Paolo La Motta – Capodimonte incontra la sanità
Il rione Sanità si mostra in tutta la sua forza e la sua bellezza negli occhi e nei volti dei suoi figli più giovani e fragili: bambini e ragazzi dipinti e scolpiti da Paolo La Motta, artista che vive e lavora nel quartiere.
Comunicato stampa
Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano”
Antoine de Saint-Exupery
“A voi, ragazzi, affido l’Illusione. Giocate, e giocate contro: non morirete”
don Giuseppe Rassello
Il rione Sanità si mostra in tutta la sua forza e la sua bellezza negli occhi e nei volti dei suoi figli più giovani e fragili: bambini e ragazzi dipinti e scolpiti da Paolo La Motta, artista che vive e lavora nel quartiere.
Grazie alla sua vasta cultura visuale e alla profonda conoscenza della tecnica scultorea e pittorica, La Motta riesce a far emergere l’anima di questi ragazzi, la loro angoscia, le loro speranze, i loro sogni, instantanee di un’infanzia spesso aspra e quasi sempre troppo breve.
Questi volti scrutati, amati, rispettati e poi fermati nella terracotta o modellati attraverso una pittura corposa e plastica, saranno esposti nella sezione arte contemporanea del Museo e Real Bosco di Capodimonte nel corso della mostra Paolo La Motta. Capodimonte incontra la Sanità (dal 18 febbraio al 19 settembre 2021), a cura di Sylvain Bellenger e Maria Tamajo Contarini, promossa e organizzata dal Museo e Real Bosco di Capodimonte in collaborazione con l’associazione Amici di Capodimonte Ets e realizzata grazie al sostegno della Regione Campania, con fondi europei Poc-Programma operativo complementare 2014-2020, su progetto di allestimento dell’architetto Lucio Turchetta e coordinamento di Maria Flavia Lo Regio.
Nell’esposizione sono riuniti ventitré dipinti, nove sculture e il polittico Genny.
La mostra
L’esposizione si pone in collegamento con l’altra mostra che l’artista ha tenuto al Museo: Incontri sensibili: Paolo La Motta guarda Capodimonte (30 giugno 2018 – 24 febbraio 2019) nell’ambito del ciclo di mostre-focus che ospitano artisti contemporanei in dialogo con la collezione storica di Capodimonte, in una sala dedicata al secondo piano.
Paolo La Motta è un artista fuori dal sistema dell’arte contemporanea, e da tutti i sistemi. Non è rappresentato da nessuna galleria e non specula sui social network o sul mercato.
Rappresenta un “movimento” molto personale, il suo, che unisce una profonda e vasta conoscenza dell’arte – arte di tutti i tempi e di tutti i luoghi – a cui rende costantemente omaggio con passione, con uno sguardo attento e penetrante sulla realtà.
Proust dialoga con Balzac come Joyce dialoga con Flaubert, o Edward Hopper con Marquet, Felix Vallotton e Picasso.
La Motta è un pittore che testimonia una storia dell’arte che non è solo quella della rottura, appartiene a questa storia discreta che, parallelamente alle avanguardie, si è sempre mantenuta, più sotterranea, distaccata dagli investimenti finanziari e dal pensiero dominante.
Questa storia che nel XX secolo è illustrata da Zoran Mušič, Avigdor Arikha, Raymond Mason, Balthus, Lucian Freud, Sam Szafran, e più recentemente Éric Desmazières, Jean-Baptiste Sècheret e tanti altri ancora, non ripete la pittura di ieri e ci invita ancora a vedere il mondo in modo diverso senza voltare le spalle al realismo o meglio senza opporsi all’astrazione e alla figurazione, un’opposizione che la contemporaneità ha da tempo reso abbastanza obsoleta.
Paolo La Motta raffigura nelle sue opere i ragazzi dei quartieri popolari Stella, Sanità e Vergini con cui organizza i laboratori di scultura all’Istituto Papa Giovanni XXIII.
Le loro storie, spesso vicende di disagio e di un’infanzia troppo presto abbandonata, perdono la collocazione spazio temporale per diventare archetipi assoluti.
E così scorrono davanti ai nostri occhi l’intensità, la curiosità, la malinconia, l’ansia, l’impegno e la serietà e nello stesso tempo i valori plastici della pittura italiana e le campiture uniformi dei fondi dell’arte giapponese, la materica pittura di Ribera e Mancini e le fluide pennellate di Lucian Freud; ma anche i giovinetti di Gemito e i modellati metamorfici di Augusto Perez, maestro di La Motta, e di Giovanni Tizzano, artista che è una continua fonte di ispirazione per Paolo.