Paolo Ghilardi – Traiettorie Policrome
Prima personale a Bologna di Paolo Ghilardi (Bagnatica 1930 – Bergamo 2014). Traiettorie Policrome è il titolo dato all’esposizione dal curatore Alberto Mattia Martini per questa selezione di opere e installazioni rese disponibili dalla Famiglia dell’Artista e dall’Archivio Paolo Ghilardi di Milano.
Comunicato stampa
La Galleria SPAZIO TESTONI in Via D’Azeglio 50 a Bologna, sabato 18 marzo 2017, dalle 18,00 alle 20,30, inaugura la prima personale a Bologna di Paolo Ghilardi (Bagnatica 1930 – Bergamo 2014). Traiettorie Policrome è il titolo dato all’esposizione dal curatore Alberto Mattia Martini per questa selezione di opere e installazioni rese disponibili dalla Famiglia dell’Artista e dall’Archivio Paolo Ghilardi di Milano.
Nelle varie sale della galleria sono presentate grandi opere di Paolo Ghilardi su tela dei primi anni ’70, installazioni in metallo e tessuto, in plexiglas e vetro con all’interno fogli colorati trasparenti e diversi papier collage degli anni 90, che accompagnano una sua grande installazione ambientale, presentata per la prima volta alla Galleria Lorenzelli di Bergamo nel 1976, che occupa interamente la prima sala della galleria, composta da decine di lamine colorate in metallo leggero applicate alle pareti e a pavimento, che avvolgono il visitatore facendolo letteralmente “entrare” nella sua opera.
La ricerca artistica di Paolo Ghilardi è iniziata con l’espressività figurativa, poi si è via, via, sviluppata nelle geometrie, nel quadrato, nelle linee, nella semplificazione del linguaggio pittorico, inteso come sintesi, essenzialità dell’elemento, non per questo priva di contenuti ed emozioni generate in particolar modo dall’uso del colore. Un’espressività, quella di Ghilardi, sempre rigorosa, precisa, minimale, talvolta rigida, ma al contempo spontanea, emozionale e con un’ampia apertura alla dimensione della pura fantasia. Un’arte “percettiva” e aniconica, ma che stimola anche una dimensione intima, un’energia che interagisce tra spazio e tempo. Il suo è un movimento perenne, che lo ha portato nel 1976 a spostare la sua ricerca dalla superficie della tela alla parete, e quindi allo spazio inteso come ambiente, ad una dimensione installativa che analizza la struttura e la geometria come indagine e ridefinizione interna del luogo, non solo espositivo, ma anche come spazio architettonico ricostruito attraverso varie traiettorie di colore. Aspetto questo della sua ricerca molto caro a Ghilardi e che lo porterà ad approfondire questa indagine fino alla sua recente scomparsa.
Paolo Ghilardi nasce a Bagnatica, in provincia di Bergamo, nel 1930 in una famiglia molto numerosa. Studia all’Istituto Tecnico Industriale e dagli anni Cinquanta lavora come disegnatore meccanico indipendente per la Dalmine e per l’Innocenti. Nel frattempo frequenta i corsi serali di Achille Funi, allora direttore dell’Accademia di Belle Arti Giacomo Carrara di Bergamo approfondendo e completando la sua formazione artistica.
Degli otto fratelli, Giuseppe, il più grande, è diplomato in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e trasmette a Paolo la passione per la musica.
Debutta sulla scena artistica lombarda dalla fine degli anni Quaranta, con la partecipazione a premi e a mostre collettive, dedicandosi con impegno all’attività espositiva. Nel 1967 tiene la sua prima mostra personale alla Galleria Mainieri di Milano. L’anno successivo inizia a insegnare “Discipline pittoriche” al Liceo Artistico Statale di Bergamo, incarico che mantiene fino al 1986. Nel 1969 a Calice Ligure conosce i galleristi Remo Pastori e Maria Cernuschi Ghiringhelli con i quali stabilisce un lungo rapporto di amicizia. In questo ambiente ha la possibilità di incontrare numerosi artisti tra cui Carlo Nangeroni, Mauro Reggiani, Jean-Michel Folon, Jean Leppien ed Emilio Scanavino, per il quale progetterà la cappella funeraria nel cimitero di Calice Ligure. I suoi esordi si caratterizzano per l’adozione di un linguaggio figurativo sempre molto aggiornato, ma in seguito i suoi orizzonti si aprono alle ricerche sulla geometria, sulla struttura delle forme e sui valori cromatici; ne deriva un interesse sempre più consapevole verso l’astrattismo. Insieme all’amico Alberto Zilocchi, alla metà degli anni Settanta partecipa agli incontri promossi dal Centro Internazionale di Studi d’Arte Costruttiva di Anversa-Bonn.
A partire dal 1976 la sua ricerca sconfina oltre la semplice superficie della tela e Ghilardi si “appropria” di interi ambienti che, grazie ai suoi interventi si modificano totalmente, diventando essi stessi parti integranti dell’opera d’arte.
Dal 1977 al 1980 insegna “Teoria del colore e Pittura” all’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo. Nel 1980 realizza la prima grande scultura in vetro, dal titolo “ATMA”, inerente il progetto di sistemazione del cimitero di Stezzano che susciterà non poche polemiche per la modernità di concezione.
Nel corso degli anni Ottanta, su incarico del Comune di Bergamo, si occupa del decoro urbano del centro storico realizzando notevoli recuperi; gli è affidato inoltre il ruolo di consulente per il “piano del colore” della città.
Nel 1988 progetta la riqualificazione di piazza Libertà, del piazzale della Chiesa e dell’Auditorium del comune di Stezzano, dove Ghilardi risiede.
Negli anni Novanta sperimenta l’assemblaggio di ferro, plexiglas, tessuto, in una originale ridefinizione dei confini tra quadro e scultura.
Gli ultimi anni sono dedicati alla pratica del papier coupé e del collage sotto plexiglas che Ghilardi sviluppa prevalentemente in opere di medio e piccolo formato.
L’artista muore a Bergamo nel 2014.