Pas De Deux

Informazioni Evento

Luogo
IL LABORATORIO
Via Del Moro 49/50, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Martedì- Domenica 18,00- 21,30

Vernissage
27/05/2014

ore 19

Curatori
Stefania Fabri
Generi
arte contemporanea, doppia personale

Nulla è lasciato al caso, tutto è ripetuto in differenti accezioni per un’indagine sempre più intensa che unisce la percezione alla ricerca interiore.

Comunicato stampa

Pas de deux: abbinamenti non casuali
di Stefania Fabri
Pur essendo molto diversi, Sabine Pagliarulo e Massimo Melloni sono in qualche modo accomunati da una stessa attitudine poetica, che li induce a tradurre nelle loro opere un’acuta sensibilità nei confronti delle ‘messe in scena del reale’ traducendole in forme ideali ma pertinenti. Nulla è lasciato al caso, tutto è ripetuto in differenti accezioni per un’indagine sempre più intensa che unisce la percezione alla ricerca interiore.
“Ho derubato i boschi”
“Ho derubato i Boschi - / I fiduciosi Boschi - / Gli innocenti Alberi/ Mostravano i loro Ricci e i loro muschi / Per compiacere la mia fantasia - /Esplorai curiosa i loro ninnoli - /Afferrai - strappai via - / Che dirà l'austero Abete - / Che dirà la Quercia?”. Questi versi di Emily Dickinson descrivono felicemente il vagabondare di Sabine Pagliarulo nei segni che la contraddistinguono, non solo per il ritrovamento nelle sue ceramiche di forme tra l’astratto e il vegetale, ma soprattutto per quel divertimento soave che si percepisce, quella partecipazione e quel riconoscimento alla natura, che accompagna le sue forme. Ma non ci si può fermare qui, perché la personalità di Sabine, ha attinenza anche con ‘quell’anima sentinella’, citata da Rimbaud, che non si contenta di ammirare le forme naturali, ma va in cerca anche di quelle increspature che denotano un abbandono al trascorrere del tempo che dissecca e asciuga.

Un velo di Maya nelle trasparenze
Le opere di Massimo Melloni, che non si possono definire solo ‘pitture’, sono meticolosamente preparate attraverso diverse ‘velature’. Questa tecnica così accurata si può interpretare come una moderna concezione del velo di Maya, quale è stato definita da Schopenhauer, cioè qualsiasi fenomeno materiale è solo parvenza, illusione, sogno: “un velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista, perché Maya rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua” . Il mondo dunque è una propria rappresentazione, una propria personale illusione ottica. Ma per Massimo Melloni tutto questo non ha un’accezione pessimistica, infatti è possibile rovesciare questo assioma e immergersi in queste trasparenze rendendo la realtà più accettabile, perché esse ci separano dalle forme disordinate del reale.