Paolo Gubinelli – Opere

Informazioni Evento

Luogo
BIBLIOTECA CIVICA QUERINIANA
Via Mazzini, 1 - 25121 , Brescia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da martedì a venerdì dalle 8,45 alle 18, sabato dalle 8,30 alle 12,30

Vernissage
10/01/2015
Artisti
Paolo Gubinelli
Generi
personale, disegno e grafica

Opere su carta accompagnate da poesie dei maggiori poeti, libri d’artista.

Comunicato stampa

FABRIZIO D’AMICO

Scrivere brevemente di Paolo Gubinelli non è facile, oggi che quasi quattro decenni sono trascorsi dacché una critica sceltissima, su di lui singolarmente attenta (e direi concentrata sulla sua pittura, invece che – come spesso avviene – ondivaga, e succube talvolta della propria verbosità) s’è esercitata a enumerane i passi e a dirne le ragioni con lucidità, non disgiunta da uno slancio interpretativo raro. Non è facile dire di quest’opera fatta di carta, solo di carta (se s’accantonino per un attimo le recenti ceramiche, e qualche altra più antica eccezione), ma della quale è stato già correttamente supposto una volta (Trini, 1994) che questo suo medium d’elezione non sia in realtà dirimente per la lingua che veicola, che non è in ogni caso limitata o stretta al solo progetto, né custode del mero ‘disegno’ dell’opera. Né è facile intendere quale sia l’alveo di cultura in cui situare questo lavoro: che mi pare comunque, per certo, mosso da impulsi orientati in più direzioni, né così indeclinato al suo interno come è stato talora supposto – e come forse indurrebbe a sospettare la scelta esclusiva della carta e l’opzione prevalente per il formato ridotto del supporto.
Questa molteplicità d’orientamenti assunti da Gubinelli in una ormai lunga stagione di lavoro giustifica peraltro le lunghe enumerazioni delle esperienze che sono parte del suo asse paradigmatico, e che gli hanno nel tempo trasmesso decisivi impulsi ideativi: da Fontana a Burri, da Klee a Rothko, da Melotti a Licini, da Yves Klein a Carla Accardi … Dalle premesse razionaliste ad una distanza concettuale dalla fabrilità dell’opera, passando attraverso un’astrazione colma di emozioni e ricordi e ad uno sperimentalismo modernista, dunque. E, in aggiunta, dal minimalismo alla filosofia zen, dal surrealismo all’arte segnica. Il ‘troppo’ di memoria di cui talora pare gravato questo percorso (e che, richiamato appunto dalla sua copiosa esegesi, può aver talora pesato sulle spalle di Gubinelli come un fardello difficile da sostenere) è giustificato dunque prima di tutto dalla mobilità della sua pittura: che egli – lungi dall’essere, come una volta è stato supposto, il pittore d’un solo quadro – ha inteso come ricerca atta a sondare modalità e possibilità diverse, delegando solo alla fedeltà alla carta e al segno che parcamente la incide quel rigore di cui pure ha da sempre avvertito l’esigenza.
Così l’ascendenza, ad esempio, riconosciuta già da Lara Vinca Masini nel ’77, in quella linea che da Fontana porta a Castellani e, diversamente, a Dorazio, è comprovata dalle incisioni su carta dei primi anni Settanta – risalenti dunque all’albore della prima maturità di Gubinelli. Mentre le installazioni e i rotoli su carta trasparente della seconda metà del decennio possono giustificare il richiamo ad una suggestione di Klein, o della Accardi; e i ‘frottages’, anch’essi su carta trasparente, di metà anni Ottanta hanno talora consonanze con il primo Licini, o con il clima di precoce surrealismo astratto da lui respirato allora a Parigi; Licini che torna, ma ora colto al culmine della maturità e insieme stavolta a Melotti (il Melotti dei ‘Teatrini’ e dei disegni, soprattutto), a invaghire i segni che Gubinelli deposita su tante sue carte degli anni Novanta.
È il tempo, questo, del colore; un tempo che dura sino ad oggi. Un colore trasparente, acquoreo, come incerto e di sé dubbioso: quasi non sappia fino in fondo la misura di quanto quel colore sarà chiamato a incaricarsi, nella nuova pagina pittorica che esso contribuisce a fondare. Certo, l’ingresso di questo tenue colore d’acquerello allontana definitivamente Gubinelli da quelle tensioni severamente analitiche e rigorosamente programmatiche che ne avevano segnato gli esordi. Il segno che abita adesso la superficie, e che prende a vagarvi inquieto e rabdomantico, pur ancora scritto in prima istanza – come da sempre ha usato – incidendo la carta, si distanzia ormai (ne avvertì lucidamente Giovanni Accame, nel 1993) dalla lezione di Fontana, come da ogni proposito costruttivo (l’abbandono del quale s’è accompagnato al superamento dell’egida geometrica). E lo spazio che da quell’aggrumarsi di segni scavati è generato s’è fatto infine lontano dallo spazio “metafisicamente ingegneresco” di Castellani per avvistarne un altro in bilico fra sogno e razionalità; “per andare di pari passo con la favola senza mai entrarvi dentro, senza mai rinunciare a quegli orizzonti e a quei precipizi liciniani”, come ha scritto Venturoli, nei quali abita ora, felicemente, Paolo Gubinelli.

