Notes On Camp
La Jarach Gallery presenta il progetto Notes On Camp, ciclo di tre mostre che caratterizzeranno la sua programmazione primaverile. L’idea di Andrea Bruciati, che ne è il responsabile scientifico, parte dalle premesse concettuali del celebre saggio di Susan Sontag ponendolo in relazione con la produzione artistica più aggiornata ed evidenziando sia la singolarità che la stringente attualità dei suoi assunti.
Comunicato stampa
NOTES ON CAMP | curated by ANDREA BRUCIATI | DAVIDE BERTOCCHI | ANDREA DOJMI | DANIELE PEZZI| DRAGANA SAPANJOS
the essence of camp is its love of the unnatural: of artifice and exaggeration, wrote Susan Sontag (Notes On Camp,1964). But of what kind of artificiality, unnaturalness, can one speak of today; in an epoch where postmodernism has reshuffled the cards of any structural and ethical analysis regarding research on aesthetics, and in other fields as well.
Camp approaches the discourse of power in an ambivalent way: is it a channeling process aiming at outright transgression/revolution or an ambiguous practice towards the dominant culture, since it places itself within the same modalities and focuses on reviewing its own contents?
The fact is that a camp attitude very well fits the narcissistic creativity of the artists who assert the autonomy of their creativity from any contaminant simulation, just to then have to reach plausible forms of compromise to accept it.
In such hiatus are at stake the personality and the affirmation of the author, who is relentless in pursuing a personal utopian ideal, but, at the same time, is very pragmatic in understanding that only by penetrating reality it is possible to implement some changes.
As in Dragana Sapanjoš’ case, it has to do with disturbing subjects placed in continuous relation with their own identity and focusing on the alteration of the perceptive systems through the analysis of behavioral practices; or it has to do with individuals proceeding through fragments of memory lacking any apparent consequentiality, as in Andrea Dojmi’s work: he hypothesizes, by reenacting it, a different world through the emotional value of his own experiences. What comes out of it is once again a divergent and yet complementary solution: the utopian tension of a future which is actually regressive, as it stands out in Davide Bertocchi’s research, seems to give substance to the tension and conflict of a tomorrow, while an anthropological and wondering recovery aiming at rediscovering identities, clearly traceable in Daniele Pezzi’s efforts, makes it evaporate when facing a present that is not offering much hope of succeeding.
Andrea Bruciati
February 11 / March 10, 2012
Opening Times: Tuesday / Monday 2 – 8 p.m.
Monday and Sunday only by appointment
NOTES ON CAMP | a cura di ANDREA BRUCIATI | DAVIDE BERTOCCHI | ANDREA DOJMI| DANIELE PEZZI | DRAGANA SAPANJOS
the essence of camp is its love of the unnatural: of artifice and exaggeration, dichiarava Susan Sontag (Notes On Camp,1964). Ma di quale artificialità, innaturalità, si può oggi parlare; in un'epoca dove il postmodernismo ha rimescolato le carte di qualsiasi analisi strutturale ed etica concernente la ricerca in ambito estetico, e non solo. Il Camp si colloca in modo ambivalente in questo discorso di potere: è un processo veicolare mirante a la trasgressione/rivoluzione tout-court o un'ambigua pratica nei confronti della cultura dominante, perché si pone all'interno delle sue stesse modalità ed ha come oggetto la rivisitazione dei suoi stessi contenuti? Sta di fatto che un atteggiamento camp ben si adatta alla creatività narcisistica dell'artista che rivendica l'autonomia della sua creatività da ogni infingimento inquinante per poi dover di fatto trovare forme di compromesso plausibili per la sua accettazione. In questo iato si gioca l'affermazione e la personalità dell'autore, indomito nel voler perseguire il suo ideale utopico ma altrettanto pragmatico nel comprendere che solo infiltrandosi nel sistema del reale, è possibile attuare dei mutamenti.
Si tratta, come nel caso di Dragana Sapanjo", di un soggetto disturbante posto in continua relazione con la sua stessa identità che si concentra sull'alterazione dei sistemi percettivi attraverso l'analisi delle pratiche comportamentali; oppure di un individuo che procede attraverso lacerti di memoria senza consequenzialità apparente, come in Andrea Dojmi, che ipotizza, ricostruendolo, un mondo differente attraverso la valenza emotiva delle sue esperienze. La risultante ancora una volta è una soluzione divergente eppure complementare: la tensione utopica di un futuro in realtà regressivo, contraddistinta nella ricerca di Davide Bertocchi, sembra dare corpo e materia alla tensione e
conflittualità di un domani, mentre un recupero antropologico e nomade volto ad una riscoperta identitaria, evidente nelle prove di Daniele Pezzi, fa sì che evapori a contatto con un presente che non offre molte speranze al riguardo.
Andrea Bruciati