Pieces of Me: Reloaded
La mostra Pieces of Me: Reloaded nasce dalla volontà di riunire i sette progetti espositivi della rassegna d’arte contemporanea che, a partire dal mese di Marzo 2013, si sono tenuti presso le Messaggerie Sarde di viale Italia 28 a Sassari.
Comunicato stampa
La Soprintendenza per i Beni architettonici paesaggistici storici artistici ed etnoantropologici di Sassari in collaborazione con le Messaggerie Sarde e l’Associazione Culturale Nessun Dorma, presentano la mostra Pieces of Me: Reloaded a cura di Davide Mariani, che verrà inaugurata martedì 8 aprile a partire dalle 18:00 nella sala delle mostre temporanee presso il MUS’A in Piazza Santa Caterina a Sassari.
La Pinacoteca Mus'a riapre le sue sale al contemporaneo per ospitare le opere degli artisti selezionate da Davide Mariani. È un'opportunità che il museo coglie volentieri, per ribadire la sua funzione di polo culturale aperto e attento alle dinamiche e ai linguaggi dell'arte di ieri e di oggi.
Soprintendenza BAPSAE Sassari
LOOKING FOR A SPACE // Andata e Ritorno.
La mostra Pieces of Me: Reloaded nasce dalla volontà di riunire i sette progetti espositivi della rassegna d’arte contemporanea che, a partire dal mese di Marzo 2013, si sono tenuti presso le Messaggerie Sarde di viale Italia 28 a Sassari. Gli artisti che hanno preso parte all’iniziativa attraverso una serie di mostre personali sono: Marco Ceraglia (Backstage, 16 marzo – 06 aprile), Peter Trnkus (I.C.O.N.E.D.E.L.L.E.V.E.R.D.U.R.E.V.E.R.D.I., 27 aprile – 15 maggio), Sergio Fronteddu (Forme della trasparenza, 18 maggio – 5 giugno), Veronica Muntoni (Somewhere, 25 giugno – 15 luglio), Andrea Casciu (Chromatic Bodies, 14 – 24 settembre), Valentina Daga (Beyond Memories, 5 – 18 ottobre) e Narcisa Monni (Je Ne Regrette Rien, 23 novembre – 5 dicembre).
A distanza di un anno dall’inaugurazione di Pieces of Me si intende realizzare una mostra collettiva che faccia il punto della situazione in merito a quello che è stato un esperimento di contaminazioni tra arte, moda e design. La rassegna, infatti, si è svolta all’interno di una boutique di accessori legati alla moda e al design in cui, con cadenza mensile, ciascun artista è stato invitato ad esporre una serie di opere, con l’intento di ripensare l’allestimento del negozio e di ridefinire gli spazi coinvolti. Pieces of Me prende le mosse dalla tendenza che vede sempre più spesso le case di moda e i Fashion Stores impegnati a sponsorizzare e ospitare mostre nei loro spazi, per rendere più culturali le proprie attività. Per lungo tempo la moda e l’arte hanno percorso strade parallele, anche se negli ultimi anni, grazie anche alla crescente attenzione da parte di istituzioni museali, sono arrivate ad incontrarsi dando vita, in più occasioni, a risultati interessanti.
Nel caso specifico di Pieces of Me, lo spazio deputato a questo incontro, non essendo neutro e immacolato, ha permesso di creare delle soluzioni installative alternative al classico White Cube, in favore di allestimenti capaci di generare un dialogo tra le opere degli artisti e gli altri elementi caratterizzanti il punto vendita. Quando nel 1976 Brian O’ Doherty, artista e teorico dell’arte, pubblica il saggio Inside the White Cube descrive il luogo della modernità come uno spazio bianco e immacolato da cui sottrarre qualsiasi cosa possa interferire con l’arte. Lo scenario artistico attuale tuttavia non appare più così uniforme, soprattutto a causa dei notevoli processi di cambiamento che nell’ultimo secolo hanno investito le istituzioni artistiche. Numerosi sono infatti gli artisti che propongono progetti volti a mettere in discussione gli spazi destinati alla fruizione delle opere. Ciò nonostante queste pratiche sono state a loro volta inglobate dalle stesse Istituzioni che con frequenza sempre maggiore si prestano ad accogliere, e in alcuni casi perfino a commissionare, progetti che dovrebbero, in linea teorica, mettere in crisi il loro funzionamento, certi del fatto che queste esperienze, tutto sommato, si svolgeranno nel sistema protetto del mondo dell’arte.
