Oscar Santillán – A Breathing Mountain
La galleria Tiziana Di Caro ospita la prima mostra personale nei suoi spazi di Oscar Santillán (Ecuador, 1980) intitolata “A Breathing Mountain”, a cura di Alessandra Troncone.
Comunicato stampa
La galleria Tiziana Di Caro ospita la prima mostra personale nei suoi spazi di Oscar Santillán (Ecuador, 1980) intitolata “A Breathing Mountain”, a cura di Alessandra Troncone, che inaugura mercoledì 6 ottobre 2021 alle ore 19:00.
Il lavoro di Oscar Santillán riguarda la scienza, il linguaggio, la storia, e alcuni aspetti antropologici a loro volta connessi con le sue radici in Ecuador. I media che utilizza sono molteplici: fotografia, video, video installazione, scrittura, scultura. La sua pratica artistica è legata al concetto di “ANTIMUNDO”, un approccio che combina ricerca scientifica, elementi di sci-fiction e attitudini decoloniali alla ricerca di modelli di pensiero oltre alla modernità occidentale.
A tale fine, Santillán si focalizza su temi, strumenti e forme del sapere che sono state dimenticate o deliberatamente represse nel passato, che egli recupera facendone materia di precise indagini artistiche, realizzate con il supporto di ricercatori e scienziati grazie a una rete di contributi che cambia di volta in volta. Si inserisce in questo contesto lo studio del patrimonio culturale e scientifico dell’America Latina alla ricerca di quelle “tecnologie endemiche” che suggeriscono nuovi modi per guardare alla realtà, in un’accezione di scienza che non si basa solo sul dato fenomenico ma anche sull’invisibile e il sensoriale.
“A Breathing Mountain” include opere pensate in esclusiva per questa mostra e realizzate negli ultimi due anni. Il titolo è tratto da “The Andean Information Age”, libro pubblicato nel 2020 che nasce dalla conversazione tra Oscar Santillán e Alessandra Troncone e dalle rispettive ricerche incrociate sul misterioso tema dei quipu. I quipu sono manufatti anticamente in uso presso le civiltà andine che, per mezzo di corde e nodi e a seconda della loro disposizione o colore, avevano una funzione contabile. Tuttavia, si conoscono anche altri usi dei quipu, da quello funerario a strumento per le previsioni astronomiche, fino ad arrivare all’ipotesi di quipu “letterari” in grado di contenere dei veri e propri messaggi. Il fascino esercitato da questi oggetti investì anche Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero (Torremaggiore, 1710 – Napoli, 1771), che nella sua “Lettera Apologetica” (1750), nella quale l’erudito napoletano sviluppa la tesi per cui il linguaggio è antico quanto l’uomo, è il primo in Europa a tentare una decodificazione di questo arcaico sistema di comunicazione a partire da un manoscritto andino fortuitamente arrivato tra le sue mani nel 1744.
Da questo intreccio che lega il Perù e Napoli nasce la mostra “A Breathing Mountain”, un viaggio che parte dai quipu per rintracciare nelle antiche civiltà precoloniali la possibilità di interpretare il nostro tempo presente e suggerire nuove ecologie e strutture sociali. In tal senso, altra chiave d’accesso alla mostra è il concetto di “huaca”, termine quechua con cui gli Inca definivano luoghi, oggetti o esseri animati ritenuti sacri e che rifiuta una forma assoluta e definitiva, al punto che i colonizzatori spagnoli, nel tentativo di bandire tutti gli huacas dal loro regno – come già avevano fatto con i quipu nel 1583 – provarono a stilarne un elenco senza tuttavia raggiungere una definizione univoca che permettesse loro di identificarli e quindi distruggerli. Entità sfuggenti, dotate di coscienza e soggettività ma incarnate di volta in volta in un oggetto, in un minerale, in un luogo naturale (la “montagna respirante” del titolo), gli huacas delineano la possibilità di organismi sensienti che mettono in discussione ogni logica antropocentrica, così come i quipu propongono una lettura sinestetica che unisce elemento testuale, input visivo e approccio tattile contro ogni sistema di scrittura riconosciuto nel contesto europeo.
Le opere in mostra raccontano questi incontri ibridi tra linguaggio ed esperienza sensoriale, contenuti ancestrali e tecnologie contemporanee, mondo animale e vegetale, organico e meccanico, nella forma di disegni e light boxes che racchiudono immagini elaborate dall’artista, ambigue tanto nella forma che nella tecnica adoperata per crearle. Una scultura fatta di frammenti tessili intrecciati (“A Thousand Years of Nonlinear History”) evoca la stessa realizzazione dei quipu, ma si caratterizza per la commistione di tessuti che provengono da epoche e contesti geografici diversi, intessuti insieme a suggerire l’assenza di ogni gerarchia tra le culture materiali e una storia non lineare ma potenzialmente circolare e infinita, fatta di innesti e connessioni inaspettate.
Infine, l’installazione dal titolo “Codex” presenta in forma di racconto i contenuti del libro “The Andean Information Age”, utilizzando un proiettore di diapositive truccato, che trasforma la sequenza di immagini in un film dove le forme naturalmente confluiscono in quelle successive e la storia dei quipu si annoda con tante possibili storie parallele.