Pier Giorgio De Pinto – Through a Venetian Blind Glass
La parola è un complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase. La parola, insieme di lettere, definisce l’oggetto e si materializza in forma visibile pittorica e scultorea nell’installazione dell’artista.
Comunicato stampa
Personale di Pier Giorgio De Pinto “Through a Venetian Blind Glass”.
Presso Raucci/Santamaria Studio Project via Francesco Redi 23 - 20129 Milano
Dal 24 marzo al 24 aprile 2023.
Orari, dal martedì al venerdì dalle 15,00 alle 18,00 o su appuntamento.
Tel: +39 02 36581946 email: [email protected]
La parola è un complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase. La parola, insieme di lettere, definisce l’oggetto e si materializza in forma visibile pittorica e scultorea nell’installazione dell’artista.
“A carafe that is a blind glass”, frase di Gertrude Stein (1874-1946), inizio del poema “Tender Buttons”, ci indica il futuro percorso nell’ultima personale di De Pinto che cristallizza in scultura le parole della sperimentale scrittrice americana. Ma le parole, elementi fondanti del linguaggio, possono assumere significati diversi ed arcani nel tentativo di ridefinire la realtà che ci circonda, soprattutto se piegata ad intenzioni poetiche tali da assumere nuove capacità descrittive. Nell’intenzione dell’artista, da sempre interessato a definire ciò che dal paesaggio e dalle sue implicite connotazioni può derivare, la frase della Stein funge da apripista per le opere esposte in mostra e per gli oggetti che l’artista prende in considerazione nelle sue opere.
Ogni luogo ha le sue precise connotazioni e Venezia e la sua laguna sono imprescindibilmente legate storicamente a ciò che la trasparenza del vetro può restituirci come reale elemento liquido che la circonda e peculiare del suo immaginario. In mostra l’artista presenta una serie di paesaggi tratti da foto da lui scattate al Whitney Museum di New York, tre grandi carte di paesaggi veneziani ed una serie di opere che illustrano significativi oggetti della storia del vetro di Murano; tutti realizzati con acquarello. Questo materiale, di difficile manovrabilità, è invece, nella realizzazione del paesaggio e degli oggetti in questione, imbrigliato con perizia tale da restituirci un’immagine che potremmo definire fotografica. Questo sforzo di realizzazione dell’immagine, pur essendo l’artista avvezzo da tempo a tecnologie e a riproduzioni tecniche contemporanee, ha una sua valenza politica nel rivendicare il concetto della manualità anche in relazione a ciò che si descrive nelle opere vetraie. Oggetti che, a dispetto della comune attribuzione funzionale di contenitore, si affermano nella valenza estetica e tecnica in vere e proprie opere d’arte ed ovviamente tali sono nella riproduzione da parte della mano dell’artista. In parallelo si può affermare che ciò avviene anche nelle colorate sedute di Mary Heilmann all’interno delle vedute del Whitney Museum e del paesaggio urbano circostante. L’oggetto descritto in questo caso si fonde con le primigenie caratteristiche derivate dal paesaggio da cui esse provengono e appartengono e che non potrebbero mai tradire. Come non mai in questa esposizione la parola prende forma in una sua intenzionale capacità obliqua. Da un lato ridefinisce i contorni degli oggetti derivati dalla poetica del linguaggio scritto e dall’altro quello della ricerca artistica e delle sue origini in forma visiva.
Pier Giorgio De Pinto nato a Civitavecchia, (Roma), 1968. Vive in Ticino, Svizzera.
È un artista transdisciplinare, un performance artist, un curatore, un teorico ed un media trainer. De Pinto ha sviluppato, nel corso degli anni, un esteso lavoro sul Genius Loci (spirito del luogo), partendo dalle sue forme archetipiche fino ad una nuova definizione geografico/geometrica della forma umana e del territorio.
In molte delle sue opere, acquerelli, dipinti ad olio e disegni, filmati digitali, architetture funzionali, suoni, oggetti ed installazioni interattive, concorrono a creare spazi percorribili. Ambienti che spesso De Pinto estende oltre le loro proprietà fisiche verso nuovi spazi virtuali, grazie all’aiuto delle tecnologie più avanzate.
Le sue opere palesano una dimensione poetica e concettuale attraverso la percezione sensoriale, l'esperienza tattile, la riflessione e la consapevolezza. Egli è costantemente alla ricerca di nuovi modi per attrarre lo spettatore verso una partecipazione attiva piuttosto che ospitarlo come semplice osservatore neutrale. Per l’artista l'arte può e deve essere un incontro esperienziale e trasformativo.
De Pinto ha esposto e si è esibito in numerose istituzioni, musei e centri d'arte, come la Tate Britain e la Whitechapel Gallery di Londra, il Pesti Vigadó Palace di Budapest, il Modern Art Museum di Yerevan, Armenia; La Raffinerie/Charleroi Danse a Bruxelles. Palazzo Medici Riccardi a Firenze, Palazzo Ducale a Genova, ViaFarini DOCVA e BASE a Milano, Raucci/Santamaria Studio Project, Milano. Fondazione Pinault a Punta della Dogana, Palazzo Grassi a Venezia, Museo Tornielli ad Ameno. MACT & CACT Museo e Centro d'Arte Contemporanea Ticino e Museo Villa dei Cedri a Bellinzona, i2a International Institute of Architecture a Lugano, Haus der elektronischen Künste e Fondation Beyeler a Basilea, Kunsthaus Baselland a Muttenz, Le Manoir a Martigny e Cabaret Voltaire a Zurigo, Università di arte e design di Losanna (ECAL). Breed Art Studios ad Amsterdam, Pulchri Studio, L'Aia. Ha inoltre esposto alla 7a Biennale di Berlino ed è stato tra gli artisti di Manifesta 11 a Zurigo e di Regionale 17 a Basilea. Le sue opere si trovano in collezioni internazionali pubbliche, private e aziendali.