Oh, make me a mask!
La mostra collettiva indagherà cosa sia oggi la maschera, e quindi, cosa sia il doppio, il riso e il pianto, la forma e il contenuto, il presente e il passato, la superficie e la profondità.
Comunicato stampa
Hadeel Azeez (Pittrice, scultrice e performer. Baghdad, Iraq), Marco Bevilacqua (Scultore. Trieste, Italia), Daria Endresen (Fotografa. Oslo, Norvegia), David Dalla Venezia, (Pittore. Cresciuto fra Cannes e Venezia. Residente a Trieste), Pablo Gazal (Pittore. Buenos Aires, Argentina), Ivana Ivković (Artista Visiva. Belgrado, Serbia), Bojana Nikodijević (Costumista. Belgrado, Serbia), Marco Rea (Pittore. Roma, Italia), Giulio Rigoni (Pittore e scultore. Roma, Italia), Irina Werning (Fotografa. Buenos Aires, Argentina).
Chi siamo? Nello specchio, chi vediamo? Chi, al fondo delle nostre pupille o in quelle di chi ci guarda, del tutto non riconosciamo? Quante maschere ci siamo lasciati alle spalle? Quale costume indossiamo ogni mattina? Quali dolori celiamo sotto le rughe, la barba, la cipria? Il tempo, come lo portiamo?
Persona (πρόσωπον, prósōpon) indicava ai greci, e poi ai latini, la maschera e il volto, ma anche il personaggio dell'attore. Già da allora era forse chiaro all'uomo di non essere che uno, nessuno e centomila, solo una tra le innumerevoli maschere -concesse- che ci scegliamo, o ahimè, che -imposte- sopportiamo.
Proseguendo una tradizione che risale ai Saturnali romani, e ancora alle più antiche Dionisiache greche, Carnevale è l'occasione per vestire un'altra maschera, la maschera di qualcun altro. Carnevale è diventare l'altro: regina, asino, buffone, re... diventare l'altro per ridere, per liberarsi: appropriarsi i gesti altrimenti attribuiti a Satana: potere, almeno per un momento, sovvertire e scrollarsi di dosso il fardello della realtà. Festa della carne, passeggero rovesciamento delle ferree costrizioni sociali, Carnevale è un riso smisurato e irriverente contro le imposizioni della Quaresima e i suoi cosa si deve -ma, soprattutto, cosa non si deve- fare, mangiare, pensare: Carnevale ride della Quaresima: è la festa del riso, della satira, della caricatura, e appunto per questo, è stato così temuto. Così proibito.
La mostra collettiva indagherà cosa sia oggi la maschera, e quindi, cosa sia il doppio, il riso e il pianto, la forma e il contenuto, il presente e il passato, la superficie e la profondità. Partendo da un disegno di Fortunato Depero, Danzatrici, cercheremo di capire il ruolo dell'artista e la concezione dell'uomo nella contemporaneità. Perché la maschera, se da un lato può confonderci fino a renderci, a noi stessi, sconosciuti, dall'altro può davvero svelarci chi siamo, che tipo di Sileno siamo: se satiri che all'interno custodiscono però l'immagine degli dei; oppure, al contrario, raffinate confezioni che ingannano nell'eleganza il vuoto marcio che nascondono.
Dalle culture precolombiane alle avanguardie del XX secolo, dalle tribù africane all'oriente: innumerevoli popoli si sono serviti della maschera per conoscersi meglio. E alla fin fine, cosa è il ritratto se non il riflesso di una maschera negli occhi dell'artista? Cosa sono i personaggi: Giano, Narciso, Gargantua, Jakov Goljadkin, Orlando, Mr. Hyde, Dorian Gray, chi sono se non maschere, a volte più veri delle persone reali?
Herbert Marcuse, nel suo Eros and civilization, trova in Narciso ed Orfeo degli eroi ancora vivi: a differenza di Prometeo, simbolo della produttività e del progresso, in loro trionfa l'eros: la gioia e il godimento. Contro lo scorrere del tempo e le ingiunzioni della cultura e del progresso, Narciso difende il suo amore. Muore per il suo doppio, e così, riconcilia Eros e Thanatos, facendo trionfare la bellezza e la contemplazione: la dimensione estetica.
Eroe simbolo dell'eros e della vittoria sul fluire del tempo, Narciso è un essere “irreale” nella nostra civiltà repressiva, produttivista e razionale: il suo destino è la tragedia e il fallimento. Tuttavia, questo modello permette a Marcuse di immaginare una civiltà in cui la sensualità (repressa) e la razionalità (tiranna) si completino a vicenda, in cui il regno del gioco sostituisca quello dell'attrezzo e abolisca la serietà.
Ma questo accadrebbe solo in una civiltà molto sviluppata, dove il tempo e la necessità scompariranno, mentre a noi, per ora, nel sopportare il fardello della realtà non restano a difenderci che la maschera e il riso. Così è di ogni personaggio, è di Narciso, è la nostra stessa voce quella che grida con Dylan Thomas:
“Oh, make me a mask!”
María Sánchez Puyade
editing: Valerio Adami