La rassegna, nella sua fase più sperimentale, si è svolta in un contesto informale all'insegna della contaminazione. Nessun tema specifico ha accomunato le mostre che si sono susseguite se non quello di proporre dei frammenti della ricerca degli artisti presentati, da qui il titolo Pieces of me (Pezzi di me), che hanno dato vita ad un crossover tra fotografia, pittura, scultura e lo spazio che li ha ospitati. Si è trattato di un esperimento curatoriale il cui obiettivo era quello di indagare le diverse possibilità di comunicazione e fruizione del lavoro artistico, modificando uno degli aspetti più emblematici del modo di vedere e percepire l’arte: lo spazio. Terminati i progetti personali nel mese di dicembre, si ritiene ora necessaria, per completare l’esperienza, la realizzazione di una mostra collettiva che riunisca alcune delle opere presentate nei mesi scorsi insieme ad altre realizzate per l’occasione. Le opere di Andrea Casciu sono incentrate sul rapporto tra l’uomo e la propria immagine. L’autoanalisi è alla base della sua ricerca artistica attraverso una raffigurazione alterata delle sue sembianze, ottenuta grazie all’impiego di diverse scale cromatiche. Marco Ceraglia presenta in mostra un’opera dal forte impatto visivo: un racconto sincero che appare come uno sfogo irrazionale in cui rivela le sue tensioni, paure, frustrazioni, fragilità e speranze in una sorta di testamento di intenzioni. Valentina Daga nelle sue opere riesamina il suo passato attraverso la rielaborazione dei suoi ricordi, tratti da antiche foto di famiglia, intervenendo sulla dimensione temporale dando vita a degli anacronismi emozionali. Nei lavori di Sergio Fronteddu l’illusione del vero è evocata tramite un gioco di forme e trasparenze che rendono i suoi manufatti delle copie perfette degli originali. Le sue sculture rappresentano oggetti di uso comune che rivelano una sensibilità che tende a riscattare una dimensione quotidiana. Dalle opere di Narcisa Monni emerge un clima di interezze in cui il desiderio si trasforma in fascinazione verso la sofferenza. L’arte per Monni rappresenta una costante sfida con se stessa, un’arena dove poter ingaggiare una battaglia che le consenta di dare sfogo ai suoi stati d’animo in una messa in scena dai toni teatrali. La serie di ritratti fotografici proposti da Veronica Muntoni si caratterizza per le forti implicazioni psicologiche dei protagonisti che appaiono in pose e atteggiamenti audaci ma al contrario i loro sguardi rivelano uno stato d’animo inquieto e sofferto capace di generare un forte contrasto tra forma e contenuto. Diretti, sfrontati, innocenti, così si mostrano agli occhi dello spettatore in un racconto che assume i toni autobiografici. Il lavoro di Peter Trnkus risulta invece un interessante commistione tra classicismo e innovazione: il fondo doro, in linea con la tradizione delle icone sacre, costituisce il punto di partenza dei suoi dipinti, infatti, contrariamente alle immagini di santi, l’artista rappresenta una serie di verdure verdi. La scelta di cambiare contesto espositivo nasce dalla volontà di fornire un ulteriore possibilità di recepire le opere degli artisti, ma anche per legittimare l'operazione che, da semplice esperimento “da boutique”, viene riproposta in una visione totale all'interno di uno spazio istituzionale come quello della Pinacoteca Mus'A di Sassari che vanta al suo interno una collezione storica di opere di grandi maestri del Novecento in Sardegna. In questa fase conclusiva si intendono dunque fornire nuovi spunti di riflessione in merito alle dinamiche inerenti la definizione degli spazi dedicati all’arte contemporanea e infine a quelle relative all’interesse del pubblico istituzionale verso il privato commerciale.
Davide Mariani.