Omaggio a Claudio Olivieri

Informazioni Evento

Luogo
GALERIE 21
Via Roma 94/A , Livorno, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Dal mercoledì al sabato dalle 17.30 alle 20.00.
Su appuntamento in tutti gli altri giorni ed orari

Vernissage
07/04/2018

ore 18

Artisti
Claudio Olivieri
Uffici stampa
SPAINI & PARTNERS
Generi
arte contemporanea, personale

In esposizione dodici opere che ripercorrono gli anni Settanta, decennio in cui Claudio Olivieri si inserì tra i maggiori esponenti della Nuova Pittura, la cosiddetta Pittura Analitica.

Comunicato stampa

Dal 7 aprile al 5 maggio si terrà alla Galerie 21 di Livorno la mostra Omaggio a Claudio Olivieri. Opere 1971-1979. In esposizione dodici opere che ripercorrono gli anni Settanta, decennio in cui Claudio Olivieri si inserì tra i maggiori esponenti della Nuova Pittura, la cosiddetta Pittura Analitica.

Le opere in mostra raccontano quel passaggio ad una nuova libertà che Olivieri compie sul principio degli anni Settanta superando l'informale, che stava dentro le sue radici, annullando il segno tramite lo spruzzo di colore: "un soffio di pittura", come lo definisce l'artista stesso, attraverso una tecnica che "crea un linguaggio e non un espediente, un mezzo attraverso cui l’opera assume un continuo rinnovamento, continua apparizione".
Dare forma alla luce, renderla percepibile piuttosto che rappresentarla (attraverso le sue apparizioni, i suoi affioramenti, le sue pulsazioni), è il senso di questi lavori che si sviluppano poi coerentemente per l'intero decennio, culminato con le partecipazioni a Documenta 6, nel 1977, ed alla Biennale di Venezia, con una sala personale, nel 1980.

Fabrizio d’Amico, autore della presentazione in catalogo, racconta così Olivieri: “È con la pittura che le apparenze si mutano in apparizioni: ciò che è mostrato non è la verosimiglianza ma la nascita. È così che ci viene restituito il nostro presente, l’assolutamente unico ma imprevedibile presente, somma di tutti i tempi, raduno degli attimi che ci fanno vivere, atto sempre inaugurale dell’esistere”. È uno dei pensieri di Claudio Olivieri raccolti oggi da Mimesis (a cura di Matteo Galbiati, con una prefazione di Paolo Biscottini) nel piccolo volume Del resto. Aforismi e altri scritti. 1965-2015, in cui si delinea la lunga vicenda del tentativo di Olivieri di comprendere sé stesso e il mondo che l’ha accolto. Una vicenda in bilico fra passione e disincanto; fra dolore e sua liberazione; fra ironia amara e aderenza che palpita – che ride talvolta, che, più spesso, soffre. Parole, ritornano: quelle amate (la pittura, lo spazio, l’ombra), accanto a quelle odiate: le cose, gli oggetti, la somiglianza. E “l’arte contemporanea”, ricettacolo di assiomi vuoti e di false certezze.
Come somiglia questo libro alla sua pittura.

“Io non dipingo altro che distanze, la renitenza d’un’ ombra a darsi un corpo”. Da quando usava soltanto l’aerografo (poi vennero lo straccio e, nuovamente, il pennello ad intorbidire la sua superficie, a renderla meno perfetta, meno intangibile, più prossima) mi è sempre parsa, quella pittura, una fuga dalla mimesi dell’esistenza, e insieme una parafrasi d’essa che ne cercasse con l’ansia muta di uno scavo rabdomantico i gangli più fondi, i nodi non facili da sciogliere. Intitolando quei suoi ricercari, spesso, solo con il nome del colore incaricato, di volta in volta, di scendere a scandagliare il magma bruciato della vita. Così, per picchi, emersioni, voragini, quel colore pallido s’insinuava (negli anni Settanta in particolare, ai quali la mostra d’oggi è dedicata) nell’ombra d’attorno, con brevi sbavature, mimando – quasi - i singulti dell’anima. Alla fine, quell’ombra non cerca, non trova il suo corpo: assente in quanto oggetto, evento, “cosa”, la colonna scura, o quanto la circonda, è solo la parte di mondo che sta, nascosta, nel pensiero del pittore.
Annidata in quella che un’altra volta mi parve qualcosa di simile a quella “grotta della nostra intimità” che era per Mallarmé la profondità senza fine della caverna ove s’agita l’umanità, sta la pittura di Olivieri. Quanto lontana, allora, dall’algida promessa di un futuro perfettamente delineato che fu proprio, all’albore degli anni Settanta, della pittura analitica, del suo contare uno dopo l’altro gli strumenti e gli atti – fabrili, mentali – necessari a farla; con una forte implicazione con l’ottimismo – riflessivo, tautologico e minimalista – del concettuale, cui pure la “pittura-pittura” intendeva resistere, ed opporsi; un modo di pittura cui, come è noto, Olivieri fu assimilato, ed anzi indicato come uno dei caposcuola. A torto; giacché la sua è stata, e continua ad essere, molto al di là di una ricerca di stile, una indagine, lucida e sofferta, sull’infinitezza dello spazio e sulla mutevolezza della luce."