Percorsi di luce

Informazioni Evento

Luogo
VILLA POMINI
Via Don Luigi Testori 14, Castellanza, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

venerdì e sabato 15/19 – domenica 10/12 – 15/19

Vernissage
07/10/2012

ore 17 con proiezione di un video dedicato a P.G. Branzi

Biglietti

ingresso libero

Patrocini

dell'Assessorato alla Cultura del comune di Castellanza e il supporto di EPSON Italia.

Artisti
Piergiorgio Branzi, Emanuele Carpenzano, Giorgia Carena
Generi
fotografia, collettiva

Un grande autore e due giovani talenti per esplorare i diversi linguaggi della fotografia.

Comunicato stampa

Rassegna Fotografica: Percorsi di Luce

L’A.F.I.-Archivio Fotografico Italiano, che ha come finalità quella di promuovere la fotografia in tutti i suoi aspetti, diffondere la cultura della preservazione di immagini storiche, moderne e contemporanee e di promuovere i giovani autori, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Castellanza (Va) e con il supporto tecnologico di EPSON, organizza dal 7 al 28 ottobre 2012 presso la storica villa Pomini di Castellanza (Va), la rassegna fotografica dal titolo: PERCORSI DI LUCE
Un grande autore e due giovani talenti per esplorare i diversi linguaggi della fotografia.

Piergiorgio Branzi
DIARIO MOSCOVITA

Nel 1962 Branzi viene mandato a Mosca da Enzo Biagi, a quel tempo direttore del Telegiornale RAI, come giornalista-reporter, e fa le riprese filmate accompagnate da un testo di commento. Ufficialmente fotografare a Mosca in quei tempi di guerra fredda non è permesso e la situazione per un reporter straniero è molto difficile, anche perché non gli viene reso facile coltivare contatti privati. Dal punto di vista di un osservatore silenzioso, Branzi riprende la vita quotidiana delle persone in un suggestivo bianco e nero: la fila davanti ai negozi, il correre nelle strade o sulle ampie piazze innevate, prendere un Tjai nei Magazzini Gum, il bagno alla domenica nella Moscova in costume da bagno. Branzi osservava con la sua Leica la vita nella città con rispetto e sensibilità. Mentre la fotografia permette a chi la usa di fermare delle immagini da lui ritenute interessanti, la presentazione pubblica di queste fotografie nelle mostre e nei libri da l'occasione preziosa di rivedere le stesse immagini e, spesso, di fare dei viaggi virtuali per luoghi e tempi distanti. Così accade per il "Diario Moscovita", spontaneo reportage in cui scene di vita rappresentano il tributo nostalgico per un popolo osservato con partecipe sincerità, dove si vedono i quartieri nuovi, il museo della rivoluzione, il monastero dei vecchi credenti, il negozio d'antiquariato su l'Arbat, la lezione di valzer, l'Università Lomonosov.

