Per Barclay – Corriere della Sera
Mostra personale.
Comunicato stampa
“Il piacere che si prova a viaggiare nella propria camera è al riparo della gelosia inquieta degli uomini ed è indipendente dalla fortuna”: queste parole che aprono il romanzo di Xavier de Maistre, Voyage autour de ma chambre (Viaggio intorno alla mia camera) mi sono venute alla mente dopo aver visto le immagini che Per Barclay ha realizzato nel 2015 nella mia stanza al Corriere della Sera. In fondo, ho pensato che quella “camera” in cui ho vissuto giorno e notte per molti anni, fosse il mio simbolico ma autentico ritratto: un luogo caotico, in cui arte e giornalismo dialogavano incessantemente. Uno spazio denso di energia, ricolmo di immagini, ritagli di giornali, documenti, ricordi di mostre, disegni, progetti, foto di amici e dovunque libri, libri e ancora libri. Insomma, uno spazio di libertà.
Avevo collocato tra la finestra e la scrivania una sbilenca scritta che riportava una celebre citazione di Nietzsche: Ci vuole un caos dentro di sé per partorire una stella danzante. Chissà, una specie di alibi per farmi perdonare quel casino imperdonabile e che faceva inorridire soprattutto Ferruccio de Bortoli quando veniva a trovarmi.
Avevo conosciuto Per Barclay molti anni prima presso la galleria di Francesco Pantaleone e conoscevo bene la sua ricerca che apprezzavo per la qualità formale, l’invenzione e l’intensità espressiva. Gli avevo dedicato anche una copertina de la Lettura, l’inserto culturale del Corriere. E anche per questa ragione, quando stavo per lasciare quella stanza a causa di una ristrutturazione dello storico edificio di via Solferino 28, gli chiesi di fermare con il suo sguardo quello spazio che era parte della mia vita. E Per aderì subito con entusiasmo.
La mia “camera” era nella parte nuova del palazzo progettato da Vittorio Gregotti e dava nella corte interna: vedevo passare tutti i colleghi, la vita del giornale si metteva in moto dentro la mia stanza, ma anche all’esterno. C’era costantemente un dentro e un fuori. Un pomeriggio mi sono trovato davanti a una visione surreale: Maradona stava tirando calci di rigore per un piccolo gruppo di giornalisti del Corriere e della Gazzetta dello Sport. Non ci potevo credere.
“Nulla è più attraente, secondo me, che seguire la pista delle proprie idee, come il cacciatore segue la selvaggina, senza curarsi di mantenere la propria strada. Così, quando viaggio nella mia stanza, io percorro raramente una linea retta: vado dalla mia tavola verso un quadro piazzato in un angolo e da lì parto in diagonale per andare verso la porta”: così Xavier de Maistre e così anch’io, riguardando le immagini di Per Barclay.
Rivedo le tante mostre che ho fatto e le infinite pagine che ho progettato, alcune sommerse da foto e ritagli. Ricordo le notizie drammatiche che ho dovuto affrontare e gli appassionanti incontri con curatori e artisti. Il tempo in queste fotografie diventa sostanza, materia su cui costruire un personale viaggio della memoria che diventa testimonianza di un progetto culturale.
Rivedo la prima copia di la Lettura con l’opera/autoritratto di Ai Weiwei, quando era agli arresti a Pechino nel suo studio, ma anche i lavori di ritratti degli amici artisti: Christo, Nanda Vigo, Italo Lupi, Daniel Buren e dello stesso Per Barclay. E poi il ritratto di Piero Manzoni o di Mario Dondero, straordinario fotografo, vecchio amico e grande agitatore di energie.
Ovviamente, anche riproduzioni di opere, quelle che ho sempre amato, come la madonna del parto di Piero della Francesca, o quella di Frida Kahlo. Ma anche le mie, seminascoste nella parete.
Grande, al centro, un lavoro pubblico di Alfredo Jaar, con una scritta che diventa insieme invito a riflettere e monito: “Cultura dove sei?”. E’ la stessa domanda che suggeriscono anche le opere di Per Barclay, quando con la sua forza visionaria ci invita a guardare la realtà attraverso uno sguardo distopico, come lo specchio di Alice che ci porta in una nuova inaspettata meraviglia. Ma qui, uno specchio vero e imparziale carico, al tempo stesso, di una prodigiosa finzione.
E ancora una volta mi vengono in soccorso le parole di Xavier de Maistre: “Mai mi ero accorto più chiaramente che io sono doppio. Mille piacevoli fantasmi volteggiano davanti ai miei occhi. Sì, vedo bene quella casa, quella porta, quella scala, il cuore mi batte d’avanzo”.
Grazie caro Per. Grazie per la complicità di questo viaggio nei segreti della mia “camera”. E per aver consacrato nell’arte, la verità delle due anime della mia vita.
un ringraziamento speciale a Planeta vini