Fabrizio D’Amico
Roma, 29 Aprile 2012
Ed. BUB, l’arte incontra la poesia con gli “amici” poeti: Tonino Guerra, Davide Rondoni e Roberto Roversi, presentazione critica di Fabrizio D’amico, a cura di Biancastella Antonino.

FABRIZIO D’AMICO

It is difficult to write briefly of Paolo Gubinelli, as almost four decades have past since a very select group of critics, with singular attention (and focusing only on his painting, rather than- as it often happens- digressing and finding themselves victims of their own verbosity), has set itself the task of enumerating his steps and explaining his motives with lucidity, and not without a rare interpretative ambition. It is not easy to speak of this work of paper, simply paper (if we set aside for the moment the recent ceramics, and a few older exceptions), but of which it has already been supposed once (Trini, 1994) that his chosen medium is not in fact simply resolved for the language which he uses, which is not in any case limited or restricted uniquely to the project, nor is it the custodian of the mere “drawing” of the work. Nor is it easy to comprehend in which cultural niche this work is to be situated: as it is, it seems to me, moved by impulses oriented in multiple directions, and not so in its interior as it has sometimes been supposed- and as the exclusive selection of paper and the choice of using a support of small format might lead to suspect.
The multiplicity of orientations that Gubinelli assumes during a rather long work-period also justifies the lengthy enumerations of the experiences that are part of his parametric axis, and that in time have transmitted to him decisive creative impulses: from Fontana to Burri, from Klee to Rothko, from Melotti to Licini, from Yyves Klein to Carla Accardi… And so, from the rationalist premise to a conceptual distance from the traditional aspect of the work, through an abstraction rich of emotions and memories and a modernist experimentalism. And, I might add, from minimalism to Zen philosophy, from surrealism to signic art. The “excess” of memory that sometimes seems to burden this route (and that, recalled from his copious exegesis, may have occasionally weighted on Gubinelli’s shoulders like hard to bear burden) is therefore justified primarily by the mobility of his painting: which he- far from being, as it was once supposed, the painter of only one picture- has intended as research finalized to probing different methods and possibilities, delegating only to the fidelity to paper and to the mark that sparingly inscribes it that rigor of which he has always felt the need.
Therefore the ascendancy, for example, already recognized by Lara Vinca Masini in 1977, in that line that leads from Fontana to Castellani and, differently, to Dorazio, is proven by the etchings on paper of the early Seventies- dating back to the dawning of Gubinelli’s first maturity. The installations and rolls on transparent paper of the second half of the decade can justify the recall to a suggestion of Klein or Accardi; the “frottages”, also on transparent paper, of the mid-Eighties at times have consonance with early Licini works, or with the climate of precocious abstract surrealism which he breathed then in Paris; Licini who returns, but now with culture to the limit of maturity, and together this time with Melotti (the Melotti of the “Teatrini” and of the drawing, especially), to infatuate the marks that Gubinelli deposits on many of his Nineties papers.
This is the time of color; a time that lasts to this very day. A transparent, watery color, as if insecure and self-dubious: almost as if he is unaware of the depth of how much that color will be called to charge itself, in the new pictorial page that it contributes to found. Of course, the introduction of this tenuous water-color definitely removes Gubinelli from the severely analytic and rigorously programmatic tensions that had characterized his debut. The mark that now lives on the surface, and that begins to wander there, restless and dowsing, even if still written in first motion – as he as always done- by inscribing the paper, is by now rather distant (as was lucidly noted by Giovanni Accame in 1993) from the lessons of Fontana, as from every constructive intention (the abandonment of which is accompanied by the overtaking of the geometrical aegis). And lastly, the space generated by that clotting of deep marks has distanced itself from Castellani’s “metaphysically ingenious” space, to reach another one, balanced between dream and rationality; “to move along with the fairytale without ever entering it, without ever giving up those horizons and those licinian precipices”, in which Paolo Gubinelli now lives happily, as Venturoli wrote.