PIERGIORGIO BRANZI, fiorentino (1928) comincia a fotografare negli anni cinquanta ottenendo immediata notorietà in Italia e all’estero. Delle diverse anime della fotografia italiana, incarna quella più colta, più europea. Tra i primi a cogliere la modernità dei grandi modelli stranieri, francesi e americani, e a sperimentare l’ uso del nero profondo nella stampa, Piergiorgio Branzi diventa, con Paolo Monti e Mario Giacomelli, un innovatore dei codici linguistici della fotografia.
Formatosi nella tradizione figurativa toscana, dotato da una naturale eleganza formale, le sue immagini aprono un capitolo nuovo nel panorama della fotografia italiana, identificato come “realismo-formalista”. Personaggi e volti colti con sottile sarcasmo segnato da una vena surreale, in equilibrio tra un lirismo sommesso e una vivida caratterizzazione psicologica. L’immagine definitiva, rigorosamente bilanciata nelle coordinate magiche della composizione. E’ per Branzi il prodotto di previsioni, di riflessioni, di aggiustamenti di tono e di tagli in camera oscura, di equilibrio formale e momento decisivo nella ripresa.
Nel 1955 intraprende un lungo viaggio in motocicletta, attraverso l’Abruzzo e il Molise, la Puglia e la Lucania, la Calabria e Napoli, ma anche verso le zone depresse del Veneto. L’ anno successivo attraversa la Spagna, un paese e una società che a dieci anni dalla fine del conflitto appare ancora separata dall’ Europa. È uno sguardo curioso e partecipato quello di Piergiorgio Branzi, un viaggio attorno all’ uomo, con le sue tensioni, la sua fatica di vivere che non è solo fatica di lavoro. I volti dei personaggi, colti dal suo obiettivo con ironia o tragica delicatezza, tendono a raggiungere valenza esistenziale e simbolica, dove spesso lo stupore prevale sull’empatia: divengono icone, maschere di una umanità lontana, tragica e pagana, misera e ingenua.
Partecipa alla intensa e innovativa esperienza dell’editoria giornalistica del dopoguerra, collabora attivamente all’esperienza de “Il Mondo” di Pannunzio, registrando con le sue immagini la nascita convulsa della società di massa, il formalismo nei comportamenti della nuova borghesia, il graduale processo di omologazione consumistica.
Verso la fine degli anni cinquanta Piergiorgio Branzi, dopo aver abbandonato gli studi di giurisprudenza, rallenta l’attività fotografica cercando uno sbocco nel giornalismo scritto. All’inizio degli anni sessanta è assunto dalla RAI.
Nel 1962 il Direttore del Telegiornale, Enzo Biagi, lo invia a Mosca, quale primo corrispondente televisivo occidentale nella capitale sovietica. Sono gli anni caldi della “guerra fredda”, la costruzione del muro a Berlino, la crisi di Cuba. Rimarrà a Mosca quattro anni, una lunga convivenza, resa possibile dal primo “disgelo” Kruscioviano, e che gli suggerisce di riprendere in mano la macchina fotografica per fermare e raccogliere situazioni, luoghi, volti, frammenti di quotidianità. Appunti di un diario visivo che apriranno uno spiraglio su atteggiamenti e comportamenti degli abitanti della capitale sovietica, centro nevralgico dell’immenso territorio che dal Baltico al Pacifico si estende per undici fusi orari.
Nel 1966 lascia Mosca per assumere l’incarico di corrispondente da Parigi.
Dopo il maggio 1968, rientra a Roma come commentatore e inviato speciale del Telegiornale. Realizza inchieste e documentari in Europa, Asia, Africa.
Dopo l’esperienza moscovita lascia la fotografia sperimentando la pittura e l’incisione. Riprende a fotografare a metà degli anni novanta per una rivisitazione dei luoghi pasoliniani. In questi ultimi tempi la città di Parigi, spogliata di miti artistici, letterari e filosofici, è al centro della ricerca di Branzi, che ne capta umori ed inquietudini, seguendo, come sempre, il proprio istinto e quella capacità di ascoltare ed essere in empatia con il personaggio che si trova di fronte al suo obiettivo.
Dal 2007 sperimenta le possibilità della tecnica digitale, nella consapevolezza che attraverso la sua insita utopia di democratizzazione possa, e debba aprire un cambiamento epocale, un giro di boa e di rotta nella pratica e nel codice linguistico del fare fotografia.
Numerose mostre personali delle sue immagini sono state ospitate in Gallerie private, Musei, Istituzioni pubbliche.
Sue opere sono state acquisite da: SFMOMA/Museum of Modern Art, San Francisco (USA), BIBLIOTEQUE NATIONAL DE FRANCE, Parigi (FR), FINE ART MUSEUM, Houston (USA), GUGGENHEIM MUSEUM, New York (USA), ISTITUTO SUPERIORE STORIA FOTOGRAFIA, Palermo (IT), MUSEO DEL FOTOGIORNALISMO, Torino (IT), MUSEO DELL’INFORMAZIONE, Senigallia (IT), MUSEO LUIGI PECCI, Prato (IT), ARCHIVIO FRATELLI ALINARI, Firenze (IT), ESTORICK COLLECTION, Londra (UK).
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Emanuele Carpenzano
NEL GREMBO

