; OCAT - Contemporay Art Terminal, Shanghai, Guandong Museum of Art, Guangzhou, Cina; 2139, Jeddah, Arabia Saudita; District Six Museum, Città del Capo, Sudafrica, Star Museum, Shanghai, Cina. Tra I premi: “Premio Terna” (2008), “The Talent Prize” (2010) e il “Premio Cairo” (2011), Seat Pagine Gialle, Regione Toscana (2007).
Kiki Smith nasce a Norimberga nel 1954, vive e lavora a New York e nella valle dell’Hudson; è professore associato presso la Columbia University e la New York University. Dopo aver esposto in collettive ai margini del tradizionale circuito delle gallerie, inizia a partecipare ad eventi presso le più prestigiose istituzioni internazionali tra queste, nel 1990, il Museum of Modern Art di New York, il Centre d’art Contemporain di Geneva, l’Institute of Contemporary Art di Amsterdam e successivamente, tra gli altri, nel 1993 l’Österreichisches Museum fur Angewandte Kunst di Vienna. Nel 2005 la prima retrospettiva al Museum of Modern Art di San Francisco che viaggia anche al Walker Art Center di Minneapolis, al Contemporary Arts Museum di Houston, al Whitney Museum of American Art di New York e alla Colección Jumex di Città del Messico. Nel 2008 la mostra “Kiki Smith: Her Home” viene presentata al Haus Esters Museum di Krefeld, alla Kunsthalle di Norimberga, alla Fundació Joan Miró di Barcelona e all’Elizabeth A. Sackler Center for Feminist Art del Brooklyn Museum di New York. Tra le Biennali ricordiamo la Whitney Biennial di New York (1991,1993, 2002), la Biennale di Firenze (1996–1997; 1998) e quella di Venezia (1993, 1999, 2005, 2009, 2011, 2017). I lavori di Kiki Smith sono inclusi in più di cinquanta collezioni pubbliche in tutto il mondo. L’artista ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali: Lifetime Achievement Award dell’International Sculpture Center (2017), United States Art in Embassies Award (conferitole da Hillary Clinton nel 2013), Theo Westenberger Women of Excellence Award (2010); Nelson A. Rockefeller Award, Purchase College School of the Arts (2010); Women in the Arts Award, Brooklyn Museum (2009); 50th Edward MacDowell Medal (2009); Medal Award, School of the Museum of Fine Arts, Boston (2006); Athena Award for Excellence in Printmaking, Rhode Island School of Design (2006), Skowhegan Medal for Sculpture (2000). Nel 2006 la rivista TIME l’ha indicata tra i “TIME 100”, le persone più influenti del mondo. L’artista è stata eletta membro dell’American Academy of Arts and Letters e dell’American Academy of Arts and Sciences. Nel 2019 per la prima volta un museo pubblico italiano, le Gallerie degli Uffizi, dedica una mostra monografica all’artista: “What I saw on the road”, allestita presso la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze, curata da Eike Schmidt e Renata Pontus, il catalogo della mostra nella sua versione inglese è stato realizzato con il con il supporto di Galleria Continua. Sempre nel 2019 la Smith espone al Monnaie de Paris – questa è la prima personale dell’artista in una istituzione pubblica francese - al Museo Belvedere di Vienna, alla Deste Foundation Project Space di Atene.
JUAN ARAUJO
“When They Come Alive”
Inaugurazione sabato 11 settembre 2021, via del Castello 11, dalle 18 alle 20.30
Fino al 14 novembre 2021, da lunedì a domenica, 10.00-13.00 / 14.00-19.00, su appuntamento.
Per garantire la massima sicurezza è necessario prenotare la vostra visita alla mostra tramite l’apposito modulo su galleriacontinua.com. È necessario esibire il green pass all’ingresso.
Galleria Continua ha il piacere di ospitare una nuova personale dell’artista venezuelano Juan Araujo. In mostra un gruppo di nuovi dipinti ad olio, narrazioni raffinate che descrivono un percorso ispirato all’opera di Cy Twombly.
La ricerca del pittore venezuelano Juan Araujo (1971, Caracas) indaga la storia della cultura occidentale e della storia dell’arte attraverso una riproduzione iperrealistica di immagini trovate su libri, riviste, fotografie e online. Il lavoro dell’artista, non una mera citazione, si sofferma sulla storia, sulle immagini e sulla loro indelebile permanenza nel tempo, attraverso diverse modalità di replicazione, adattamento e diffusione.
