Olivo Barbieri – Ersatz Lights
200 opere fotografiche documentano trent’anni di ricerca sulla luce artificiale e il suo rapporto alchemico con la realtà: le immagini visionarie di Olivo Barbieri – tra Oriente ed Occidente – in mostra a Villa Manin. Proiettata nel percorso espositivo, per la prima volta integralmente, anche tutta l’opera cinematografica del maestro.
Comunicato stampa
Ersatz Lights. Case study #1 east west
Fotografie di Olivo Barbieri
e il progetto Cinematography
Villa Manin di Passariano dal 16 luglio al 9 ottobre 2016
200 opere fotografiche documentano trent’anni di ricerca sulla luce artificiale e il suo rapporto alchemico con la realtà: le immagini visionarie di Olivo Barbieri – tra Oriente ed Occidente – in mostra a Villa Manin.
Proiettata nel percorso espositivo, per la prima volta integralmente, anche tutta l’opera cinematografica del maestro.
Olivo Barbieri (Carpi, Modena, 1954) appartiene alla generazione più giovane di fotografi che all’inizio degli anni Ottanta si riunisce intorno alla figura di Luigi Ghirri partecipando a molti progetti da lui promossi.
Ormai affermato in tutto il mondo, grande esploratore di aree urbane e paesaggi, Barbieri sembra chiedersi continuamente quanta realtà esista nel nostro sistema di vita, o ancora, quanto profondamente la nostra percezione sia atta a comprendere ciò che ci circonda.
La mostra Ersatz Lights. Case study #1 east west a Villa Manin di Passariano - promossa dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia - Ente Regionale Patrimonio Culturale con la Regione Emilia Romagna e il Comune di Reggio Emilia in occasione di Fotografia Europea 2015 e accompagnata dal catalogo pubblicato dall’editore tedesco Hatje Cantz - in fondo mette in campo questi interrogativi e li sostanzia attraverso una selezione delle opere - centonovantanove - realizzate da Olivo in un arco temporale di trent’anni, tra il 1982 e il 2014, in cui la realtà risulta illuminata da sostituti della luce naturale, surrogati della luce solare di qualunque tipo.
“Ho analizzato il mio archivio come fosse un data base, appropriandomi delle immagini da me realizzate come se le avessi trovate su internet. Ho creato – scrive il fotografo – un contatto non cronologico, ma concettuale, tra diversi cicli della mia ricerca. Tenendo come asse portante la sequenza delle immagini con la luce artificiale ho sporadicamente inserito opere da serie diverse come site specific_, Parks, Images, China.”
Le fotografie in mostra a Villa Manin – dal 16 luglio al 9 ottobre 2016 - sono esposte in cornici orizzontali di un unico formato, a creare un pattern dimensionale che esplicita progettualmente il dialogo tra scatti di diversi periodi e soggetti. Europa, Giappone, Cina, Malesia, Singapore, Cairo, Usa etc., sono narrati e descritti creando relazioni tra i soggetti, i luoghi e le forme, a volte anche alla luce diurna.
In realtà Olivo Barbieri - che tra le tante esposizioni internazionali ha partecipato anche a numerose edizioni della Biennale di Venezia (nel 1993, 1995, 1997, 2011 e 2013) – cominciò a interessarsi alla luce artificiale fin dalla fine degli anni Settanta, mentre cercava di rintracciare le famose piazze metafische di De Chirico (esistevano o se le era inventate?). La sua intuizione fu decisiva: la luce artificiale mette in discussione il rapporto che intratteniamo con la realtà (ovvero la realtà stessa), trasformando lo spazio in un palcoscenico e alterando la sua corrispondenza con le informazioni contenute nella nostra memoria.
“Nel pieno della temperie postmodernista (in Italia l’ondata più forte arriva con la prima Biennale di Architettura a Venezia nel 1980), Olivo Barbieri - scrive Francesco Zanot - sceglie un soggetto che agisce con la stessa modalità del mezzo con cui viene rappresentato. Come la macchina fotografica, infatti, anche l’illuminazione artificiale conduce a un duplice esito: da una parte fa vedere meglio tutto ciò che vi si espone, mentre dall’altra lo altera radicalmente. Nel lavoro di Barbieri, il fattore che rende esplicito questo processo è un’ulteriore novità rispetto alle ricerche degli autori del passato. Si tratta del colore, attraverso cui passa l’improvvisa sostituzione del reale con una sua scenografia, nella quale l’asfalto delle strade può diventare giallo, blu o verde, e i cieli tingersi di un rosso del tutto incongruente con quello del tramonto: molto più acceso, tendente al fucsia, innaturale, intriso di aberrazioni ottiche e chimiche. Come nei dipinti degli impressionisti, in queste immagini le cose appaiono inseparabili dalla loro sostanza cromatica, che ne determina la forma e le rende al contempo provvisorie...
...Nelle sue mani, la macchina fotografica non genera più inconfutabili attestati di realtà, ma è al contrario un potente dispositivo per la sua decostruzione. ...Tutto ciò fa di Barbieri non soltanto un innovatore, ma un autentico visionario. Le sue opere valicano i confini della verosimiglianza per suggerire un’alternativa alla consuetudine....prefigurano scenari futuribili”.
Fin dall’inizio della sua carriera Barbieri ha sperimentato tecniche fotografiche innovative - come la messa a fuoco selettiva, il disegno, il rendering, la ripresa dall’alto - mettendo in crisi le consuete modalità di rappresentazione.
Ed è l’intersse per l’immagine a indurre negli anni Barbieri a dedicarsi anche alla produzione cinematografica
In mostra a Villa Manin ci sarà anche il progetto Cinematopgraphy dedicato appunto
al cinema con 21 fotografie a colori e in bianco e nero che hanno per soggetto il decadimento delle sale e degli edifici dei cinematografi - “The End Movie Theaters 1982-2012” - e per la prima volta la proiezione integrale dell’opera cinematografica del maestro: 17 film realizzati tra il 1995-2015.
E’ stata questa l‘occasione per Villa Manin-ERPAC anche di promuovere, insieme all’editore Danilo Montanari, la pubblicazione dell’omonimo libro d’artista e dunque il primo catalogo del lavoro filmico di Olivo Barbieri.