Per affrontare in fotografia il tema del nudo bisogna essere dotati di una particolare sensibilità perché quello che l’obiettivo inquadra non è, nonostante le apparenze, solo un corpo ma una persona di cui saper valorizzare tutte le sfumature, soprattutto quelle più intime e delicate che rientrano nell’ambito della dimensione psicologica.
E’ proprio questa sensibilità a caratterizzare “Nel grembo”, la ricerca realizzata da Emanuele Carpenzano con uno stile e una intensità che escludono da subito il puro esercizio di stile che pure nella fotografia di nudo è così comune. Piuttosto, quello che interessa al fotografo è raccontare una storia con la spontaneità di un racconto, con il graffiante vigore di un aforisma.
Un sottile filo lega il fotografo alla modella perché il primo fa un passo indietro e accetta di essere colui che, dopo aver dato lo spunto, sceglie un ruolo apparentemente defilato consentendo alla seconda di occupare lo spazio con l’intensità di cui è capace. Il corpo della donna è imprigionato in una stanza dalle pareti nere che caratterizza un design modernissimo ed essenziale: questo diventa il luogo teatrale ossessivo e claustrofobico al cui interno la ragazza si muove come volesse liberarsi di una sofferenza che emerge nei suoi gesti rapidi e disperati, nel suo moltiplicarsi in superfici specchianti, nel suo rannicchiarsi su se stessa, nel suo abbandono. Poi, quando tutto sembra chiudersi su di lei, improvvisa arriva la liberazione: il cielo si allarga espandendosi, la luce domina ogni cosa e il corpo della donna sembra ritrovare la sua serenità fin quasi a confondersi con l’acqua, con la sabbia, con la roccia che con la loro vicinanza le conferiscono una flessuosità e una delicatezza nuove. E’ allora che il fotografo rivela il suo vero ruolo di demiurgo, colui che con la sua presenza ha consentito alla vicenda di svolgersi, alla donna di rinascere. Roberto Mutti

