Passages / Paysages
L’esposizione indaga l’intima, complessa relazione tra individuo e ambiente, elaborando una lettura del paesaggio come luogo della continua negoziazione tra dato naturale e artificiale.
Comunicato stampa
enerdì 7 maggio 2021 alle ore 17.00, nelle sale di Palazzo Barbò a Torre Pallavicina (BG) inaugura la mostra collettiva Passages / Paysages, a cura di Roberto Lacarbonara. In esposizione le opere degli artisti: Francesco Arena, Nina Canell, Gianni Caravaggio, Alice Cattaneo, Fabio Dartizio, Andrea Francolino, Sophie Ko, Carlo e Fabio Ingrassia, Vincenzo Marsiglia, Domingo Milella, Marco Neri, Ornaghi&Prestinari, Nazzarena Poli Maramotti, Serj, Giovanni Termini.
L’esposizione indaga l’intima, complessa relazione tra individuo e ambiente, elaborando una lettura del paesaggio come luogo della continua negoziazione tra dato naturale e artificiale, ma anche come zona di transizione misurata, generata, attraversata e continuamente riscritta dall’azione umana.
Nell’epoca della virtualizzazione dell’esperienza e del contenimento delle relazioni prossimali, la mostra riafferma la centralità del corpo, unità di servizio per la conoscenza e l’accesso al reale, non più secondo la centralità umanistica, bensì all’interno di una dinamica fluida, mutevole, effimera.
“Ogni paesaggio è nostalgico, è già visto, pur nella assoluta estraneità rispetto alle nostre esperienze posizionali e geografiche. In quanto passaggio, il paesaggio è sempre passato. Riconquistare il passo significa riscoprire la natura “narrativa” dei nostri paesaggi, la loro capacità di contenere e generare storie. E questa ricollocazione dell’uomo sui sentieri del mondo può far emergere un paesaggio anche là dove meno ce l’aspettiamo, anche nel mezzo della città, anche in un viaggio fatto sul posto.” - scrive il curatore Roberto Lacarbonara nell’introduzione in catalogo - “De Certaud affermava che “la storia comincia raso terra, con dei passi”. La successione dei passi è una forma di scrittura, costituisce la trama dei paesaggi attraverso una sorta di “enunciazione pedonale”, un atto locutorio fatto di movimenti e sguardi, capaci di produrre attraversamenti ed appropriazioni di luoghi prima invisibili. Se i luoghi sono – ancora De Certaud – “racconti in attesa”, i paesaggi sono racconti all’opera”.
Dal riferimento alle pagine sulla modernità sviluppate da Walter Benjamin (Das Passagen-Werk, 1928-1940) sino alla recente indagine sul paesaggio residuale da parte di Gilles Clément (Manifeste du Tiers Paysage, 2004) e John Berger (Landscapes, 2016), emerge una condizione frammentaria e incerta del paesaggio, ben distante da ogni possibilità di coerente rappresentazione: nessun “vedutismo” è possibile, al di fuori di quello ipertrofico generato dai mass media.
Gli artisti in mostra compongono un’ampia teoria di panorami sensibili laddove il visitatore/flâneur può addentrarsi in un percorso che – tra le sale rinascimentali e la distesa del parco di là dalle finestre che inondano gli ambienti di luce naturale – stimola l’esercizio cognitivo, la produzione incessante di inferenze, le ipotesi estetiche di passaggio al paesaggio. “Il paesaggio non è, ma accade”, scrive Lacarbonara nell’omonimo saggio (Passages | Paysages, Mimesis 2020) da cui muovono le tesi della mostra.
Palazzo Barbò
Lungo il corso del fiume Oglio, tra Soncino e Pumenengo, a seguito della Pace di Lodi del 1453 tra il Ducato di Milano e la Repubblica Veneta, Francesco Sforza commissionò al figlio Tristano la costruzione di una torre di guardia del confine, eretta sulle terre dei Conti Barbò, già feudatari dei luoghi sin dal 1070.
Divenuto in seguito dimora dei Conti Barbò, che tuttora lo possiedono, il Palazzo rappresenta una straordinaria dimora storica della più alta tradizione architettonica italiana. Immerso nella suggestiva cornice dell’immenso parco di 25.000 metri quadri, costellato di alberi secolari, il Palazzo, progettato dall’architetto Antonio Campi, ospita annualmente mostre di arte contemporanea all'interno delle sale del primo piano: il salone delle feste e l'infilata delle sale rinascimentali che alternano soffitti a cassettoni lignei, affreschi, grottesche e camini in marmo. Nel 2001 il palazzo ha ospitato le riprese de Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi.
L’esposizione è accompagnata dalla pubblicazione del catalogo edito da Scalpendi Editore (Milano) con i testi del curatore e le immagini della mostra. Fotografie di Maurizio Donzelli.