Olivetti. La cultura scritta a macchina
la mostra Olivetti. La cultura scritta a macchina vuole raccontare l’attrazione che ancora oggi esercita quella eccezionale stagione e impresa che fu l’Olivetti, avanguardistica dal punto di vista tecnologico e unicum mai eguagliato in Italia nella prassi aziendale.
Comunicato stampa
“In Italia fino a metà Ottocento è mancato uno stato nazionale. Questa assenza ha fatto sì che raramente le attività culturali più notevoli nascessero da iniziative pubbliche, diversamente da quanto avveniva negli altri grandi paesi occidentali. Al contrario, una frizzante effervescenza dei singoli ha sempre favorito la proliferazione di iniziative private, a volte di grande e grandissimo respiro. Ne è nato un fenomeno abbastanza unico nel mondo, per cui da noi molto spesso il privato ha agito al posto del pubblico, in tutti i campi della cultura; in qualche occasione lo Stato è subentrato successivamente, a volte neppure quello. Oggi questa anomalia prosegue con il ruolo nella cultura delle aziende private”.
Questa visione è quella che Andrea Kerbaker, fondatore della Kasa dei Libri, ha maturato nei suoi lunghi anni di permanenza nelle organizzazioni culturali della Pirelli prima e della Telecom poi. Un’esperienza ormai lontana nel tempo ma che comunque non smette di suggerirgli temi e spunti in tutte le attività che va ideando, Kasa dei Libri inclusa.
Image
Image
Image
Cataloghi mostre: n. 13 Adami, 1978; n. 33 Munari, 1980; n. 44 Dalì, 1987; Ivrea
Ovvio che, quando si parla di questi argomenti, uno dei nomi che si affacciano alla mente sia quello di Olivetti, quell’anomalia tutta italiana che dagli anni ‘50 agli anni ’90 del Novecento diventò un centro di produzione di idee e cultura capace di dialogare con le maggiori istituzioni culturali del pianeta, pur rimanendo fortemente legata al territorio piemontese da cui era nata nel 1908.
A 110 anni dalla sua fondazione, la Olivetti è un esempio ancora attuale e forse mai superato di un’azienda che non si è fatta solo promotore o mecenate di iniziative culturali, ma che ha prodotto cultura dall’interno attraverso delle figure - di spicco, ma mai sulla ribalta - che hanno ricoperto posizioni strategiche all’interno della società.
Grazie al confronto e alla collaborazione con due olivettiani, Mauro Broggi - che ha lavorato a lungo all’immagine - e Pier Paride Vidari - consulente Olivetti per circa venti anni, la Kasa propone ora dei frammenti di visione - impossibile prendere in esame tutto - non solo della cultura tout court, ma anche di quegli aspetti che resero la Olivetti famosa nel mondo, nel campo del design, dell’architettura e dell’editoria.
Attraverso diversi fondi del padrone di Kasa, Andrea Kerbaker, la mostra Olivetti. La cultura scritta a macchina vuole raccontare l’attrazione che ancora oggi esercita quella eccezionale stagione e impresa che fu l'Olivetti, avanguardistica dal punto di vista tecnologico e unicum mai eguagliato in Italia nella prassi aziendale.
Al 6° piano della Kasa dei Libri verrà raccontata non solo la Olivetti di Adriano - che credeva e professava un’economia che potesse essere mezzo di elevazione culturale per tutti - ma anche quella successiva degli anni ’80 e ’90, attraverso due figure chiave come Giorgio Soavi e Renzo Zorzi.
Il primo inventò le agende e i libri strenna: una straordinaria collezione di opere d’arte, realizzate su commissione da artisti come Daniele Luzzati che nel 1988 illustrò alcune fiabe dei fratelli Grimm, Jean Michael Folon con i suoi acquerelli per le Metamorfosi di Kafka nel ’73 e nel ’79 per le Cronache Marziane di Ray Bradbury, oppure ancora Enrico Baj per Il deserto dei Tartari di Buzzati e Roland Topor per il Pinocchio di Collodi, per citare solo alcuni di quelli in mostra.
Renzo Zorzi seppe invece farsi interprete dello stile e dell’immagine aziendale, prima dirigendo le Edizioni di Comunità e poi dal ’65 diventando responsabile dell’immagine della società.
Alla Kasa dei Libri, attraverso i cataloghi, le edizioni e i libri che furono prodotti, si vuole raccontare come quella Olivetti diventò ambasciatrice della cultura italiana nel mondo a cominciare da quegli affreschi staccati dalle chiese fiorentine dopo l’alluvione del 1966 che fecero letteralmente il giro del mondo, in una grande mostra itinerante. Seguirono tante altre esposizioni internazionali – I cavalli di San Marco, Vetri dei Cesari, il Crocifisso di Cimabue, Il tesoro di San Marco - mentre contemporaneamente anche a Ivrea, il Centro culturale Olivetti organizzava mostre di pittura moderna e contemporanea.
Ma ovviamente Olivetti è stata soprattutto prodotti: le mitiche Lettera 22, 32 e la Valentina, nomi diffusi nel mondo dove quella tecnologia allora parlava italiano. E lì c’erano le firme più illustri del tempo, da Sottsass a Bellini o De Lucchi.
Loro e tutti gli intellettuali che li hanno accompagnati in quell’impresa sono i protagonisti della mostra, che tra un’agenda di Mari, un catalogo di Rosai, una foto di Mario Carrieri e un racconto di Soavi e un saggio di Zorzi ci ricorda di quale produzione culturale sia stata capace l’industria di questo Paese.