Parliamo ancora di me. Zavattini tra parola e immagine

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO DEI MUSEI
Via Lazzaro Spallanzani 1, Reggio Emilia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
01/04/2023

ore 11

Curatori
Alessandro Gazzotti, Alberto Ferraboschi
Generi
documentaria, collettiva, arte moderna

Attingendo alla ricca collezione dei dipinti di Zavattini dei Musei Civici e al patrimonio documentario dell’Archivio Cesare Zavattini conservato presso la Biblioteca Panizzi, la mostra presenta una selezione di quadri e materiali documentari in grado di restituire la dimensione autoriflessiva nell’esperienza culturale e artistica di uno dei più singolari e poliedrici artisti e protagonisti del Novecento.

Comunicato stampa

Dal 1 aprile 2023 a Palazzo dei Musei a Reggio Emilia apre la mostra Parliamo ancora di me. Zavattini tra parola e immagine, a cura di Alberto Ferraboschi e Alessandro Gazzotti

(Inaugurazione sabato 1 aprile ore 11.00).

L’esposizione, promossa dal Comune di Reggio Emilia, attingendo alla ricca collezione dei dipinti di Zavattini dei Musei Civici e al patrimonio documentario dell’Archivio Cesare Zavattini, conservato presso la Biblioteca Panizzi, presenta una selezione di quadri e materiali documentari - carte originali, dattiloscritte e manoscritte, annotazioni autografe, insieme a fotografie e libri - con l’intento di restituire la dimensione autoriflessiva nell’esperienza culturale e artistica di uno dei più singolari e poliedrici protagonisti del Novecento.

«Zavattini è un artista importantissimo, un maestro che tutti conosciamo e che certamente non ha bisogno di presentazioni - afferma l'Assessora alla Cultura Annalisa Rabitti. Questa mostra che inaugura ai Musei Civici offre uno sguardo trasversale sul vastissimo patrimonio che il Comune di Reggio Emilia conserva ai Musei Civici e nella Biblioteca Panizzi. In particolare si tratta di un'indagine atipica, nella quale troviamo le opere pittoriche affiancate ai suoi scritti e alla fitta corrispondenza intrattenuta con personalità italiane e straniere assieme a fotografie. Ciò che emerge da questa esposizione quindi non è solo l'artista ma l'uomo, la sua personalità a tutto tondo. Questa iniziativa si colloca sulla scia delle tantissime attività che stiamo realizzando con i Musei e le Biblioteche, grazie alle quali abbiamo ripreso i numeri della pre-pandemia e attirato tantissimi visitatori. Vi invito quindi a vedere questa mostra piccola, intima, ma molto interessante, realizzata con raffinatezza allestitiva: un regalo per tutta la città».

Cesare Zavattini (1902-1989) è noto come uno dei padri della cinematografia italiana del secondo dopoguerra, specialmente per l’attività di sceneggiatore dei grandi classici del neorealismo. In realtà la sua opera si caratterizza per la poliedricità degli interessi e investe diversi linguaggi artistici, dal cinema alla letteratura, passando per il teatro, la pittura, la poesia e molto altro ancora.

Alla base dell’intensa e variegata produzione artistica di Zavattini vi è una costante ricerca autobiografica che alimenta una dimensione autoriflessiva destinata a caratterizzare l’intera opera dell’autore luzzarese.

Infatti, come è stato osservato da più parti, una delle chiavi di lettura più rappresentative dell’universo zavattiniano risiede nell’attitudine dell’autore a interrogarsi su se stesso, mantenendo costantemente uno “spazio autobiografico” nel processo creativo.

Questa vocazione si manifesta nei diversi linguaggi utilizzati dall’autore, costituendo un filo rosso destinato ad accomunare diverse forme artistiche e differenti progetti; la raffigurazione del personaggio-io dunque alimenta sia la pratica della scrittura che l’impegno pittorico a cui Zavattini si dedicò con grande passione fin dalla fine degli anni Trenta.

