Pasquale Gadaleta – Il sogno del cinghiale
Non solo prede di caccia o presenze ferine che invadono lo spazio cittadino, i cinghiali sono protagonisti di una mostra che ne umanizza la selvatichezza, invitando a scoprire il lato nascosto di ciò che superficialmente si considera una minaccia o un nemico.
Comunicato stampa
Non solo prede di caccia o presenze ferine che invadono lo spazio cittadino, i cinghiali sono protagonisti di una mostra che ne umanizza la selvatichezza, invitando a scoprire il lato nascosto di ciò che superficialmente si considera una minaccia o un nemico. L’artista pugliese Pasquale Gadaletaintitola Il sogno del cinghiale la sua prima personale romana, un progetto costruito su misura per le stanze di Casa Vuota, lo spazio espositivo di via Maia 12 al Quadraro.
La mostra, curata da Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, si inaugura sabato 21 gennaio 2023 alle ore 18 e si può visitare fino al 5 marzo, su appuntamento, prenotando ai numeri 3928918793 o 3284615638 oppure all’email [email protected].
Un cinghiale in una casa potrebbe sembrare una presenza incongrua e spiazzante e invece, nella fantasticheria di Pasquale Gadaleta, si trova perfettamente a suo agio. I dipinti e le sculture dell’artista si inseriscono nello spazio espositivo domestico componendo una grande installazione, che si impernia sulla ricostruzione di una camera da letto. “È uno spazio intimo – spiegano i curatori Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo – in cui si immagina possa abitare l’animale umanizzato. Le opere si allestiscono accanto a oggetti raccolti dall’artista nel corso di lunghe passeggiate sulle colline della Murgia, che si fanno leggere come ready-made rustici e fiabeschi: un letto, una seggiola, un mobilio sbilenco. Qua e là si incontrano piccole ceramiche che riproducono scene di gusto boccaccesco vissute dall’ungulato, una collezione di ricordi di intimità licenziose, gelosamente conservati nel rifugio più segreto, in cui nessuno accede senza invito. Nelle scene immaginate da Pasquale Gadaleta, scolpite o dipinte, i cinghiali dormono o scorrazzano nella luce crepuscolare oppure avanzano fieri, da soli e in gruppo in scenari di una natura ancestrale che evoca alla mente certe pitture di un mondo preromano. L’uso sia della terracotta che del colore che l’artista fa rimanda direttamente a un retaggio archeologico da lui intensamente amato e studiato, a testimonianza di un profondo e vitale legame con la sua terra natia, abitata nell’antichità da quei Peucezi che tantissime testimonianze della loro arte e della loro cultura hanno lasciato, come racconta la collezione del Museo Jatta di Ruvo di Puglia”.
“Pasquale Gadaleta – proseguono i curatori – inizia a dipingere i cinghiali nel 2018, dopo averli incontrati e osservati sulla Murgia. Il primo motivo di attrazione per lui, da un punto di vista prettamente scultoreo, è la forma e il volume dell’anatomia dell’animale. Per Gadaleta, il cinghiale è visivamente perfetto e per questo si presta bene a essere raffigurato. Poi viene lo studio iconografico, la scoperta della sua presenza costante nell’arte attraverso i millenni e i secoli, a partire dalle scene di caccia dipinte nelle caverne 35mila anni fa. Così il cinghiale diventata un’ossessione per l’artista, fino a diventare un suo alter ego. In questo senso la mostra potrebbe essere letta come un grande autoritratto. Dopo tante peregrinazioni i cinghiali di Gadaleta arrivano a Roma e sono protagonisti di un progetto unitario che pone l’animale al centro e chiude un ciclo, invitando alla scoperta di quali fantasticherie si animi il suo sonno, in una dimensione onirica e affabulante, e andando a intrecciare con leggerezza il mondo privato dell’artista con gli echi dei discorsi dell’attualità e della politica”.
Per spiegare il suo progetto, l’artista sceglie di citare I Ching, ovvero Il libro dei mutamenti, antico testo classico cinese, un libro sapienziale usato come oracolo: “Il dente di un cinghiale castrato porta salute. Di per sé il dente del cinghiale è pericoloso; ma quando la natura del cinghiale sia mutata essa perde la sua pericolosità. Così anche nell’uomo non bisogna combattere direttamente i suoi istinti primitivi, ma eliminare le radici della selvatichezza”.
“La mostra – concludono Del Re e de Nichilo – è un inno alla bellezza della selvatichezza, espressione poetica di un percorso di ricerca peculiare e vivacissimo che si snoda lungo sentieri poco battuti e lontani dalle rotte più frequentate dell’arte di oggi, dove andare a cercare le tracce di una fauna schiva e silenziosa, che abita tra le pietre e la luna, tra la memoria e il sogno, in un delicato equilibrio che merita cura speciale, attenzione e rispetto”.
Pasquale Gadaleta è nato nel 1988 a Terlizzi, in provincia di Bari, ed è diplomato in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Attualmente vive a Ruvo di Puglia e insegna discipline plastiche e scultoree presso il liceo artistico “Pino Pascali” di Bari. Nel 2008 la Galleria Luciano Inga-Pin di Milano allestisce la sua prima mostra personale intitolata A che gioco giochiamo?. Nel 2012 vince il Premio Nazionale delle Arti “Academy Pride” per la scultura, con una mostra all’Accademia Albertina di Torino. È del 2020 la personale Sentimentale a Palazzo Venezia di Napoli a cura di Letizia Mari. Nel 2021 vince il Premio di pittura “Fausto Pirandello”, con una mostra al Museo civico di Anticoli Corrado, in provincia di Roma, curata da Manuel Carrera. È stato invitato in varie mostre collettive in Italia e all’estero, sia in galleria private che in spazi pubblici e museali.