Pier Giorgio De Pinto – Soft in soft out
Codifica e decodifica, identità e alterità sono i temi che De Pinto sviluppa per un lavoro site specific appositamente concepito per lo spazio di Ermanno Cristini a Varese, ove il senso trans-disciplinare della sua opera pone l’accento sulla codifica e decodifica come luogo di incontro/scontro tra identità e alterità.
Comunicato stampa
L’opera dell’artista italiano Pier Giorgio De Pinto (1968) si nutre del rapporto tra rappresentazione e concetto all’interno di una società dell’immagine in repentino mutamento e alla ricerca di una nuova identità. I cambiamenti recenti si fanno, a partire dalla dagli anni Sessanta, parallelamente alla recrudescenza delle nuove tecnologie, che in parte sostituiscono l’uomo concettualizzando il suo fare. Ecco che una nuova estetica dell’arte – e del fare, appunto – si affaccia e si materializza. La macchina prima e le tecnologie telematiche in seguito hanno davvero influenzato il linguaggio artistico in senso estetico; artefici eccellenti del processo di virtualizzazione e di creazione di innumerevoli metastasi di mondi virtuali e parallelismi inventati.
In questo senso l’arte e i suoi stilemi continueranno a esistere per l’uomo, anche se qualcuno li darebbe per spacciati, pur attraversando i suoi confini e invadendo la sfera del ‘social’ tout court. L’attuale networking è in qualche modo figlio legittimo di un’estetica della tecnologia, mettendo in perenne bilico realtà e verità. Ecco che gli aspetti ‘creativi’ – per usare un’accezione che determina l’usura dell’arte come fattore di autenticità – sono viepiù affidati a mediatori tecnologici.
SOFT IN SOFT OUT [CODING AND DECODING], codifica e decodifica, identità e alterità sono i temi che De Pinto sviluppa per un lavoro site specific appositamente concepito per lo spazio di Ermanno Cristini a Varese, ove il senso trans-disciplinare della sua opera pone l’accento sulla codifica e decodifica come luogo di incontro/scontro tra identità e alterità.
Il risultato di questa ricerca si riassume attraverso mezzi quali disegno e video a carattere installativo.
Nei suoi significati profondi, segni e soggettività non si consumano entro uno scambio simmetrico ed eguale tra chi parla e chi ascolta, tra chi enuncia e chi interpreta, tra il segno interpretato e il segno interpretante. Essi, all’interno di un rapporto intersoggettivo autore-fruitore, non si limitano al semplice scambio, bensì assumono forma e sostanza nello spostamento reversibile verso l’altro.
Mario Casanova, 2013
Pier Giorgio De Pinto
Pier Giorgio De Pinto (Italia-Svizzera, 1968) è un artista transdisciplinare, come ama definirsi poiché nel suo lavoro attraversa differenti media: il video, il disegno, l’arte digitale ed interattiva, la performance, l’installazione. Solitamente i suoi progetti coinvolgono altri autori, come musicisti, coreografi, performer e artisti provenienti da diversi background culturali, di stile e identità di genere. Grazie a queste collaborazioni De Pinto ha la possibilità di realizzare nuovi progetti sperimentali e radicali, in grado di stimolare la discussione su stereotipi e pregiudizi, ponendo domande scomode negli ambiti di cultura, politica e religione.
I sentieri si costruiscono viaggiando.
(Franz Kafka)
Non c’è etica senza riattribuzione del senso e non c’è senso senza ripensamento del valore del fare.
Riss(e) nasce così. Oggi la realtà è talmente cruda da non consentire perbenismi. Dunque un terreno di confronto fuori dai limiti.
E poi “Riss” in tedesco è “fessura”, “crepa”, “squarcio”; e dalla crepa entra la luce.
È valicando i limiti che si può riattribuire un senso al fare e più nello specifico al fare artistico.
Non è cosa nuova, ma forse ora assume il valore di un’emergenza imprescindibile.
Valicare i limiti è varcare i confini: è l’attitudine del viandante. Senza mappa, senza meta, senza ritorno; perché l’unica meta è il ricominciare ad andare via.
Riss(e) ha questo spirito. È uno spazio fisico solo accidentalmente perché non può essere “qui”. Riss(e) vuole essere piuttosto un “dovunque”, un “altrove”; una sorta di piattaforma che si sposta trovando nell’erranza la propria dimensione etica.
Riss(e) non è un project-space perché non ha una linea curatoriale organica. Propone “mostre”, anche ma non soprattutto, e vuole misurarsi con un continuo “fuori registro” ; quella condizione che deriva dalla consapevolezza che, abbandonata la mappa, non resta che stupirsi degli incontri.
Riss(e) raccoglie una disposizione al dialogo che ha fatto nascere altri progetti, come ROAMING, L’OSPITE E L’INTRUSO, DIALOGOS; diversi tra loro ma accomunati da un bisogno di confronto, in una dimensione relazionale che attraversa la domanda sul “che fare? “ un po’ con lo spirito dell’interrogativo di Leonardo da Vinci: “la luna, come sta la luna?”.
Ermanno Cristini
(Riss(e) è nata con il contributo ideale e di discussione di diversi “passanti”: Cesare Biratoni, Sergio Breviario, Alessandro Castiglioni, Giancarlo Norese, Vera Portatadino, Luca Scarabelli.
Oggi ha incrociato e sta incrociando altri “passanti”, tra cui: Marion Baruch, Antonio Barletta, Marco Belfiore, Francesco Bertocco, Lorenza Boisi, Antonio Catelani , Mario Casanova Salvioni, Viviana Checchia, Clement Project, Francesca Marianna Consonni, Mauro Cossu&Francesca Conchieri, Pier Giorgio De Pinto, Valerio Del Baglivo, Alessandro Di Pietro, Diana Dorizzi, Graziano Folata, Francesco Fossati, Simone Frangi, Daniele Geminiani, Cecilia Guida, Sabina Grasso, Patrick Gosatti, Silvia Hell, Cecilie Hjelvik Andersen, The Island, Erika La Rosa, Lucia Leuci, Corrado Levi, Chiara Luraghi, Luc Mattenberger, Andrea Magaraggia, Francesco Mattuzzi, Samuele Menin, Metamusa, Yari Miele, Concetta Modica, Rossella Moratto, Giovanni Morbin, Angelo Mosca, Alberto Mugnaini, Adreanne Oberson, Chiara Pergola, Cesare Pietroiusti, Marta Pierobon, Jean Marie Reynier, Rosamaria Rinaldi, Laura Santamaria, Lidia Sanvito, Noah Stolz, Marco Tagliafierro, Temporary Black Space, Federico Tosi, Virginia Zanetti.
In attesa dei prossimi.