Opera Viva Barriera di Milano 2018 – Irene Pittatore
Wire Connection di Irene Pittatore è l’opera che occuperà lo spazio per le affissioni di Piazza Bottesini per l’edizione 2018 di Opera Viva Barriera di Milano.
Comunicato stampa
Due donne senza volto che intrecciano i loro capelli, neri e biondi: come faranno a muoversi, a esistere in quella posizione? Convivono: una condivisione generatrice di nuove forme, inedite, diverse, riflessi della vita che le ha prodotte ed elaborate.
Wire Connection di Irene Pittatore è l’opera che a partire dal 27 giugno occuperà lo spazio per le affissioni di Piazza Bottesini per l’edizione 2018 di Opera Viva Barriera di Milano. Il lavoro di Irene Pittatore è la prima delle tre opere vincitrici della open call e selezionate dalla giuria composta da Umberto Allemandi, Alessandro Bulgini, Christian Caliandro, Pietro Gaglianò, Luigi Ratclif e Roxy in the Box.
Si tratta di una declinazione ancora diversa rispetto a quelle precedenti, realizzate da Lucia Veronesi e da Laboratorio Saccardi. In questo caso, infatti, l’autrice condensa la sua riflessione in un’immagine umile e quotidiana: le scale, le ringhiere e le finestre di un condominio; due donne che intrecciano i loro capelli, neri e biondi. Che cosa faranno? Dove andranno? Come faranno a muoversi, a esistere in quella posizione?
L’opera, con attitudine profonda e al tempo stesso ironica, ci pone alcune questioni di stringente attualità. Ci invita, per esempio, a considerare come sia possibile convivere (vivere-insieme) e stare anche bene, insieme, superando le eventuali scomodità pratiche; persino, al limite, come il concetto stesso di “scomodità” cambi a seconda della prospettiva esistenziale e culturale che scegliamo di adottare, di volta in volta; e, infine -l’aspetto forse più importante- come questa disposizione d’animo portata all’intreccio, alla condivisione agisca sul livello della ‘configurazione’, generando forme nuove, inedite, che prima non esistevano – forme che poi, in fondo, altro non sono a loro volta che riflessi e riverberi delle forme-di-vita che le hanno elaborate e prodotte.
Delle due donne non vediamo e non vedremo mai i volti, ma possiamo immaginare il presente e il futuro: le identità singole diventano così collettive.
Anche in questa terza opera, dunque, la diversità è interpretata come ricchezza e non come ostacolo, come ampiezza di sguardo e non come barriera, come allargamento dell’orizzonte e non come sua chiusura.