Paolo Gubinelli, biografia. Nato a Matelica (MC) nel 1945, vive e lavora a Firenze. Si diploma presso l’Istituto d’arte di Macerata, sezione pittura, continua gli studi a Milano, Roma e Firenze come grafico pubblicitario, designer e progettista in architettura. Giovanissimo scopre l’importanza del concetto spaziale di Lucio Fontana che determina un orientamento costante nella sua ricerca: conosce e stabilisce un’intesa di idee con gli artisti e architetti:
Giovanni Michelucci, Bruno Munari, Ugo La Pietra, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Emilio Isgrò, Umberto Peschi, Edgardo Mannucci, Mario Nigro, Emilio Scanavino, Sol Lewitt, Giuseppe Uncini, Zoren. Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
Le sue opere sono esposte in permanenza nei maggiori musei in italia e all’estero.
Nel 2011 ospitato alla 54 Biennale di Venezia Padiglione Italia presso L’Arsenale invitato da Vittorio Sgarbi e scelto da Tonino Guerra.
Sono stati pubblicati cataloghi e riviste specializzate, con testi di noti critici:
Giulio Carlo Argan, Giovanni Maria Accame, Cristina Acidini, Mariano Apa, Mirella Bandini, Carlo Belloli, Vanni Bramanti, Mirella Branca, Carmine Benincasa, Luciano Caramel, Ornella Casazza, Claudio Cerritelli, Bruno Corà, Giorgio Cortenova, Enrico Crispolti, Fabrizio D’Amico; Roberto Daolio, Claudio Di Benedetto, Angelo Dragone, Luigi Paolo Finizio, Alberto Fiz, Paolo Fossati, Francesco Gallo, Mario Luzi, Luciano Marziano, Lara Vinca Masini, Bruno Munari, Antonio Paolucci, Sandro Parmiggiani, Pierre Restany, Maria Luisa Spaziani, Carmelo Strano, Claudio Strinati, Toni Toniato, Tommaso Trini, Marcello Venturoli, Stefano Verdino, Cesare Vivaldi.
Sono stati pubblicati cataloghi di poesie inedite dei maggiori poeti Italiani e stranieri:
Adonis, Alberto Bertoni, Alberto Bevilacqua, Libero Bigiaretti, Franco Buffoni, Anna Buoninsegni, Enrico Capodoglio, Alberto Caramella, Roberto Carifi, Ennio Cavalli, Giuseppe Conte, Vittorio Cozzoli, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Eugenio De Signoribus, Gianni D’Elia, Luciano Erba, Giorgio Garufi, Tony Harrison, Tonino Guerra, Emilio Isgrò, Clara Janés, Ko Un, Vivian Lamarque, Franco Loi, Mario Luzi, Giancarlo Majorino, Alda Merini, Alessandro Moscè, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Nico Orengo, Alessandro Parronchi, Feliciano Paoli, Titos Patrikios, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Davide Rondoni, Tiziano Rossi, Roberto Roversi, Paolo Ruffilli, Mario Santagostini, Antonio Santori, Frencesco Scarabicchi, Fabio Scotto, Michele Sovente, Maria Luisa Spaziani, Enrico Testa, Paolo Valesio, Cesare Vivaldi, Andrea Zanzotto.
Nella sua attività artistica è andato molto presto maturando, dopo esperienze pittoriche su tela o con materiali e metodi di esecuzione non tradizionali, un vivo interesse per la “carta”, sentita come mezzo più congeniale di espressione artistica: in una prima fase opera su cartoncino bianco, morbido al tatto, con una particolare ricettività alla luce, lo incide con una lama, secondo strutture geometriche che sensibilizza al gioco della luce piegandola manualmente lungo le incisioni.
In un secondo momento, sostituisce al cartoncino bianco, la carta trasparente, sempre incisa e piegata; o in fogli, che vengono disposti nell’ambiente in progressione ritmico-dinamica, o in rotoli che si svolgono come papiri su cui le lievissime incisioni ai limiti della percezione diventano i segni di una poesia non verbale.
Nella più recente esperienza artistica, sempre su carta trasparente, il segno geometrico, con il rigore costruttivo, viene abbandonato per una espressione più libera che traduce, attraverso l’uso di pastelli colorati e incisioni appena avvertibili, il libero imprevedibile moto della coscienza, in una interpretazione tutta lirico musicale.
Oggi questo linguaggio si arricchisce sulla carta di toni e di gesti acquerellati acquistando una più intima densità di significati.
Ha eseguito opere su carta, libri d’artista, su tela, ceramica, vetro con segni incisi e in rilievo in uno spazio lirico-poetico.