Nel corso della sua vita dunque Zavattini si misura costantemente con le diverse forme espressive di comunicazione egocentrica primaria (diario, autobiografia, lettera, autoritratto). Tratto saliente della fondamentale componente diaristica (recentemente riscoperta grazie alla pubblicazione dei diari inediti a cura di Valentina Fortichiari e Gualtiero De Santi) ma anche dell’attività letteraria nonché della scrittura per il teatro e il cinema, l’”autobiografismo perpetuo” connota in modo marcato anche l’opera pittorica zavattiniana, a partire dalla forma dell’autoritratto destinata a divenire la cifra iconica della sua produzione pittorica.

Si tratta dunque di una pittura strettamente legata all’attività letteraria di Zavattini; non a caso, come ha osservato Stefania Parigi, Zavattini usa i termini autobiografia, autoritratto e diario come intercambiabili.

Peraltro, questa pratica di introspezione dell’io-uomo zavattiniano non riveste solo una valenza tecnica od autobiografica, ma tende ad assumere una valenza più ampia di conoscenza dell’umanità, dischiudendo le porte ad nuovo rapporto tra arte e vita.

Il percorso espositivo

A partire dagli strumenti utilizzati da Zavattini per dipingere, nel percorso sarà possibile valorizzare la contaminazione tra forme della scrittura e della pittura, così come la dimensione transmediale della sua creatività artistica.

L’itinerario di mostra propone una selezione di materiali documentari originali relativi all’attività di letterato e di scrittore per il cinema, oltre a diversi carteggi con pittori e artisti tra cui Dubuffet, Campigli, Fontana, De Pisis, Buzzati, tratti dal prezioso e imponente epistolario di Zavattini. Inoltre sono esposti numerosi materiali che documentano l’attività espositiva di Zavattini, dalle prime mostre degli anni Cinquanta fino alle esposizioni più note degli anni Settanta.

Al materiale selezionato dall’Archivio Zavattini conservato presso la Biblioteca Panizzi fa da contraltare una selezione di circa trenta dipinti provenienti dalla raccolta dei Musei Civici che si compone di 120 opere. Non solo autoritratti: Zavattini infatti proietta la propria individualità, tra memoria e immaginario, nella rappresentazione della sua Luzzara, dei suoi miti – il fiume – e delle sue ritualità: e così i funerali, le processioni ma anche i mangiatori di cocomeri e di gelati che alludono a forme di convivialità quotidiane.

Ad integrazione del percorso è esposta una selezione di immagini fotografiche tratte dalla serie Fiume Po del 1966 e conservate presso la Fototeca della Biblioteca Panizzi; un viaggio di cinque giorni che Cesare Zavattini e il fotografo William M. Zanca intraprendono dalla sorgente alla foce del Po.

Biografia

Cesare Zavattini nasce a Luzzara nel 1902. Completati gli studi ginnasiali nel 1917 si trasferisce a Roma al seguito dei genitori e quindi ad Alatri (Frosinone) dove consegue la licenza liceale. Rientrato a Luzzara nel primo dopoguerra si iscrive alla facoltà di Legge a Parma nel 1921 per poi entrare come istitutore nel Convitto Maria Luigia di Parma.

In quegli stessi anni Zavattini comincia a maturare quelle peculiari doti creative destinate ad animare uno dei più straordinari percorsi artistici e culturali dell'Italia del Novecento. Intellettuale poliedrico, Zavattini si caratterizza per la padronanza di diversi linguaggi (scrittura, cinema, poesia, fumetti, pittura, teatro) associata ad una spiccata attitudine al rinnovamento e alla sperimentazione nelle diverse forme espressive. Iniziata a Parma nel 1926 la carriera letteraria, nel 1931 pubblica il suo primo volume Parliamo tanto di me che riscuote un grande successo. Prosegue con I poveri sono matti (1937), Io sono il diavolo (1941), Totò il buono (1943) e, tra gli altri, Straparole (1967), Non libro più disco (1970), La Notte che ho dato uno schiaffo a Mussolini (1976), nonché i tre libri di cinema del 1979: Diario cinematografico, Neorealismo ecc. e Basta coi soggetti.