In occasione di questa mostra, Juan Araujo presenta un nucleo di opere che nasce da un attento studio di alcune fotografie scattate nel 1966 da Horst P. Horst per il numero di novembre di Vogue, che accompagnavano un articolo sul pittore americano Cy Twombly. Le fotografie ritraggono gli interni della residenza di Twombly a Roma, spazi immersi in una luce bianca e intensa che rivela un perfetto equilibrio tra le grandi tele del pittore, sculture di epoca romana e decorazioni settecentesche.
I lavori di Araujo nascono da un’immagine fotografica, dove una piccola porzione, messa a fuoco e ritagliata, diventa un nuovo frammento pittorico. Della splendida decorazione di quegli spazi domestici, Araujo conserva e inquadra alcuni dettagli significativi; quello che lo interessa principalmente è il montaggio di certi oggetti e ciò che questo montaggio rivela, ovvero l’antica rivalità estetica tra pittura e scultura.
Il titolo della mostra, “When They Come Alive”, è un verso di Constantin Kavafis (Alessandria d’Egitto 1863-1933), poeta greco molto amato da Twombly, con il quale condivide la propensione per i grandi temi universali di amore, arte, bellezza e morte.
Nel saggio critico che Leopoldo Iribarren dedica alla mostra di Araujo a San Gimignano leggiamo: “(…) Non c’è da sorprendersi se Juan Araujo esplori oggi l'immagine della malinconia in alcuni dei suoi possibili sdoppiamenti. Il principale correlato di questa indagine è offerto da una costellazione di immagini relative a Cy Twombly (…) Poesia e mitologia greca, imperatori romani, figure rinascimentali, architetture monumentali: gli oggetti rappresentati in queste immagini sono per Twombly intermediari memoriali e, al contempo, testimoni dell'erosione della materia e dei suoi significati. Recuperare il passato in chiave contemporanea passando da una forma di “linguaggio” all’altra, da un mezzo all'altro, al fine di catturare significati complessi, è un tratto fondamentale del lavoro di Twombly con cui Araujo ha da tempo instaurato una fertile sintonia riflessiva. (…) In questa mostra la sua attenzione si focalizza su tre temi centrali: il rapporto tra testo e immagine, il rapporto tra scultura e pittura e l'evanescenza dell'immagine. Tre antichi problemi della storia e della teoria dell'arte che Araujo esplora trasversalmente, attraverso la figura dell'artista malinconico”.
Juan Araujo è nato nel 1971 a Caracas, Venezuela. Vive e lavora a Lisbona, Portogallo. Juan Ha esposto ampiamente a livello internazionale, incluse mostre personali come “Measurable distances of space and air”, PEER, Londra, Regno Unito (2019); “Mineirianas”, Inhotim Center for Contemporary Art, Belo Horizonte, Brasile (2013); “A Través”, Centro Gallego de Arte Contemporánea, Santiago de Compostela, Spagna (2008).
Il suo lavoro è anche apparso in numerose mostre collettive e biennali tra cui “Southern Geometries, from Mexico to Patagonia”, Fondation Cartier pour l'art contemporain, Parigi, Francia (2018); "Healing and Repairing", Bienal de arte contemporânea de Coimbra, Coimbra, Portogallo (2017); “Roberto Burle Marx: Brazilian Modernist”, Jewish Museum, New York, USA (2016); "Stati Uniti d'America Latina", Museum of Contemporary Art, Detroit, Michigan, USA (2015); “Gli interni sono all'esterno”, a cura di Hans-Ulrich Obrist, Casa de Vidrio, San Paolo, Brasile (2013); la Triennale di Aichi, Nagoya, Giappone (2010), Museu de Arte Moderna de São Paulo, São Paulo (2009); la Biennale di Sharjah, Emirati Arabi Uniti (2009); la Biennale del Mercosul, Porto Alegre, Brasile (2007); la Biennale di San Paolo (2006); il San Diego Museum of Art (2005) e l'American National Society, New York (2005). Araujo è stato recentemente incluso nella mostra collettiva "25 Years" alla Stephen Freedman Gallery di Londra, Inghilterra (2020).
Il suo lavoro si trova in collezioni pubbliche tra cui Tate, Londra, Inghilterra; Museum of Modern Art of New York, New York, USA; Jumex Collection, Mexico City, Messico; Inhotim Center for Contemporary Art, Belo Horizonte, Brasile; Galería de Arte Nacional, Caracas, Venezuela; Museu de Arte Contemporáneo de Caracas, Caracas, Venezuela; Centro Gallego de Arte Contemporánea, Santiago de Compostela, Spagna; Museo de Bellas Artes, Caracas; Art Now International Collection, San Francisco; Fundación Mercantil, Caracas; Cisneros Collection, Caracas and the Berezdivin Collection, San Juan.