Ouverture

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE GIORGIO E ARMANDA MARCHESANI
Dorsoduro 2525 Fondamenta Rossa, Venezia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da Lunedì a Venerdì: 15 > 18
su appuntamento
visite guidate su richiesta

Vernissage
16/10/2021

ore 18

Curatori
Anna Caterina Bellati
Generi
arte contemporanea, inaugurazione, collettiva

La mostra di apertura della Fondazione Giorgio e Armanda Marchesani.

Comunicato stampa

OUVERTURE è la mostra inaugurale della Fondazione Giorgio e Armanda Boffa Marchesani. Gli spazi espositivi, siti in Fondamenta Rossa a pochi passi dalla Chiesa dei Carmini e da Campo Santa Margherita, ospitano nelle sale appena restaurate e nei giardini, i lavori di nove artisti che hanno lo studio a Venezia o nella Serenissima hanno studiato e sperimentato il proprio talento. Gli spazi messi a disposizione dalla Presidente, dottoressa Armanda Boffa, si aprono per la prima volta a un pubblico di galleristi, creativi, collezionisti e amici proponendo dipinti, sculture e installazioni. Una cinquantina di pezzi sono collocati sui due piani delle case affacciate su rio Briati e alle spalle nel verde concluso che dà su calle dei Ragusei. Questi luoghi devono il nome al ponte che già nel 1696 il francescano Vincenzo Maria Coronelli (1650-1718) definiva Ponte rosso di pietra senza bande che vuol dire senza parapetti. Anche le costruzioni lì cresciute sono ancora oggi in gran parte rosse.

L’esposizione propone al visitatore le terrecotte e i bronzi di Ettore Greco la cui ricerca sull’interiorità dell’essere umano chiede alla materia di suggerire più che imitare volti e corpi. La lettura dei suoi soggetti non può prescindere dalla luce e dal modo in cui cade e impregna una bocca, una fronte, un gesto. L’apprezzato scultore padovano che insegna all’Accademia veneziana, non insegue la mimesis, cioè la rappresentazione visiva, semmai indaga passioni e sentimenti. Anche David Dalla Venezia si muove intorno all’uomo e al senso dell’essere qui e ora sulla terra. Lo strumento tuttavia non sono gli altri, ma se stesso. Il pittore è insieme autore e attore, creatore e oggetto, essere vivente e natura morta. Forza e silenzio. La sua tavolozza di bruni, ocra, neri pacati e bianchi gessosi, si colora talvolta di blu e rossi cui l’artista affida la cattura dello sguardo. Come accade nei due grandi dipinti in cui il protagonista si immerge dentro un nugolo di farfalle. Che dicono sogni pensieri ricordi. Fulvia Zambon, ritrattista molto nota nel panorama newyorkese, torna al suo studio sospeso tra cielo e laguna con una serie di tele dedicate all’acqua, al mare e al rapporto amniotico che l’uomo intesse con il mondo liquido. Talvolta le figure vi si immergono liberandosi del peso corporeo e lasciandosi andare alla serenità; in altri casi nuotano attorniate da animali dolorosamente uccisi dai veleni di cui la nostra razza ha riempito il ventre degli oceani.
Di acqua, ma stavolta è laguna, dice la storia artistica di Luana Segato. I suoi potenti arazzi contemporanei si muovono su un tappeto d’erba o si sviluppano su pavimenti antichi occupandoli come un gigantesco animale marino. Contengono tutti i colori delle isole e si sviluppano per metri e metri suggerendo un canale vivo e vitale che racconta la storia della città. Protagonista è sempre lui, il Canal Grande, anche quando Segato lo ferma dentro una tela cucendo fra loro le due rive. Così intelaiata, Venezia resisterà altri millenni. Il segreto della tela consumata dai secoli, è invece la base da cui parte il pennello di Elisabetta Zanutto. Lo splendore della città dei dogi ritorna trionfale nei dipinti di questa artista cresciuta tra Santa Maria Formosa e la Giudecca. Cacciatrice di vecchi teleri, li recupera conservandone cuciture, strappi, bruciature e li trasforma nel palcoscenico su cui manda in scena una Venezia imbibita di luce, pronta a liquefarsi nei tramonti infuocati o a confondersi con il cielo dell’imbrunire. Mentre gli uomini, i vaporini, i traghetti, le gondole sono del tutto assenti. Resta solo una pace rarefatta. L’investigazione della calma e dell’armonia è il dato fondante delle opere di Marialuisa Tadei. Le sue sculture aeree, benché declinate in materiali pesanti come marmo, alabastro, onice, sodalite, dirigono lo sguardo dell’osservatore verso l’alto. Tra materia e spirito si instaura un dialogo profondo. Del resto l’uomo è l’unico animale in grado di sollevare gli occhi al cielo. L’artista riminese, che da alcuni anni ha aperto il suo atelier vicino ai Giardini della Biennale, ha sviluppato una poetica in cui la tensione verso la bellezza indica l’aspirazione alla grazia divina. Il progetto dello scultore e performer Alberto Salvetti riguarda ancora la razza umana, ma esaminata nella sua catastrofica deriva. La distruzione progressiva della Natura e la sua invocazione d’aiuto indirizzata proprio a chi l’ha compromessa, è diventata per l’artista vicentino contenuto e sostanza del proprio lavoro. In favore della salvaguardia di animali selvatici come lupi e gabbiani ridotti a prede, a causa della devastazione dei territori e dell’inquinamento, la mostra esibisce due lupi in carta, ferro bitume giudaico nella posa di ululare alla Luna e alcuni gabbiani sopravvissuti a macchie di petrolio che invadono il loro mare.
Una questione di equilibrio nelle cose dell’Universo è il punto d’osservazione di un altro artista in mostra, Tobia Ravà. Nel suo mestiere paziente di pittore e scultore, l’artista veneziano di cultura ebraica innamorato dell’algebra, riconsegna all’osservatore un’arte cifrata che ci parla della misurabilità del cosmo. Istoriati da numeri e lettere, ripresi nella loro pregnanza dalla kabalah, gli abitatori del mondo siano essi animali o meravigliose costruzioni prodotte dall’uomo, assumono una nuova vita dove significato e significante sono interscambiabili. Logica e trascendenza danzano insieme e il risultato sono opere travolgenti incrostate della conoscenza dei millenni passati. Il più giovane scultore presente è Gabriele Vazzoler. La sua breve esperienza che vanta già alcune notevoli installazioni collocate in situazioni prestigiose, si è letteralmente forgiata in Accademia a Venezia e nell’officina di famiglia, un laboratorio artistico del ferro dove fin da ragazzo ha conosciuto la potenza e le infinite possibilità del metallo, materia tra le più antiche con cui l’essere umano ha imparato a costruire e difendersi, creare e fabbricare, talvolta stupire.

Anna Caterina Bellati