Informazioni Evento

Luogo
TRIENNALE - PALAZZO DELL'ARTE
Viale Emilio Alemagna 6, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Il
Vernissage
07/06/2011

ore 17.30, sala Triennale Lab
Intervengono:
Sylvère Lotringer, Christian Marazzi
Rossella Biscotti e Marco Scotini

Contatti
Email: info@triennale.it
Sito web: http://www.archivebooks.org
Artisti
Sylvère Lotringer, Christian Marazzi, Rossella Biscotti, Marco Scotini
Uffici stampa
SEC
Generi
presentazione, incontro - conferenza

NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e Archive Books di Berlino sono lieti di annunciare la pubblicazione della nuova rivista d’arte No Order. Art in a Post-Fordist Society, un progetto editoriale di ricerca e investigazione rivolto al rapporto tra sistema dell’arte contemporaneo e modalità produttive del capitalismo contemporaneo.

Comunicato stampa

NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e Archive Books di Berlino sono lieti di annunciare la pubblicazione della nuova rivista d’arte No Order. Art in a Post-Fordist Society, un progetto editoriale di ricerca e investigazione rivolto al rapporto tra sistema dell’arte contemporaneo e modalità produttive del capitalismo contemporaneo.

Attraverso l’indagine delle industrie creative contemporanee – con i loro concatenamenti sociali, economici e semiotici – i contributi della rivista (saggi, articoli, interviste e dialoghi, insieme a progetti d’artista) intendono decostruire, analizzare e intervenire all’interno di modi e forme del capitalismo cognitivo, in particolare nei fenomeni della biennalizzazione, finanziarizzazione e spettacolarizzazione del politico, a partire dal controllo e dalla distribuzione delle forme di educazione, produzione e esposizione artistica su scala globale.

No Order. Art in a Post Fordist Society è diretto da Marco Scotini, pubblicato da Archive Books di Berlino, promosso e sostenuto da NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.

L’Editorial Board, composto da una serie di figure trasversali a differenti ambiti (anche geografici) della cultura, è costituito da Asef Bayat, Harun Farocki, Peter Friedl, Maurizio Lazzarato, Sylvère Lotringer, Achille Mbembe,Angela Melitopoulos, Christian Marazzi, Nelly Richard, Florian Schneider, Nomeda & Gediminas Urbonas, Françoise Vergès.

Tra i numerosi contributors del primo numero, di circa 400 pagine, compaiono: i curatori Roger M. Burgel, Vasif Kortun, Charles Esche, Viktor Misiano, il sociologo Maurizio Lazzarato e l’economista Christian Marazzi, i filmmakerDeimantas Narkevičius, Harun Farocki, Yervant Gianikian & Angela Ricci Lucchi, il filosofo russo Alexei Penzin, la teorica cilena Nelly Richard, la storica dell’arte tedesca Astrit Schmidt-Burkhardt. Progetti di artisti tra cuiStephen Willats, Erick Beltrán, Harun Farocki, Société Réaliste, Falke Pisano, il collettivo argentino Etcetéra, Rossella Biscotti, Luca Frei, Oliver Ressler, Vangelis Vlahos fra gli altri, che intervengono con saggi, progetti grafici, mappe o cartografie.

No Order è a cadenza annuale e bilingue (inglese e italiano). Al di là delle divisioni canoniche e dei format predeterminati dell’editoria periodica d’arte, il progetto editoriale si struttura nel concatenamento di tre sezioni: Time Zone/Play Time/Time Machine.

Le cartografie presenti in Time Zone disegnano “sistemi” artistici in via di emersione, geografie di disparità governamentali e differenti dinamiche di lavoro culturale. La posta in gioco è qui la posizione che questi sistemi locali stanno assumendo nel sistema globalizzato dell’arte contemporanea. La sezione mette a fuoco come il ruolo delle industrie culturali sta incidendo sui diversi contesti economici del mondo. Disegnare una mappa significa anche spostare l’attenzione su regole, dispositivi e corporate identities che gestiscono le condizioni del lavoro creativo: istituzioni, gallerie commerciali, biennali, comunicazione. Significa cioè rendere visibili le relazioni mobili tra queste coordinate di identificazione. Time Zone non è altro che la riscrittura della prima sezione degli art magazine, quella delle news e degli appuntamenti. In questo numero: Russia, Repubblica Ceca, Romania, Croazia e Turchia.

Play Time corrisponde invece alla parte centrale di un art magazine che è sempre dedicata ai monografici per gli artisti. Ma categorie come “autore” e “opera” sono concetti che appartengono a un determinato periodo storico, quello moderno, e che oggi non sono più in grado di analizzare e rappresentare i processi di produzione contemporanea. La crisi del modello produttivo fordista ha ormai rimesso in gioco da anni il rapporto costitutivo tra autori, professionisti, attori semplici e non-esperti, aprendo a una nuova distribuzione di ruoli e funzioni intellettuali, creative e politiche che vanno oltre le separazioni disciplinari. Decostruire l'ipervisibilità di certe forme organizzative e rendere visibili le procedure e le reti invisibili che soggiacciono allo spazio dell’arte, nel concatenamento collettivo Educazione/Mercato/Display, diventa allora l’unica possibilità d’azione dentro la condizione attuale del “lavoro”.

La sezione Time Machine intende chiudere il numero proponendo il problema del tempo come momento centrale del capitalismo. Non più nella forma “moderna” che fondava il processo di produzione sull’opposizione tra valore d’uso e valore di scambio, e per estensione sulla dialettica tra realtà e rappresentazione. Al contrario il tempo che si articola nel rapporto potenziale/attuale è oggi il fondamento dell’economia dell’informazione. Nel momento in cui l’apparenza ha sostituito integralmente la realtà, il soggetto è sempre una potenza, in quanto memoria, sul punto di attualizzarsi. Time Machine sostituisce l’ultima sezione degli art magazine che è quella delle art review, in cui la categoria con la quale si ha a che fare è sempre quella temporale del “dopo”.

L’immagine di copertina è tratta dalla contestazione alla Triennale di Milano del 1968. Il tema portante della XIV Esposizione internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne e dell’Architettura Moderna, era il “Grande Numero”. La XIV Triennale non aprirà mai. Occupata dagli studenti durante le agitazioni, tutti gli allestimenti furono distrutti. “Perché allora non provare a ripartire, proprio qui, da Milano? Proprio da quello spazio in cui un grande processo di trasformazione sociale è rimasto interrotto?”