Nudge
Il verbo To nudge, tradotto dall’inglese significa “dare un colpetto, una gomitata, ammicare ironicamente” e proprio usando il linguaggio dell’ironia Bolla, Destito, Domestico, Peducci/Savini e Valente affrontano, anche criticamente, la realtà.
Comunicato stampa
Sigmund Freud, Marcel Duchamp, Luigi Pirandello, Piero Manzoni sono soltando alcuni tra i più noti personaggi del novecento che, ognuno a suo modo e in diverse discipline, hanno fatto dell’ironia una sottile chiave di lettura del reale. Anche oggi la riflessione interessa molti artisti contemporanei i quali, ognuno nella propria individualità, continuano a sviluppare questa tematica con peculiari e differenti linguaggi. Basti pensare al seppur sporadico fiorire di mostre sull’argomento, da Tra il sublime e l’idiota a cura di Luca Beatrice al Museo Napoleonico di Tolentino a Don’t smile a cura di Christiane Meyer-Stoll, presso il Kunstmuseum di Vaduz in Liechtenstein.
Sei artisti contemporanei qui riuniti per ironia della sorte ci forniscono indizi su questo aspetto importante, a volte sottovalutato della vita.
Il verbo To nudge, tradotto dall’inglese significa “dare un colpetto, una gomitata, ammicare ironicamente” e proprio usando il linguaggio dell’ironia Bolla, Destito, Domestico, Peducci/Savini e Valente affrontano, anche criticamente, la realtà.
Un’operazione concettuale con la quale viene alterato il modo abituale di guardare le cose. Oggetti che perdono la loro funzione quotidiana perché messi in relazione tra loro in modo da stravolgere l'idea comune a noi nota o che, attraverso uno scarto, uno scostamento, si rivelano differenti da ciò che sembrano a prima vista.
Non tutto è solo ciò che sembra.
Di sicuro non lo è nell'immaginario di Peducci/Savini, collettivo d’artisti incontratisi dall’Accademia di Belle Arti di Carrara e ora installati solidalmente in un laboratorio nelle antiche cave toscane. In Foam Giuliano essi sfidano il senso della vista cesellando magistralmente un blocco di prezioso marmo tanto da renderlo identico e assolutamente confondibile con il più economico polistirolo espanso. Si potrebbe dire un paradosso percettivo, un ribaltamento dell’ordinario modo di guardare il più statico e tradizionale dei materiali usati per l’arte. L’azione è in sé ironica: creando un'illusione di tipo visivo, strettamente legata alla percezione ottica dell'oggetto rappresentato, e smentendola invece nella scelta del materiale, gli Affiliati Peducci/Savini suscitano sconcerto e spaesamento nel riguardante. Sensazione che infine si risolve in un sorriso… appena scoperto l’inganno.
Nicola Bolla ce lo ricordiamo alla Biennale di Venezia nel 2009 con la grande installazione Orpheus Dream in cristalli Swarovski, lo stesso materiale che nel 1997 Bolla usò per realizzare un teschio che venne riproposto in diamanti da Damien Hirst ben dieci anni dopo.
Nel nostro percorso espositivo Bolla fa invece “lievitare” una serie di carte da gioco ritagliandole, assemblandole e trasformandole magicamente in un destabilizzante cranio umano. Caustico ma osannato simbolo della contemporaneità, più che divertire, va inevitabilmente a sottolineare la miseria e l’abisso che da sempre accompagnano il vizio.
Con_passo felpato è un operazione di “minimalismo ironico” come lo stesso Claudio Destito autodefinisce la sua ricerca. Cresce artisticamente all’Albertina di Torino negli ambienti dell’arte povera e concettuale, come ben palesa il suo lavoro: una sorta di cortocircuito nel quale la coscienza scava dove lo sguardo da solo non arriva a decifrare i doppi sensi e i giochi di parole e dove il titolo, inscindibile dall’oggetto, ha la funzione determinante di soccorso all’intelletto.
Matilde Domestico, prende spunto da oggetti quotidiani inventando per essi una seconda vita. Così candidi servizi da tavola in porcellana IPA diventano articolate colonne, le Colonn-azze dove, anche qui, il titolo ha fondamentale importanza in quanto vi persiste un forte, ironico richiamo alla precedente vita del manufatto. La fragilità che normalmente si associa a questo materiale è contraddetta dal nuovo utilizzo. Instabili e pericolanti set di tazzine, teiere, piattini, quali oggetti d’uso domestico che rimandano alla casa e al lavoro femminile, si trasfigurano in strutture portanti, solide e robuste che alludono, al contrario, più all’universo maschile.
In Be original, riproduzioni di borse griffate su risme di carta da fotocopie, Nadir Valente si prende gioco delle fashion victims e della schiavitù da logo attraverso l’imperativo subliminale di essere originali, ma non nel senso di “singolari, particolari” bensì “omo-loggati”. L’estrema riproducibilità tecnica della fotocopia infatti mal si accorda con il prezioso bauletto Louis Vitton limited edition.
Una mostra corrosiva, provocatoria che fa sicuramente sorridere. Ma non ridere.