EMANUELE CARPENZANO, siciliano, nato 40 anni fa, vive e lavora a Catania dove esercita l'attivita' di fotografo professionista.
Profondo conoscitore della sua terra, ama ritrarne i luoghi, i volti e le tradizioni con sincero coinvolgimento. Ha al suo attivo numerose partecipazioni a concorsi e mostre, che hanno sempre riscosso un notevole favore di pubblico. Attualmente dirige il Centro di Arti Visive Sikanie, da lui fondato nel 1996 con sede a Catania, che si occupa di promuovere attraverso corsi, stages e mostre fotografiche l'interesse per il mondo della fotografia.
E', inoltre, un sensibile interprete della fotografia da cerimonia, settore in cui riesce ad esprimere una viva partecipazione alle emozioni dei protagonisti e dove il reportage piu' puro si mescola al racconto quasi cinematografico di di uno dei giorni piu' belli di tutta la vita.
Riconoscimenti recenti:
2010 - ORVIETO FOTOGRAFIA PROFESSIONAL PHOTOGRAPHY AWARDS
3 Bronze Awards categoria Matrimonio
3 Bronze Awards categoria Reportage
2009 - TAU Visual Premio della Qualita' Creativa in Fotografia Professionale 2009, Categoria Cerimonia, Secondo Classificato
2009 - IPA international Photography Awards, Honorable Mention for "A special day"
2009 - ORVIETO FOTOGRAFIA PROFESSIONAL PHOTOGRAPHY AWARDS - finalista categoria Wedding
2009 - FIOF Fotografo QIP nella categoria Wedding
2009 - TAU VISUAL certificazione di qualita' fotografica LIVELLO 6
Sue immagini fanno parte della collezione dell’Archivio Fotografico Italiano.
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Giorgia Carena
IMMAGINI DAL SILENZIO
Il progetto nasce dalla passione della fotografa per le poesie della Dickinson, che immediatamente evocano in lei immagini difficili da dimenticare, dando il via così a un lavoro in studio durato otto mesi: dalla scelta delle poesie ai primi bozzetti, dalla ricerca del volto all’esecuzione degli scatti.
Tutti di fotografia in bianco e nero, tutti di nudo di donna: una donna che, a 125 anni dalla scomparsa della Dickinson, si svela con il proprio corpo per evocare quelle parole, tanto sofferte e tanto necessarie, che a loro tempo avevano a loro volta messo a nudo l’anima della poetessa.
La mostra sarà ricca di particolarità: dal creativo allestimento di Erique La Corbeille, che dona alle fotografie in bianco e nero cornici variegate, alla performance di Laura Cerini, musa della fotografa e protagonista degli scatti, che sarà parte integrante della mostra fotografica, quale simbolo della poetessa.
L’immagine della modella è curata da Roberta Demolli, make-up artist del progetto fotografico.
Alla riscoperta di parole e immagini nel nome di Emily Dickinson, che toccheranno gli animi dei visitatori.
L’ispirazione di IMMAGINI DAL SILENZIO arriva nel 2010, a settembre, il progetto prende forma, inizia la ricerca di una modella in grado di posare e interpretare il difficile personaggio, una truccatrice fuori dal comune, giovane e creativa. La ricerca di Giorgia si conclude a dicembre, e a febbraio 2011 si inizia a scattare. Laura Cerini sarà la modella e Roberta Demolli la truccatrice.
Ogni foto è una ricerca difficoltosa e lunga, estenuante. Le poesie di Emily sono difficili e a volte ti lasciano senza parole e senza immagini. A novembre gli scatti sono ventidue. Ce ne sarebbe un ventitreesimo, ma Giorgia decide di includerlo solo nel futuro libro. IMMAGINI DAL SILENZIO, infatti, sarà presto anche un ebook. IMMAGINI DAL SILENZIO non vuol essere solo un’interpretazione della poesia di Emily, ma anche un tentativo di dare delle risposte alle sue domande. Un tentativo vano, forse, o forse dentro le immagini c’è davvero di più? Il percorso d’introspezione ha coinvolto Giorgia, e adesso vuole coinvolgere tutti gli spettatori che guarderanno queste fotografie. Vuole dare risposte o creare nuove importanti domande.

GIORGIA CARENA nasce e cresce a Intra, frazione della bella Verbania, sul Lago Maggiore.
Inizia a fotografare nel 1993 tra le strade di Como, dove vive e studia Ingegneria, e subito si appassiona al bianconero; passione che non abbandonerà mai più.
Nel 1996 l’incontro con il fotografo Piero D’Orto le apre nuove strade verso la ricerca di una tecnica più affinata, e soprattutto inizia ad appassionarsi al ritratto. Seguirà gli stimoli del suo maestro in tutti
gli anni a venire, continuando a studiare e sperimentare, fino al 2001, quando vicende controverse della sua vita l’allontaneranno dalla fotografia per diversi anni.
Nel 2008 la sua prima digitale, con la quale inizialmente familiarizza poco. E’ abituata alle pellicole, non accetta subito la nuova tecnologia. Poi è di nuovo amore. Il mezzo non conta, è solo strumento “attraverso il quale”. La passione rinasce e con essa nuovi progetti, fino al 2010 quando la fotografa realizza il suo sogno di uno studio fotografico tutto suo, per poter sperimentare con maggiore dedizione. Oggi Giorgia vive e lavora a Besnate (VA), dove dirige una scuola di musica, fotografia e recitazione.