La passione per la scrittura lo porta negli anni a confrontarsi anche con la poesia; nel 1967 pubblica un ritratto in versi del grande pittore naïf Antonio Ligabue mentre nel 1973 dà alle stampe il libro di poesie in dialetto, Stricarm' in d'na parola (Stringermi in una parola) definito da Pasolini un «libro bello in assoluto».

Fin dal 1930 Zavattini svolge un'intensa attività editoriale a Milano dapprima presso Rizzoli e successivamente alla Mondadori dove è assunto in qualità di direttore editoriale dei periodici. Nello stesso anno inizia a occuparsi di soggetti per giornalini a fumetti. A partire dal 1936 dà vita a Saturno contro la Terra (1936-1937), primo fumetto italiano di fantascienza, i cui episodi varcano ben presto i confini nazionali. Seguono poi fumetti a contenuto sociale come Zorro della metropoli (1937-1938) e La primula rossa del Risorgimento (1938-1939).

In campo giornalistico, dopo le prime esperienze alla “Gazzetta di Parma”, all'inizio degli anni trenta scrive su “Piccola”, “Novella”, “Secolo illustrato”, “Cinema illustrazione” e, dal 1937, collabora al “Marc' Aurelio”. Nello stesso anno progetta “Il giornale delle meraviglie” (1937-1939). Sempre nel '37 assume la direzione del quindicinale “Le grandi firme” per trasformarlo con successo in un settimanale moderno e spregiudicato, soppresso dalla censura fascista nel 1938. L'attività giornalistica sarebbe proseguita anche nel dopoguerra.

Nel frattempo dal 1935, ma specialmente dopo il 1940 quando si trasferisce a Roma, Zavattini si dedica con assiduità al cinema. Soggettista e sceneggiatore, Zavattini dà un contributo fondamentale alla cinematografia del suo tempo. Con Vittorio De Sica instaura un fecondo sodalizio professionale che porta sugli schermi capolavori del neorealismo cinematografico come Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1951) e Umberto D. (1952). L'avventura cinematografica di Zavattini si chiude nel 1982 con La veritàaaa, la prima ed unica opera in cui Zavattini figura, oltre che soggettista e sceneggiatore, anche come regista e attore.

Cesare Zavattini muore a Roma nel 1989. È sepolto nella sua Luzzara.

L’ARCHIVIO CESARE ZAVATTINI

L'archivio Cesare Zavattini è una raccolta documentaria che costituisce, per consistenza e complessità dei materiali in esso conservati, un caso esemplare nell’ambito degli ‘archivi di persona’ del Novecento.

Il “Fondo” si è formato nella casa romana dell'artista per poi essere donato dagli eredi della famiglia Zavattini alla Biblioteca Panizzi nel 2012.

L'eterogeneità dei materiali conservati riflettono la straordinaria vastità e varietà d'interessi dello scrittore, documentando il suo impegno culturale dagli anni Trenta fino alla scomparsa avvenuta nel 1989.

L'archivio è costituito da un fondo principale (comprendente lettere, cartelle dattiloscritte, appunti manoscritti e materiale a stampa) suddiviso in 16 aree tematiche: Cinema, Cooperazione culturale, Convegni–eventi, Cultura–Società, Estero, Fotografia, Fumetti, Giornalismo, Letteratura, Poesia, Pittura–Arte, Padania–Luzzara, Radio, Teatro, Televisione, Varie.

Oltre al “corpus principale”, l'archivio si articola in alcuni fondi speciali:

- l'epistolario: comprensivo degli oltre 11.000 fascicoli dei carteggi;

- la raccolta dei lavori cinematografici: riguardante l'attività di scrittura svolta da Zavattini per il cinema (soggetti, sceneggiature, trattamenti, scalette, note di lavorazione);

- la raccolta degli “echi della stampa”: costituita da oltre 20.000 articoli di giornali e riviste su e di Zavattini;

- la sezione multimediale: comprendente materiali fotografici, documenti audio e video;

- la sezione grafica: comprensiva di 37 opere tra incisioni e lastre e 11 libri d'artista;

Parte integrante dell'archivio è la Biblioteca speciale che, oltre a conservare una cospicua raccolta di libri su e di Zavattini, comprende anche periodici, manifesti, locandine e tesi di laurea.