Paolo Gubinelli, biography. Born in Matelica (province of Macerata) in 1945, lives and works in Florence. He received his diploma in painting from the Art Institute of Macerata and continued his studies in Milan, Rome and Florence as advertising graphic artist, planner and architectural designer. While still very young, he discovered the importance of Lucio Fontana’s concept of space which would become a constant in his development: he became friends with such artists as :
Giovanni Michelucci, Bruno Munari, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Emilio Isgrò, Ugo La Pietra, Umberto Peschi, Emilio Scanavino, Edgardo Mannucci, Mario Nigro, Sol Lewitt, Giuseppe Uncini, and Zoren, and established a communion of ideas and work.

His work has been discussed in various catalogues and specialized reviews by such prominent critics as:
Giulio Carlo Argan, Giovanni Maria Accame, Cristina Acidini, Mariano Apa, Mirella Bandini, Carlo Belloli, Vanni Bramanti, Mirella Branca, Carmine Benincasa, Luciano Caramel, Ornella Casazza, Claudio Cerritelli, Bruno Corà, Giorgio Cortenova, Enrico Crispolti, Fabrizio D’Amico, Roberto Daolio, Claudio Di Benedetto, Angelo Dragone, Luigi Paolo Finizio, Alberto Fiz, Paolo Fossati, Francesco Gallo, Mario Luzi, Luciano Marziano, Lara Vinca Masini, Bruno Munari, Antonio Paolucci, Sandro Parmiggiani, Pierre Restany, Maria Luisa Spaziani, Carmelo Strano, Claudio Strinati, Toni Toniato, Tommaso Trini, Marcello Venturoli, Stefano Verdino, Cesare Vivaldi.
Many others have also written about his work:
Giulio Angelucci, Flavio Bellocchio, Goffredo Binni, Nevia Pizzul Capello, Debora Ferrari, Claudio Di Benedetto, Fabio Corvatta, Antonia ida Fontana, Mario Giannella, Armando Ginesi, Elverio Maurizi, Carlo Melloni, Eugenio Miccini, Franco Patruno, Roberto Pinto, Osvaldo Rossi, Giuliano Serafini, Patrizia Serra, Maria Luisa Spaziani, Maria Grazia Torri, Francesco Vincitorio.
His works have also appeared as an integral part of books of previously unpublished poems by major Italian poets foreigners:
Adonis, Alberto Bertoni, Alberto Bevilacqua, Libero Bigiaretti, Franco Buffoni, Anna Buoninsegni, Enrico Capodoglio, Alberto Caramella, Ennio Cavalli, Giuseppe Conte, Vittorio Cozzoli, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Eugenio De Signoribus, Gianni D’Elia, Luciano Erba, Giorgio Garufi, Tony Harrison, Tonino Guerra, Emilio Isgrò, Clara Janés, Ko Un, Vivian Lamarque, Franco Loi, Mario Luzi, Giancarlo Majorino, Alda Merini, Alessandro Moscè, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Nico Orengo, Ko Un, Alessandro Parronchi, Feliciano Paoli, Titos Patrikios, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Davide Rondoni, Tiziano Rossi, Roberto Roversi, Paolo Ruffilli, Mario Santagostini, Antonio Santori, Frencesco Scarabicchi, Fabio Scotto, Michele Sovente, Maria Luisa Spaziani, Enrico Testa, Paolo Valesio, Cesare Vivaldi, Andrea Zanzotto.
He participated in numerous personal and collective exhibitions in Italy and abroad. Following pictorial experiences on canvas or using untraditional materials and techniques, he soon matured a strong interest in “paper” which he felt the most congenial means of artistic expression. During this initial phase, he used a thin white cardboard, soft to the touch and particularly receptive to light, whose surface he cut with a blade according to geometric structures to accent the play of light and space, and then manually folded it along the cuts.
In his second phase, he substituted thin white cardboard with the transparent paper used by architects, still cutting and folding it, or with sheets arranged in a room in a rhythmic-dynamic progression, or with rolls unfurled like papyruses on which the very slight cuts challenging perception became the signs of non-verbal poetry.
In his most recent artistic experience, still on transparent paper, the geometric sign with its constructive rigor is abandoned for a freer expression which, through the use of colored pastels and barely perceptible cuts, translates the free, unpredictable motion of consciousness in a lyrical-musical interpretation.
Today, he expresses this language on paper with watercolor tones and gestures which lend it a greater and more significant intensity.
He made white and colour pottery where engraved and relief signs stand out in a lyrical-poetic space.