Partiture Visive
Simboli, linguaggi, segni, sogni, tutto questo intreccio genera il ventaglio delle proposte, della mostra Partiture Visive.
Comunicato stampa
Giovedì 16 Marzo alle ore 18.00 inaugura alla Galleria Bianconi, la mostra Partiture Visive a cura di Vittoria Coen, progetto transgenerazionale che pone in dialogo le opere di Vincenzo Agnetti, Andrea Bianconi, Eros Bonamini, George Brecht, Giuseppe Chiari, Philip Corner, Jackson Mac Low, Eugenio Miccini, Yoko Ono, Nam June Paik, Ben Patterson, Man Ray, David Reimondo, Aldo Spinelli.
Il sottile filo di Arianna che attraversa la sperimentazione legata ad alcuni dei movimenti artistici come il Concettuale, il Movimento Fluxus, l’arte performativa, il Lettrismo e altri, collega e spinge gli artisti nel tempo a lavorare con strumenti e tecniche non tradizionali, oltre, cioè, l’ambito legato strettamente a “tela, pennello e colori”. Ciò vale anche per le giovani generazioni, che trovano, in quello spirito spregiudicato e provocatorio, uno stimolo ancora potente nel campo della ricerca, nonostante, naturalmente, le necessarie distanze temporali di un mondo sempre più globalizzato.
La relazione che si crea tra pubblico attivo e opera d’arte rappresenta la concreta manifestazione dell’esistenza stessa dell’opera; si comprende così come anche nelle generazioni successive ai movimenti citati, dagli Anni ’80 ad oggi, vengano a crearsi percorsi alternativi alla tradizionale esposizione del “feticcio – opera”, con l’obiettivo di sollecitare lo spettatore ad entrare e a partecipare alla sua manifestazione.
Se Marcel Duchamp rappresenta forse il più significativo esempio di tale rivoluzione culturale (con i celebri ready made), oggi passato e presente si intrecciano con l’ausilio delle nuove tecnologie e dei nuovi materiali.
Il suono, la partitura, non sono certo intesi come melodia, ma come rumore, sound, espressione di un linguaggio reinventato, immediato e dirompente nella performance e nella installazione sonora. Dal celebre Metronomo di Man Ray agli omaggi a John Cage di Aldo Spinelli, Philip Corner, Giuseppe Chiari, fino all’opera interattiva di David Reimondo e all’installazione audio-visiva di Andrea Bianconi, parola, suono, oggetto, ars combinatoria rappresentano alcuni degli itinerari di ricerca percorsi. Il fattore “tempo” entra in gioco, come avviene specialmente nel lavoro di Eros Bonamini; la scansione, così come l’assemblaggio, il ready made, e la possibilità che l’opera offre nello spazio superano l’idea stessa di narrazione classica.
Anche il colore non è più, da tempo, rappresentazione puramente cromatica di una scelta poetica, ma un punto di partenza per l’articolazione dei linguaggi più diversi, legati a nuove alchimie, calcoli matematici, progressioni analitiche. Dal Quadrato bianco di Malevic al Broadway Boogie Hoogie di Mondrian alla stessa Optical Art il colore può essere luce, percorso analitico/combinatorio, scelta provocatoria spiazzante e ideale al tempo stesso. Da Paik a Chiari, ad esempio, può essere usato per ridefinire il concetto di medium.
La lettera, così come la parola, la frase diventano strumenti per suggerire, evocare, dichiarare, urlare, come è noto nell’universo articolato di Vincenzo Agnetti, o in quello di Eugenio Miccini. La parola è sola, lapidaria, ma è la frase, il concerto dei concetti, così come la nota è la base della partitura nel concerto dei suoni.
Simboli, linguaggi, segni, sogni, tutto questo intreccio genera il ventaglio delle proposte, della mostra Partiture Visive.